Bari, crollo verticale: il San Nicola ormai svuotato

BARI - Dalle cartoline che hanno conquistato l’Italia al concreto rischio di ritrovarsi nella «cattedrale nel deserto». Il Bari ha sperperato in soli due anni un patrimonio di entusiasmo, passione e coinvolgimento.
Secondo i dati ufficiali pubblicati sul portale «stadiapostcard», gli spettatori complessivi della stagione 2024-25 sono 301.948, alla media di 15.892 presenze a partita che portano il pubblico barese comunque sul podio della cadetteria, alle spalle di Sampdoria (419.466 spettatori, media di 23.304 a gara) e Palermo (372.742, media di 20.708 a match). La città del pallone ha toccato il record stagionale di presenze con i 24.425 che hanno assistito dal vivo al match con la Salernitana del 15 marzo, mentre il minimo si è toccato con gli 11.980 presenti di Bari-Brescia del 18 gennaio. Doveroso, però, riflettere su quanto si sia disperso in meno di due anni. Nel 2022-23, Bari batteva record su record di pubblico in un San Nicola che puntualmente generava immagini mozzafiato ammirate in tutta Italia. Un’escalation irresistibile che si è spinta fino al dato storico della finale di ritorno dei playoff con il Cagliari. La «maledetta» serata dell’11 giugno 2023 da un lato annullò le speranze di promozione dei biancorossi, dall’altro ha avviato il declino numerico di un popolo che non può tollerare tornei anonimi (o, in alcuni casi, persino sofferti) in B. 58.206 recitava il dato di affluenza nella gara contro i sardi, decisiva per il salto in serie A: si tratta del record assoluto del principale impianto calcistico cittadino in quasi 35 anni di attività. Nemmeno le sfide dei Mondiali del 1990 per i quali fu costruito con la ciliegina di ospitare la finale per il terzo posto tra Italia e Inghilterra o la finale di Coppa dei Campioni 1991 o, ancora, i confronti dei Galletti con le big italiane hanno generato un maggior numero di spettatori. Ma il torneo 2022-23 (concluso al terzo posto nella stagione regolare) ha generato altri exploit: superate abbondantemente, infatti, le 30mila presenze in altre tre gare (con Palermo, Ternana e Frosinone), sfiorata quota 50mila nel giorno di Santo Stefano con il Genoa, mentre 51.621 furono i presenti nel match con il Sudtirol, valido per il ritorno della semifinale playoff. Ma c’è di più. Perchè anche il torneo successivo, concluso con la soffertissima salvezza ai playout si è attestato su cifre superiori al campionato terminato lo scorso 13 maggio. Nei primi tre impegni interni del 2023-24, infatti, si contarono puntualmente oltre 20mila spettatori (con Palermo, Cittadella e Catanzaro), mentre l’apice si toccò con quota 33.808 per l’andata del playout contro la Ternana. Il confronto, pertanto, diventa impietoso: nel 2022-23, compresi i due incontri dei playoff, il San Nicola ha registrato un’affluenza complessiva di 566.973 spettatori in 21 impegni ufficiali, nel 2023-24 (compreso il playout) si è scesi a quota 363.767 in 20 gare. Nel 2024-25, gli impegni interni in serie B sono stati appena 19, dato che la truppa di Moreno Longo non ha disputato alcuna «coda» stagionale: né i playoff, né i playout. Pertanto, il calcolo si attesta su un calo di 265.025 spettatori rispetto a due tornei fa e 61.819 raffrontando con la stagione scorsa.
L’analisi, però, non si arresta qui. Perché nel campionato 2022-23, Bari, pur con la squadra in B, si attestava non soltanto come leader delle presenze in cadetteria, ma addirittura come l’ottava realtà italiana, alle spalle soltanto delle grandi storiche: nell’ordine di affluenza, Inter, Milan, Roma, Lazio, Napoli, Juventus e Fiorentina. Il pubblico barese, malgrado la categoria in meno, superava persino grandi città ormai radicate nel massimo torneo come Bologna, Atalanta, Torino (sponda granata), Genova, Udine, Verona e Cagliari. Bari, quindi, ha perso il suo scettro in B, né può consolare il mantenimento del terzo gradino del podio, con un netto margine sulle inseguitrici che, però, rappresentano città non paragonabili per dimensioni e bacino d’utenza al capoluogo pugliese. Crollato pure il raffronto con la A: ora Bari sarebbe 17esima, precedendo soltanto Como, Empoli, Monza e Venezia.
Le motivazioni del netto distacco della piazza sono fin troppo evidenti. Storicamente la serie B è un torneo percepito come una «diminutio» per una delle maggiori città del Meridione che da sempre anela alla stabilità sportiva al massimo livello. La cadetteria attira soltanto se affrontata con il chiaro intento di competere per il massimo traguardo, a prescindere dal risultato finale. Lo dimostra la leadership di pubblico ininterrotta nel quadriennio 2014-2018: dalla «meravigliosa stagione fallimentare» fino al crack finanziario, il Bari (pur passando da gestioni instabili e mai centrando la promozione) ha puntualmente attrezzato organici sulla carta competitivi, mantenendo alta la partecipazione dal vivo. Mal si sopporta, invece, di dover cedere il passo a realtà della B che se si distinguono per maggiori disponibilità di investimento, nemmeno lontanamente sono avvicinabili a Bari per «curriculum», potenziale o utenza complessiva. Netta, inoltre, la frattura con la famiglia De Laurentiis: al di là di alcune dichiarazioni fuori luogo in particolare di Aurelio, patron della Filmauro e del Napoli (indimenticabile il riferimento alla «seconda squadra» del gruppo aziendale), la piazza giustamente non accetta la «convivenza» con la squadra partenopea che, di fatto, impedisce al Bari di approdare in serie A con l’attuale compagine societaria (inammissibili due club nella stessa categoria). In attesa di comprendere come evolverà la disciplina sulla multiproprietà (la Figc ribadisce di non considerare una proroga oltre il 30 giugno 2028, termine ultimo per la dismissione dell’istituto), il pericolo concreto è avviarsi verso un’apatia di massa che si tradurrebbe con un ulteriore decremento di pubblico. Molti gli «innamorati» storici che già hanno annunciato il loro distacco dagli spalti. Una convinzione che può essere scalfita soltanto in due modi: creando subito i presupposti per un passaggio di proprietà (resta comunque in piedi la possibilità di ingresso un investitore statunitense) oppure allestendo una squadra in grado di competere per il massimo traguardo. Il tempo delle scelte è già alle porte. Traformare un amore infinito in indifferenza sarebbe la più crudele delle prospettive.
La Gazzetta del Mezzogiorno