L'editoriale. La politica degli impegni

Si considerava un monaco-soldato, ed è stato come un esploratore che Sébastien Lecornu ha affrontato ieri, durante il suo discorso di politica generale, un'Assemblea Nazionale smarrita quanto l'esecutivo stesso. Avanzando in un ambiente ostile, con una spada di Damocle sopra la testa, l'ex Ministro delle Forze Armate si è impegnato a sgomberare il terreno e a prevenire qualsiasi rischio di accerchiamento del governo, invitando al contempo i gruppi parlamentari a pensare fuori dagli schemi, il che porta a vicoli ciechi.
Per assolvere a questa duplice missione, il Primo Ministro ha innanzitutto dato rassicurazioni alle forze politiche e sindacali che avevano espresso rimostranze. Non per salvare la pelle, ma "per non impedire l'avvio della discussione" sul bilancio 2026 di cui la Francia ha bisogno. Questo è il senso della sospensione della riforma delle pensioni concessa al Partito Socialista, che si dice "pronto a rischiare" il dibattito in Aula e che apre la strada alla non censura del governo. Questo è anche il senso della rinuncia all'articolo 49-3.
Sébastien Lecornu ha poi dato rassicurazioni al Parlamento, le cui prerogative sono state calpestate da un Presidente della Repubblica che vede solo l'esercizio del potere attraverso il fatto compiuto. "Il governo proporrà, noi discuteremo, voi voterete", ha ripetuto, sottolineando che, agli occhi del popolo francese, la rappresentanza nazionale e l'esecutivo condividono la responsabilità del caos attuale e sono quindi responsabili della via d'uscita dalla crisi che i cittadini attendono con impazienza.
I prossimi giorni diranno se le scommesse del Primo Ministro reggeranno o meno. Nulla è meno certo. Inclusi nel disegno di legge sul finanziamento della previdenza sociale, i sette miliardi di risparmi nel settore sanitario costituiscono già un casus belli per i socialisti. Quanto all'Assemblea nazionale, si è finora dimostrata incapace di sostenere un sistema parlamentare degno di questo nome. Niente è più difficile che condividere il potere, all'Eliseo come al Palazzo Borbone.
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