Formula 1, Christian Horner licenziato dalla Red Bull: ecco chi è l'ex re di Milton Keynes


Christian Horner
Christian Horner è stato il Re Sole della Formula 1 moderna. Anzi, un Re Sole con la felpa Red Bull e il sorriso da ragazzo perbene che, in realtà, perbene non è mai stato davvero. Oggi, dopo vent’anni di trionfi, manovre di palazzo e dichiarazioni ironiche ai microfoni di Sky, Horner è stato licenziato con effetto immediato da Red Bull. Via, finito, game over. Dopo sei titoli costruttori e otto piloti, dopo aver portato Vettel nell’Olimpo e Verstappen al dominio, Horner esce di scena lasciando un team in crisi tecnica, spaccato nei rapporti interni e con la sensazione che, sotto la vernice lucida dei trofei, il marcio fosse arrivato a un punto di non ritorno.
Dal kart al trono
Horner, classe 1973, figlio di un imprenditore nel Warwickshire, si era fatto le ossa nei kart e in Formula 3000 prima di capire che il suo futuro non era dietro a un volante ma dietro a un muretto. E così, mentre il resto del paddock guardava le gerarchie consolidate di Ferrari e McLaren, lui – ventenne con le tasche piene solo di ambizioni – costruiva Arden, il suo team junior, per poi sedersi nel 2005 sulla poltrona di team principal più giovane della storia di F1, quella di Red Bull Racing. Nessuno ci credeva. Poi sono arrivati i titoli, le lattine volanti sul podio, i record, le battaglie mediatiche con Toto Wolff e le risate sornione ai briefing stampa.
Lo scandalo molestie (e le chat bollenti)
Ma sotto la superficie si agitava altro. Lo scorso anno, una dipendente di Red Bull lo aveva accusato di comportamenti inappropriati. Un’indagine interna lo aveva prosciolto, ma il giorno dopo le chat – le famigerate “chat bollenti” – sono finite nelle mani dei media e hanno trasformato la vicenda in una puntata extra di Drive to Survive. Horner ha negato, ha resistito, si è difeso con il solito ghigno di chi sa tenere a bada i media meglio di chiunque altro nel paddock. Eppure, da quel momento, qualcosa si è incrinato: un team che non vince più, tensioni con Verstappen e suo padre, l’addio di Adrian Newey e le voci insistenti di una Red Bull pronta a cambiare pelle.
Il giorno della caduta
E oggi, 9 luglio 2025, la caduta. Un comunicato freddo, poche righe: «Christian Horner lascia Red Bull Racing con effetto immediato. Ringraziamo Christian per il suo contributo straordinario in due decenni di successi». E via, come si saluta un dipendente che ha portato in dote miliardi in diritti TV e sponsor. Non una parola sul perché. Ma è chiaro a tutti che le prestazioni in calo – Red Bull è ora quarta in classifica costruttori – unite a un ambiente diventato tossico e all’infinita telenovela post-scandalo abbiano reso impossibile continuare.
Il futuro di Verstappen
E ora Max? Il tre volte campione del mondo, che ha costruito la sua leggenda sotto l’ala protettiva di Horner, inizia a guardarsi intorno. Già durante le tensioni del 2024, papà Jos aveva lasciato intendere che Max avrebbe potuto lasciare se l’ambiente non fosse stato più adatto alle sue ambizioni. Mercedes resta alla finestra, pronta a cogliere l’opportunità se il team di Milton Keynes dovesse entrare in una spirale negativa. Ferrari resta un sogno romantico che, al momento, non offre garanzie di vittoria. Ma la domanda vera è: Verstappen vorrà restare in una Red Bull senza Horner, senza Newey, senza quella stabilità che lo ha reso invincibile?
Perché il destino di Horner e quello di Max sono sempre stati intrecciati, e la caduta del Re Sole rischia di trascinare con sé anche il suo erede più brillante. E per la F1, potrebbe aprirsi un mercato piloti che mai come ora rischia di ribaltare la griglia, riscrivere le gerarchie, cambiare per sempre il volto di questo sport.
Cosa resta di Horner
Resta la sua leggenda, certo. Resta l’uomo che ha trasformato un energy drink in una macchina da guerra capace di far tremare Maranello, Woking e Stoccarda. Resta il manager che sapeva muovere i fili del potere FIA e Liberty Media, sempre con un sorriso davanti alle telecamere e le spalle larghe nei momenti critici. Resta anche l’ombra lunga di un uomo che, nel momento in cui ha perso il controllo del paddock, ha visto tutto crollare con la stessa velocità con cui un pilota Red Bull tagliava il traguardo in P1 fino a un paio d’anni fa.
E ora?
Ora resta da capire che fine farà Horner. Tornerà? Andrà in Mercedes, come qualcuno vocifera? Diventerà commentatore Netflix a raccontare la F1 che lui stesso ha contribuito a plasmare? O si trasformerà in un uomo d’affari, lontano dai riflettori che ha sempre saputo usare e manipolare?
Una cosa è certa: senza Christian Horner, la F1 perde uno dei suoi personaggi più iconici. Ma la domanda vera è un’altra: la F1 ha davvero bisogno di un altro Christian Horner? O è il momento di chiudere un’epoca e guardare oltre, verso un paddock dove il potere non è più nelle mani di chi sussurra nelle orecchie dei piloti, ma di chi sa costruire team inclusivi, puliti e vincenti? O forse, più semplicemente, anche in F1, alla fine, tutti cadono. Anche Christian Horner.
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