Qualche stella del podio e tanti giovani dal Bolzano Festival Bozen


Foto ANSA
esperienze formative
Ventenni dall’Unione europea e oltre per un evento con tanta musica e formazione, anche dietro le quinte
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Fra tutti i festival e i festivalini, le rassegne di concerti nelle arene, nelle piazze, nelle chiese – con solisti, ensemble e cantanti più o meno noti che si esibiscono davanti a un pubblico finalmente rilassato dalla brezza serale – fra le tante iniziative musicali che nell’estate italiana città e cittadine, borghi e amene località di mare e montagna propongono in quota offerta culturale al turista, al villeggiante e pure allo stanziale orfano di un’organica programmazione invernale, ce n’è una un po’ diversa che integra la vetrina del palcoscenico con un attivo laboratorio dietro le quinte, e vive dell’entusiasmo e della passione delle giovani generazioni e prospera – esplicitamente e sottotraccia – su un’idea forte di Europa senza confini, di libero scambio di esperienze formative (posto che esistano ancora le vecchie scuole musicali nazionali). Anche se, o forse proprio perché, questa manifestazione si svolge in una terra di confine: parliamo del Bolzano Festival Bozen, cominciato da qualche giorno e che si concluderà quest’anno con le fasi finali del suo padrino storico: il Concorso pianistico Ferruccio Busoni.
“United in diversity”: con l’inglese rimasto lingua franca anche dopo la Brexit, il motto della Ue è stato adottato dalla European Union Youth Orchestra, formazione che ha a Bolzano una delle sue residenze e che al festival è protagonista di due concerti: giovedì scorso con quello che è stato per dieci anni il suo direttore musicale, Vasily Petrenko, poi con il suo direttore attuale, Iván Fischer. L’EUYO nel 2026 compirà formalmente 50 anni, anche se il suo tour inaugurale, diretta dal suo fondatore, Claudio Abbado, è del 1978 – e fa comunque una certa impressione, perché era ancora tutta un’altra Europa. Possono entrare a far parte dell’orchestra strumentisti dai 16 ai 26 anni (ma a 27 bisogna passare la mano, magari spostandosi nella variante senior, la Chamber Orchestra of Europe). Analoghe regole d’ingaggio per la Mahler Jugendorchester (diretta in due concerti a Bolzano da Manfred Honeck), che ha anch’essa un po’ a che fare con queste parti: una delle sue residenze è in Friuli, a Pordenone, mentre sempre in Alto Adige, a Dobbiaco, c’è ancora la casetta nel bosco in cui Mahler, nelle ultime estati della sua vita, compose la Nona sinfonia e Il canto della terra. E pure la Mahler è a tutti gli effetti orchestra europea, anzi forse un poco di più, perché nacque qualche anno prima della caduta del Muro di Berlino (grazie ancora, “Claudio” – come voleva farsi chiamare anche dagli orchestrali più giovani) scardinando il confine più chiuso, quello tra Est e Ovest: i primi componenti furono giovani strumentisti austriaci affiancati da coetanei cecoslovacchi e ungheresi. Ma tutto sembra tenersi nei programmi musicali di Bolzano: dunque anche il motore principale del laboratorio dietro le quinte, il corso estivo di musica da camera e orchestra e di prassi esecutiva storica di musica tardo-romantica, è intitolato al compositore boemo. La Gustav Mahler Academy si avvale di tutor della Mahler Chamber Orchestra e di altri ensemble europei, il direttore quest’anno è John Eliot Gardiner.
Qualche stella del podio, dunque, tanti giovani, molta formazione. “Crediamo in questa iniziativa, ci crede la città di Bolzano, prima di tutto come investimento per il futuro”, dice Peter Paul Kainrath, direttore artistico della Fondazione Ferruccio Busoni – Gustav Mahler (riecco i numi tutelari), socio fondatore il Comune di Bolzano, che coordina fin dalle radici questo intenso mese di musica, vale a dire concorso pianistico, accademia, festival. E Kainrath mi riporta alle origini per capirne l’imprinting: “L’idea del concorso come occasione di incontro tra generazioni e tra giovani talenti di diverse nazionalità nacque nel 1949 in una Bolzano ancora lacerata dai bombardamenti della guerra. Era il venticinquesimo anniversario della morte di Busoni, il pianista e compositore che era nato in Toscana, era cresciuto nella Trieste austriaca e aveva passato molti anni della sua vita, compresi gli ultimi, a Berlino. Al promotore del concorso, Cesare Nordio, parve naturale intitolare a lui, uno dei primi cittadini europei, come era stato considerato dall’élite intellettuale dell’epoca, la manifestazione. E ancora prima di partire il concorso trovò un sostenitore d’eccezione (come membro della giuria e anche come finanziatore) in Arturo Benedetti Michelangeli”. I 37 finalisti di questa 65esima edizione si esibiranno dal 27 agosto. Molti gli asiatici, e non è una sorpresa per queste competizioni, ma incuriosiscono gli asiatici che non hanno studiato in America o in Europa. E quest’anno c’è qualche giovane pianista che è nato a Shanghai o a Canton, lì ha studiato e lì vive tuttora. E coltiva il sogno di essere il nuovo Lang Lang o, perché no, la nuova Martha Argerich, che nel 1957, a 16 anni, sbaragliò a Bolzano tutti gli altri concorrenti.
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