Tutti in pensione a 70 anni, l’Italia è indietro sulla produttività

Gli italiani attualmente al lavoro dovranno andare in pensione più tardi rispetto all’età in cui i loro genitori si sono ritirati dalla vita attiva. E l’allungamento della durata della vita media c’entra solo in parte.
Il nuovo rapporto Ocse sulle “Prospettive occupazionali 2025” ribadisce che l’Italia si troverà nei prossimi decenni ad affrontare una sfida strutturale senza precedenti: una combinazione di declino demografico, stagnazione della produttività e bassa partecipazione al lavoro.
Italia verso l’innalzamento dell’età pensionabileTutto questo metterà sotto pressione il sistema economico e previdenziale del Paese. L’unico modo per salvare i conti pubblici e garantire il benessere delle famiglie sarà quello di spingere i lavoratori a trattenersi al lavoro per un certo numero di anni, anziché mandarli in pensione.
La fotografia spietata tracciata dall’Ocse mostra come da qui al 2060 la popolazione italiana in età lavorativa calerà del -34%. E il rapporto tra anziani a carico dei conti pubblici e persone attive passerà da 1 ogni 2,4 a 1 ogni 1,3. In altri termini, sempre meno lavoratori dovranno sostenere un numero crescente di pensionati. Senza interventi correttivi, ce ne sarebbe abbastanza per far saltare i conti pubblici.
Nello stesso periodo, il rapporto tra occupati e popolazione totale è destinato a ridursi di oltre 5 punti percentuali, a meno di interventi significativi.
Se la produttività del lavoro in Italia continuerà a crescere con gli stessi ritmi del periodo 2006-2019 (-0,31% annuo), il Pil pro capite si contrarrà del -0,67% all’anno fino al 2060.
Negli ultimi due decenni, le riforme pensionistiche italiane hanno già avuto effetto sui lavoratori senior: tra il 2000 e il 2023 il tasso di occupazione dei 55-59enni è aumentato del +31,8 punti percentuali (+13,7 media Ocse) mentre quello dei 60-64enni è salito di +25,7 punti (+20,1 media Ocse).
Ma anche alzare l’età pensionabile da sola senza altri interventi correttivi, secondo l’Ocse, non basta. Anche in considerazione del fatto che il 42% dei lavoratori italiani è impiegato in mansioni fisicamente faticose. Al tempo stesso l’Ocse certifica che solo il 40% degli italiani svolge effettivamente delle occupazioni che valorizzano l’esperienza.
Anche le disuguaglianze intergenerazionali si sono aggravate: nel 1995 i giovani (25–34 anni) guadagnavano in media il +1% in più rispetto agli over 55; oggi, invece, i senior hanno redditi superiori del +13,8% rispetto ai più giovani. Se questa tendenza non verrà invertita, avverte l’Ocse, si accentueranno le tensioni sociali e la sfiducia verso il sistema.
In pensione a 70 anniL’Ocse non fa stime, ma facendo delle proiezioni se il sistema deve reggere senza forte immigrazione, né crescita della produttività, si può prevedere un’età pensionabile intorno ai 69-70 anni entro il 2060 per la pensione di vecchiaia piena.
Le proposte dell’Ocse per invertire la rottaLa via indicata dall’Ocse per invertire la rotta si sviluppa lungo quattro direttrici:
- aumento dell’occupazione femminile;
- uso più efficace dell’immigrazione regolare;
- ripresa della produttività;
- allungamento della vita professionale (cioè andare in pensione più tardi).
L’Ocse sottolinea che colmando almeno per due terzi il divario di genere occupazionale e aumentando la partecipazione dei lavoratori anziani in buona salute, si potrebbe neutralizzare l’effetto negativo dell’invecchiamento sulla crescita del Pil pro capite. Tuttavia, per tornare a una crescita robusta, sarà necessario un ulteriore sforzo sulla produttività, ambito in cui l’Italia continua a essere fragile.
Calano i salari realiNel frattempo, l’Italia ha registrato il peggior calo dei salari reali tra le grandi economie Ocse: all’inizio del 2025, le retribuzioni erano ancora inferiori del -7,5% rispetto al 2021, a causa dell’aumento dell’inflazione e della difficoltà dei contratti collettivi di recuperare il potere d’acquisto perduto. I prezzi dei beni e dei servizi, in parole povere, sono cresciuti più degli stipendi.
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