Oltre 660 milioni di persone senza luce. E più di 2 miliardi senza cottura pulita

Oltre 660 milioni di persone nel mondo non hanno ancora accesso all’elettricità. È quanto emerge dal rapporto Tracking SDG 7: The Energy Progress Report 2025, che fotografa i progressi verso l’obiettivo Onu di accesso universale all’energia entro il 2030. Nonostante i miglioramenti registrati negli ultimi anni – oggi il 92% della popolazione globale ha accesso all’elettricità – il ritmo attuale è insufficiente per colmare il divario nei tempi previsti. La situazione è soprattutto critica in Africa sub-sahariana, dove vive l’85% delle persone ancora escluse.
Tra il 2020 e il 2023 i maggiori progressi si sono registrati in Asia centrale e meridionale, che ha ridotto il numero di persone senza accesso da 414 milioni nel 2010 a 27 milioni nel 2023. Ma in 18 dei 20 Paesi con i maggiori deficit di elettrificazione, la crisi resta radicata, e la capacità installata pro capite in molte aree dell’Africa subsahariana non supera i 40 watt, pari a un ottavo della media degli altri Paesi in via di sviluppo.

Il rapporto - redatto da Iea, Irena, UN Desa, World Bank e Who - segnala che anche la transizione verso la cottura pulita resta troppo lenta. Oggi il 74% della popolazione mondiale ha accesso a tecnologie e combustibili non inquinanti per cucinare, in aumento rispetto al 64% del 2015. Ma oltre 2,1 miliardi di persone continuano a usare legna, carbone o altri combustibili inquinanti, con gravi impatti sanitari legati all’inquinamento domestico. Anche in questo caso, l’Africa è l’area più colpita: qui vivono quattro famiglie su cinque prive di accesso alla cottura pulita, e il numero assoluto continua a crescere di 14 milioni di persone l’anno.
Un’accelerazione sarebbe possibile grazie alla diffusione di soluzioni decentralizzate – come mini-reti e sistemi solari off-grid – che si sono dimostrate scalabili, rapide da implementare e adatte ai contesti rurali e fragili. Lo stesso vale per la cottura: impianti a biogas e piccoli sistemi elettrici alimentati da rinnovabili possono sostituire tecnologie dannose e superare i limiti delle reti centralizzate.
A frenare la transizione energetica nei Paesi più vulnerabili è soprattutto la carenza di finanziamenti. Nonostante una crescita dei flussi internazionali per il terzo anno consecutivo – 21,6 miliardi di dollari nel 2023, +27% rispetto al 2022 – la cifra resta ben al di sotto dei picchi del 2016 (28,4 miliardi), e gran parte dei fondi si concentra in poche aree. Solo due Paesi dell’Africa sub-sahariana figurano tra i cinque principali destinatari. Inoltre, l’83% degli investimenti arriva sotto forma di debito, mentre le sovvenzioni rappresentano meno del 10%.

“Le rinnovabili stanno crescendo a ritmi record – sottolinea Francesco La Camera, direttore generale di Irena – ma dobbiamo accelerare, colmando i gap infrastrutturali e garantendo accesso a capitali accessibili e mirati”. La Camera avverte che senza un rafforzamento della cooperazione internazionale, in particolare nei confronti dei Paesi meno sviluppati, gli obiettivi dell’Agenda 2030 rischiano di restare fuori portata.
Sul fronte dell’efficienza energetica, il rapporto segnala miglioramenti ancora troppo lenti. L’intensità energetica globale, indicatore chiave del consumo rispetto al Pil, è calata del 2,1% nel 2022, un valore positivo ma lontano dal target Sdg 7.3 che richiede un miglioramento annuo del 4%. Anche in questo caso, le economie a basso reddito mostrano ritardi legati alla mancanza di politiche di supporto e strumenti finanziari adeguati.
Nel 2022, la quota di energie rinnovabili nei consumi finali ha raggiunto il 17,9%, mentre la capacità installata globale è salita a 478 watt pro capite nel 2023, +13% rispetto all’anno precedente. Ma i progressi restano disomogenei: i Paesi sviluppati superano i 1.100 watt per abitante, mentre i Paesi meno avanzati restano fermi a quota 40.
Per non vanificare i risultati ottenuti dal 2015, il rapporto chiede azioni urgenti su più fronti: riforme nei meccanismi multilaterali e bilaterali di prestito, maggiore mobilitazione di finanza agevolata e strumenti di mitigazione del rischio, pianificazione energetica nazionale più coerente e soprattutto un aumento significativo della tolleranza al rischio da parte dei donatori. Senza un cambio di passo deciso, concludono gli autori, non sarà possibile garantire né l’accesso universale all’energia, né il rispetto degli obiettivi climatici globali.
La Repubblica