Giro d’Italia: nel primo arrivo in salita vince Ayuso, il baby fenomeno. Ma in rosa è Roglic


Finalmente si fa sul serio. Dopo tanti arrivi in volata, tante chiacchiere, tante cadute e tanti punti (in tutti i sensi), finalmente in questo Giro d’Italia, settima tappa in Abruzzo, si vede un traguardo in salita.
Nulla di sconvolgente, sia chiaro, però questo arrivo a Tagliacozzo, nome abbastanza emblematico, a 1425 metri di quota con una rampa finale di 9 chilometri al 10%, ha fatto perlomeno capire quali sono le forze in campo in un una corsa che, exploit dell’ex maglia rosa Pedersen a parte, non ci aveva particolarmente scaldato i cuori.
Al primo esame, ecco quindi il responso: lo spagnolo Juan Ayuso, il baby fenomeno 22 enne che parla tre lingue come un libro stampato, si aggiudica la tappa con la classe dei predestinati. Un potente scatto a circa 500 metri, dove la strada spiana, e tanti saluti alla compagnia.
Una compagnia doc perchè con Ayuso c’erano i migliori rimasti tutti avvinti come l’edera fino allo scatto del giovane catalano che così, al traguardo, mette in fila il messicano Del Toro, il colombiano Bernal, la nuova maglia rosa Roglic e il nostro Giulio Ciccone, l’unico coraggioso ad aver tentato un paio di guizzi durante la salita.
Dietro a Ciccone, al sesto e al settimo posto, sempre in un fazzoletto di quattro secondi, ecco Antonio Tiberi e Damiano Caruso, vale a dire il vecchio e il bambino del nostro ciclismo. Damiano è uno splendido 37 enne inossidabile alle ruggini del tempo; Antonio, laziale di 25 anni, è il gioiellino tricolore sul quale si ripongono le future speranze del nostro ciclismo. Che sia la volta buona? Lo speriamo di cuore. Ora in classifica è quarto con 27” da Roglic. Tutto è possibile.
Al momento però sul podio a prendersi gli applausi c’è Ayuso che ha tre anni in meno di Tiberi. Vero che non tutti maturano alla stessa età, ma insomma anche per il bell’Antonio è arrivato il momento di svegliarsi. Un vecchio proverbio ricorda che per realizzare i sogni bisogna (prima o poi) svegliarsi.
A proposito di Ayuso va ricordato che anche lui corre per la Uae Emirates, cioè la stessa formazione di sua maestà di Tadej Pogacar che in questo momento si sta focalizzando sul prossimo Tour de France da lui già vinto tre volte.
Insomma, in assenza del Capo Supremo, al Giro c’è il suo Vice, il giovane Juan che aspetta solo di far vedere quanto è bravo. “Sono scattato solo una volta” precisa al traguardo lo spagnolo. “Si saliva tutti molto velocemente e sapevo che l’unico modo per impormi era questo. E’ una grande felicità, spero che ci siano altre occasioni….”
Ma adesso, su questa prima salita dell’Abruzzo, di nuovo con la maglia rosa, quasi suo malgrado, c’è un altro grande vecchio, lo sloveno Primoz Roglic, 36 anni il 29 ottobre, fortissimamente deciso nonostante qualche distrazione a conquistare il suo secondo Giro dopo quello del 2023. Lo sloveno, con al suo attivo anche 4 Vuelte, sa che questa è un’ottima opportunità per imprimere ancora il suo sigillo. Senza il gatto (Pogacar) i topi ballano e Roglic, più vecchia volpe che topino, sta lavorando per arrivare in rosa a Roma nei Giardini Vaticani.
In questa tappa Roglic è sembrato un po’ distratto, ma è meglio non crederci troppo- Non più di primo pelo, la nuova maglia rosa sa che un Giro è molto lungo e che, alla fine, tutto si decide nelle grandi montagne, sulle Alpi e sulle Dolomiti. Quindi s’impegna, ma non troppo, cercando di distribuire le fatiche come ha fatto questa volta lasciando la scena ad Ayuso.
Ricordiamolo: Roglic è diverso da Pogacar che vincerebbe anche il traguardo volante della gran fondo degli Alpini. No, lui preferisce non farsi notare troppo, dosare le energie. E sull’età ci scherza sopra: “ Non esiste il tempo giusto per vincere. L’età non è più un numero. E io di anni ne sento dieci in meno” conclude Primoz con una risata. Primoz di nome e di fatto.
Finiamo con gli altri big. Splendido anche Isaac Del Toro, messicano veloce come Speedy Gonzales, secondo dietro ad Ayuso, anche lui della Uae, squadra dove i talenti crescono in batteria.
Due parole speciali infine per Egan Bernal, terzo al traguardo. Un grande risultato per un campione che tre anni fa rischiò di morire in un terrible incidente. Il suo Giro, se va avanti così, lo sta già vincendo.
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