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Le due ruote del Congresso

Le due ruote del Congresso

Stamattina il Congresso ha concluso le sue attività, prendendosi una vacanza simile a quella della popolazione attiva. Sebbene la Costituzione preveda che i suoi membri non debbano tornare a Madrid a luglio e agosto, questa sezione dell'articolo 73 sta cadendo in disuso. Tuttavia, in altri settori più legati al lavoro, è il Parlamento stesso a decidere quando chiudere o rimanere aperto, come nel caso della Germania. L'effetto non dichiarato, ma benefico, della sospensione del lavoro estivo dei deputati è stato quello di liberare i ministri dalle richieste e dalle pressioni dei signori.

Tra le esigenze di straordinaria urgenza vi è la riforma del Regolamento del Congresso stesso, notoriamente resistente alle modifiche, proprio come lo è la legge elettorale, ancor più consolidata. Pertanto, i Presidenti che si sono succeduti, attraverso risoluzioni condivise a netta maggioranza, hanno adattato le attività della Camera alle circostanze impreviste e alle inesattezze presenti nei suoi articoli; la prima di questa lunga lista risale al parlamento socialista Peces Barba del 1983.

L'inibizione della presidenza a favore di un goffo cambiamento normativo è incomprensibile.

Questa auto-riforma, che sarà approvata senza il consenso del maggiore gruppo parlamentare, il Partito Popolare, o del terzo partito, sanzionerà la condotta scorretta dei giornalisti accreditati al Congresso. I Lord, dopo essersi consultati con le associazioni di stampa, capiranno che i loro affari professionali non sono quelli dell'organizzazione e del funzionamento delle Camere parlamentari, di cui il Regolamento ha finora trattato. Vale la pena portare la Plenaria a un'altra notevole divisione al suo interno, in risposta alle ripetute richieste di coloro che sono coinvolti e che hanno il comprensibile desiderio di rimanere al di fuori dei giochi di potere della politica, inclusa quella parlamentare?

L'urgenza era di evitare di protrarre ulteriormente un problema di convivenza, che non è l'ostentata parzialità verso le posizioni filogovernative di alcuni nuovi media, come sostiene il portavoce dell'ERC. Ma questo rifiuto di rassegnarsi a interviste che degenerano in scontri irridenti registrati per strada, in alterchi e disprezzo per chi appare alle conferenze stampa, difficilmente giustifica il passaggio a un regime disciplinare che richiede, tra le altre misure, l'intervento del personale dei gruppi per mantenere l'ordine nelle sale.

Non sarebbe stato sufficiente che la Presidente della Camera continuasse ad essere responsabile della gestione di qualsiasi incidente all'interno dell'Aula parlamentare, come previsto dalla Costituzione e dall'attuale Regolamento, al punto da poter ordinare l'arresto e il perseguimento di chiunque fosse presente, deputato o meno? Questa riluttanza personale, a favore di un goffo dispositivo normativo, un altro Frankenstein, che mescola giornalisti e parlamentari, ingranaggi che devono funzionare separatamente per il funzionamento del Parlamento, è incomprensibile.

lavanguardia

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