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Longoni, il filosofo del lievito: "Ho fatto errori, li rifarei tutti. Solo chi semina raccoglie"

Longoni, il filosofo del lievito: "Ho fatto errori, li rifarei tutti. Solo chi semina raccoglie"

Figlio d’arte, nato e cresciuto tra sacchi di farina e ceste di pane. Eppure, quello per la panificazione, non è stato ‘amore a prima vista’. Il colpo di fulmine c’è stato a trent’anni dopo una laurea in Lettere Moderne, indirizzo Storia. Da quel momento in poi si dedica alla panificazione, lo fa in modo ‘maniacale’ tanto che oggi viene considerato il "padre della panificazione moderna": ricerca, sperimenta e recupera l’antica tecnica della lievitazione naturale.

Lo fa con il suo lievito madre, "che mi accompagna dal 2003". Con grani autoctoni, farine biologiche macinate a pietra e un solo formato di pane, quello tondo e grande. È Davide Longoni, 51 anni, nato in Brianza, ma milanese d’adozione.

Partiamo dall’ultima notizia che la riguarda, il Gambero Rosso ti ha confermato i Tre Pani nella Guida Pani & Panettieri d’Italia 2026. Lo dava per scontato?

"È sempre un piacere ricevere questo riconoscimento, non lo davo per scontato e soprattutto non è un traguardo ma uno stimolo a migliorarci e innovarci quotidianamente, portando avanti il nostro pensiero di panificatori agricoli urbani".

Nel 2013 ha aperto il suo primo panificio in via Tiraboschi a Milano, adesso è a quota dieci. Cosa è cambiato in questi anni?

"Ho sempre considerato il panificio come un luogo d’incontro, all’interno della citta e del quartiere. Fin dall’inizio è stato così. E ho sempre pensato ai miei clienti come consumatori consapevoli che venivano ad acquistare il mio pane avendo coscienza dell’impatto che le loro scelte hanno. Ed è sempre stato così. All’epoca il pane agricolo come il mio non c’era, è stato capito - magari non da tutti - ma abbiamo seminato e oggi raccogliamo. Proprio come si fa con il grano che si semina a novembre e raccoglie a luglio. Ci vuole pazienza".

Guardando indietro e al percorso che ha fatto, se lo immaginava così?

"Non ho mai immaginato un percorso, ma di sicuro è stato coerente e di questo sono orgoglioso. Ho superato anche momenti molto difficili, con determinazione e tenacia. Ho fatto anche tanti errori, che rifarei, perché dagli errori ho imparato molto".

Quello del panificatore è un lavoro che piace ancora ai giovani?

"Certamente, ha ancora il suo fascino e il suo valore, ci sono ancora tanti novelli panificatori agricoli. Per esempio molti miei ex dipendenti, quando sono andati via, hanno aperto il loro panificio. Oggi si fa poco di notte, si inizia a lavorare alle cinque del mattino, si lavora cinque giorni alla settimana, non c’è nemmeno tanta gavetta da fare, dopo 2-3 anni un giovane può diventare responsabile di una linea. Se hai passione, determinazione e voglia di imparare è un lavoro che dà tante soddisfazioni".

Cosa ne pensa dei suoi colleghi, degli chef o pizzaioli che sono diventati star sul piccolo schermo? Lei ha mai pensato di partecipare a qualche trasmissione televisiva?

"Diciamo che non sono contrario a priori, che se mi dovessero fare delle proposte le prenderei in considerazione soprattutto se c’è la possibilità di raccontare quello che faccio, il mio pensiero, ma senza diventare un personaggio. Io voglio restare la persona che sono...".

Che rapporto ha con i social?

"Non seguo io le mie pagine social, ma c’è una persona che se ne occupa e concorda con me i contenuti che vanno dalle esigenze commerciale al mio pensiero. Credo che i social siano molto utili perché creano community, il consumatore vuole sentirsi parte delle scelte e conoscere".

Progetti per il futuro?

"Far crescere l’azienda agricola che ho in Abruzzo, tra Civitaquana e Catignano, con la mia compagna e socia Tatiana Moreschi. Trenta ettari di campi dove coltivo con metodi biologici e naturali grani antichi e locali e dove ho acquisito 600 ulivi per produrre olio evo. Qui ho anche una scuola che forma giovani panificatori".

Com’è lavorare con la propria compagna di vita?

"Difficile, non si stacca mai. Ma può essere anche una sfida interessante: l’importante è trovare il giusto equilibrio, per esempio se facciamo un viaggio per lavoro, buttiamo dentro anche qualcosa per noi, magari una passeggiata, una cena al ristorante e questo aiuta a mantenere l’armonia del rapporto".

La sua squadra del cuore?

"Il Milan, da quando sono piccolo ed era ancora in serie B, anche se adesso mi sono un po’ “raffreddato“. Quando avevo 16-18 anni era un tifoso sfegatato, andavo in curva e mi piaceva davvero tanto. Adesso non è più così".

Ultimo libro letto?

"Sto leggendo ‘Sapiens da animali a dèi’ di Yuval Noaha Harari, perché comunque sono ancora molto appassionato di storia".

mail: [email protected]

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