Tinazzi (Energy): necessario applicare il Net Zero Industry Act per salvaguardare la competitività


La Commissione Europea ha pubblicato le prime norme attuative del Net Zero Industry Act, il regolamento che mira a rafforzare l’autonomia industriale dell’Unione Europea nella transizione energetica. Tra i principali elementi introdotti figurano nuovi criteri di aggiudicazione non basati esclusivamente sul prezzo, che includono parametri come il contenuto locale, la sostenibilità ambientale, la sicurezza e la resilienza delle filiere produttive. I criteri non di prezzo rappresentano uno strumento fondamentale per contrastare la dipendenza da fornitori extra-UE, in particolare dalla Cina, e per costruire un sistema energetico competitivo e sostenibile su scala continentale.
Secondo Davide Tinazzi, CEO del gruppo Energy, azienda che opera nel settore dei sistemi BESS (Battery Energy Storage System) sia per uso residenziale che per applicazioni su larga scala e provider di servizi cloud e ingegneristici, partner Elite di Euronext, la pubblicazione dei criteri applicativi delle politiche UE per il Net Zero rappresenta un passo avanti importante. Tuttavia, la loro efficacia dipenderà dalla rapidità con cui verranno recepite a livello nazionale: “Questi criteri diventeranno vincolanti solo dal 2026, ma l’Italia, nel frattempo, si trova ad affrontare un banco di prova decisivo: il MACSE, il nuovo meccanismo nazionale di supporto alla diffusione dei grandi sistemi di accumulo di taglia utility-scale, la cui prima asta è prevista per settembre 2025, per un volume di affari di 1,5 miliardi per i successivi due anni. Se questa gara sarà interamente a ribasso, senza introdurre fin da subito criteri non di prezzo (come sarà obbligatorio fare dal 1° gennaio 2026), si rischia di favorire i fornitori cinesi di qualità più scarsa, penalizzando l’industria europea per i due anni successivi”.
Tinazzi richiama inoltre l’attenzione sul fatto che molti Paesi europei già oggi applicano criteri industriali e strategici nelle gare pubbliche, riconoscendo la natura critica delle tecnologie coinvolte: asset infrastrutturali destinati a operare per almeno 15 anni e che, per ragioni di cybersicurezza e ricambistica nel tempo, non possono dipendere totalmente da fornitori esterni. “Inoltre, in un contesto di crescente instabilità geopolitica, aggiunge, esiste anche il rischio concreto che l’introduzione di nuovi dazi tra Europa e Cina possa rendere antieconomica la fornitura da parte di operatori cinesi, con il rischio di rinunce unilaterali sulle commesse già assegnate. Infine, trattandosi di aste fatte con soldi pubblici, occorre anche chiedersi quanto corretto sia escludere aziende che creano valore e posti di lavoro sul territorio, rispettando tutte le regole etiche, ambientali e sulla sicurezza dei lavoratori”.
Nel corso degli ultimi due anni, Energy ha avviato un processo di reshoring dalla Cina, anticipando le richieste di rilocalizzazione produttiva avanzate a livello europeo. “Ora, l’Europa non può permettersi che un’asta pubblica di questa portata si svolga al ribasso e senza salvaguardie per i costruttori europei, a soli tre mesi dall’entrata in vigore dell’obbligo comunitario. Sarebbe in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei, che già oggi valorizzano le proprie filiere industriali, avendo dei costruttori operativi da molti anni sul territorio”.
Un altro elemento critico è rappresentato dal differenziale di costo tra produttori europei e asiatici, spesso percepito in modo distorto. Tinazzi sottolinea che “non si tratta di spendere il doppio, ma solo qualcosa in più, considerando che il sovrapprezzo dei costruttori europei è generalmente inferiore rispetto ai costi occulti associati ai fornitori cinesi, un dato già evidenziato anche da esperienze maturate in mercati come gli Stati Uniti e l’Australia”.
“Se il criterio di aggiudicazione resterà legato esclusivamente al prezzo, questa prima tornata rischia di trasformarsi in un’opportunità mancata”, commenta Tinazzi. “Le aziende europee, che l’Unione dichiara di voler sostenere, non ne trarrebbero alcun beneficio concreto, mentre a prevalere sarebbero fornitori extra-europei, non soggetti agli stessi standard produttivi, ambientali e fiscali delle imprese europee. I criteri saranno obbligatori nelle successive aste, ma quella di settembre potrebbe essere di gran lunga l’asta più rilevante in termini di volumi e impatto sul settore”.
Tinazzi sottolinea inoltre che la transizione energetica non può prescindere da una visione industriale solida, capace di trasformare gli investimenti in infrastrutture in opportunità per il tessuto produttivo europeo: “Il percorso verso il net zero è, oltre che una sfida ambientale, un’opportunità strategica per rafforzare la sovranità tecnologica dell’Europa e costruire catene di fornitura locali, resilienti e trasparenti. Produrre in Europa comporta standard qualitativi e normativi più stringenti rispetto all’importazione da Paesi terzi: è un impegno necessario, che merita un adeguato sostegno. Per questo motivo, i criteri non di prezzo devono essere applicati fin da subito, in modo da tutelare il tessuto industriale europeo e consolidare una filiera competitiva e sicura”.
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