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De Trizio, cuore di Bari: «La svolta, ora o mai più»

De Trizio, cuore di Bari: «La svolta, ora o mai più»

BARI - Pacato ma incisivo, Giorgio De Trizio interpella la sfera di cristallo per intravedere spiragli di rinascita nel suo ex Bari che lo ha visto leader negli anni Ottanta. Una disamina accurata a partire da quello che è stato negli ultimi mesi per arrivare al futuro a breve e lungo termine dei Galletti.

De Trizio, partiamo dalla rottura ormai insanabile fra la proprietà della Ssc Bari e la quasi totalità della tifoseria biancorossa. Come se ne esce?

«La soluzione sarebbe che Aurelio lasci. In un certo senso, non gli si possono dare tutte le croci addosso avendo riportato il club dalla D alla B. La sua parte l’ha fatta, ma è stato un percorso senza cuore e voglia di andare incontro alla gente. La multiproprietà è la scelta sbagliata a monte».

La società potrebbe cambiare filosofia rispetto alle ultime due stagioni, puntando per esempio su un mercato estivo di spessore.

«Penso che stavolta la squadra sarà fatta per puntare ai playoff e se ci si ritroverà nelle condizioni di salire, non ci si tirerà indietro. Staranno in un budget preciso. Dipenderà molto da chi lo gestirà per farlo eventualmente fruttare».

I tifosi in città restano alla finestra. In moltissimi resteranno a guardare cosa sarà fatto nei prossimi due mesi prima di decidere se tornare o meno al San Nicola. Pare che il credito verso la famiglia De Laurentiis sia esaurito.

«La gente non ci crede più. I De Laurentiis sono più bravi a comprare che a vendere, sia le società che i calciatori. Ci guadagnano, ma potrebbero produrre profitti maggiori. Quelli di Caprile e Cheddira a Bari sono stati colpi di fortuna. Tutt’altra storia rispetto ai tesserati del Napoli».

Come giudica nel complesso la stagione del Bari?

«Si poteva arrivare tranquillamente ai playoff. Si è sbagliata la gestione tecnica e mentale. Longo non è stato un leader, anzi ad un certo punto ha pure sminuito i giocatori. A Bari non serve fare i filosofi. Allenatori come Catuzzi, Fascetti, Conte, Materazzi e Ventura non incantavano con le parole ma badavano ai fatti. Serve un mister carismatico, un mezzo pazzo da calcio spettacolo che se ne freghi del pareggino e non adduca giustificazioni a prestazioni non all’altezza. Uno con la mentalità vincente».

Magalini, Di Cesare e Longo meriterebbero una seconda chance? Oppure è giusto cambiare tutto e subito.

«Dipende dalle intenzioni della società. I dirigenti e il tecnico, di stampo aziendalista, si sono limitati all’amministrazione. Se non si mantiene ciò che si promette, è giusto andare via».

Nelle esternazioni, non sempre i dirigenti sono stati allineati col tecnico in fatto di obiettivi. Una distanza alla lunga rivelatasi improduttiva.

«Ognuno ha difeso la propria posizione. Situazioni di cui non se ne può più. Occorre gente motivata che rivolti tutto. Qualcuno alla Perinetti, un talento nel suo lavoro, o alla Giovanni Sartori».

Intanto a Napoli, i risultati arrivano. L’altra sera si è festeggiato il secondo scudetto in tre anni che - al di là dei paragoni tra le piazze - stride col gioco a ribasso fatto a Bari.

«Sul piano imprenditoriale e calcistico, Aurelio De Laurentiis ha tutta la mia stima. Capisce di calcio. A Bari si è buttato in una situazione dalla quale, forse, nemmeno lui sa adesso come uscirsene».

Venerdì Luigi De Laurentiis era accanto a papà Aurelio davanti alla torta tricolore per brindare al primato in campionato e ai 76 anni del numero uno di Filmauro. Scene che a Bari rappresentano una chimera.

«Luigi ha fatto benissimo. Ci sta, per quanto dispiaccia ai baresi».

Il tricolore partenopeo potrebbe far tornare a parlare Luigi De Laurentiis per capire i propositi in Puglia?

«La vittoria del Napoli può essere da traino per il Bari. Vista la visibilità, una spinta ad attirare compratori e a vendere la società biancorossa».

Quale la prima mossa da fare?

«Stanziare soldi per avviare un programma a lungo termine. Se ancora non si hanno un centro sportivo ed un organigramma strutturato che parte, per esempio, da un’ampia area scouting, vuol dire che non ci sono prospettive di crescita».

A parte le voci recenti sull’ipotetico avvento di un socio di minoranza in società, lei crede davvero che ci possa essere una svolta a stretto giro nei piani alti della Ssc Bari?

«Se viene qualcuno, compra l’intero pacchetto. Parliamo di imprenditoriali internazionali che investono mettendo dei soldi ragionando col tutto o niente. Con la multiproprietà, la compartecipazione non avrebbe senso».

La Gazzetta del Mezzogiorno

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