Il Napoli di De Laurentiis: 20 anni di successi finanziari nel calcio italiano
Vent’anni. Due scudetti, il terzo e il quarto della storia di un club fondato nel 1926, vicino dunque al secolo di vita, che aveva vissuto alla fine degli anni Ottanta la sua epopea con in campo Diego Armando Maradona. E che adesso invece si riscopre al centro del palcoscenico calcistico, dentro una nuova dimensione vincente e con un futuro tutto da scrivere.
Antonio Conte, l’ultimo dei condottieri, avrà di che riflettere nei prossimi giorni. L’artefice di questa nuova età dell’oro, il presidente Aurelio De Laurentiis, che ha arricchito la bacheca azzurra anche con tre Coppe Italia - il primo titolo conquistato nel 2012 - e una Supercoppa tricolore, venerdì notte, a vittoria appena acquisita, ha promesso acquisti di spessore per la campagna europea della prossima stagione. Il nuovo traguardo del club partenopeo.
Acquisti che - è questo il punto - il Napoli può permettersi, costituendo un unicum nel panorama sportivo italiano ed europeo (si potrebbe citare per l’equilibrio dei conti e la redditività del progetto l’inarrivabile Bayern Monaco, che però tra i soci ha colossi come Audi, Allianz e Adidas, oltre che un esercito di oltre 300mila altri azionisti).
La gestione incardinata sull’equilibrio dei conti è stata messa in crisi solo dalla pandemia, eppure il Napoli è riuscito a far segnare un attivo complessivo, compensando i 130 milioni di perdite nei bilanci dal 2020 al 2022 con gli utili record di 80 milioni e 63 registrati rispettivamente nel 2023 e nel 2024.
La stagione del terzo scudetto (2023) ha fatto segnare il primato per la Serie A di utili e il record di fatturato per il club partenopeo (escluse le plusvalenze) pari a 275 milioni.
Tutto ciò ha permesso al Napoli di accumulare, all’altezza del 30 giugno 2024, disponibilità liquide per 210,5 milioni, con una conseguente posizione finanziaria netta positiva per 135 milioni.
Alla fine di questa stagione, nonostante l’assenza dei proventi della Champions - un’eccezione rispetto all’assidua partecipazione alle coppe europee dell’era De Laurentiis - grazie al bonus della plusvalenza assicurata dalla cessione a gennaio 2025 di Khvicha Kvaratskhelia al Psg per 75 milioni (in estate si prospetta quella altrettanto remunerativa di Victor Osimhen), questi numeri potrebbero essere tutt’altro che peggiorati. Dando alla società di De Laurentiis risorse più che sufficienti per un mercato ambizioso come quello della scorsa estate.
Proprio dopo l’arrivo di Conte, De Laurentiis ha aperto i cordoni della borsa e speso sul mercato circa 150 milioni derogando ad alcune regole che si era autoimposto a proprosito degli investimenti sui calciatori, da ingaggiare solo se con prospettive di valorizzazione.
In effetti, i conti del club in Serie A, con costi più o meno in linea con i ricavi classici (diritti tv nazionali, stadio e area commerciale) sono stati storicamente tenuti in ordine ricorrendo alle plusvalenze e agli incassi della Champions League (e in misura minore dell’Europa League).
Le plusvalenze, considerando anche il mercato di gennaio, hanno generato guadagni per circa 750 milioni (il record di 104 milioni nel 2017, di cui 86 per la cessione di Gonzalo Higuain alla Juventus).
Il Napoli ha ottenuto dalla Uefa per le sue partecipazioni alle manifestazioni europee (14) circa 550 milioni (poco meno di 440 dalle otto qualificazioni in Champions). In totale, queste due voci hanno portato nelle casse del club 1,3 miliardi sui quasi 4 miliardi di euro complessivi di fatturato realizzato tra il 2005 (anno del primo bilancio targato Filmauro) al 2025. Quasi un terzo delle entrate.
Aurelio De Laurentiis, come spesso ricorda, ha rilevato il club nel 2004 dalle ceneri del fallimento. All’epoca ottenne un finanziamento da Unicredit di 32 milioni rimborsato dopo appena tre anni con i proventi del club, per poi apportare come capitale 16,6 milioni per ripianare i deficit della Serie C. Tornato in Serie A, con un rosa giovane dai costi bassi ma subito competitiva, ha inanellato otto bilanci in utile consecutivi.
Tra il 2005 e il 2024 i rendiconti chiusi in territorio positivo - il peggior bilancio è stato chiuso nel 2021, a causa della pandemia e dell’assenza dalla Champions, con un rosso di 58 milioni - sono stati ben 12 e hanno permesso di accumulare al 30 giugno 2024 oltre 140 milioni di profitti.
In queste 20 stagioni non sono mai stati staccati dividendi, mentre per il presidente e i suoi familiari impegnati nel Consiglio di amministrazione sono stati elargiti compensi per oltre 40 milioni.
Dai 100 milioni circa del ritorno in Serie A nel 2009 i ricavi connessi ai diritti tv nazionali, allo stadio e all’area commerciale sono saliti costantemente, oscillando ormai stabilmente tra i 150 e i 200 milioni. La società partenopea ha già dimostrato di saper migliorare le proprie performance economiche, provando ad alzare il livello della hospitality premium al netto dei limiti architettonici dello stadio Maradona e anche con scelte controcorrente come, per esempio, con l’auto-produzione della maglia da gioco, sia pure accompagnata dal marchio EA7.
Non è un caso, perciò, se i ricavi commerciali (da sponsor e da merchandinsing) sono saliti a 70 milioni nel 2024 dopo essere rimasti fermi per anni tra i 30 e i 40 milioni stagioni e i ricavi legati allo stadio sono più che raddoppiati nelle ultime tre stagioni.
Se la ventennale gestione Del Laurentiis è stata fin qui improntata alla sostenibilità economico-finanziaria privilegiando agli investimenti infrastrutturali,quelli sul parco calciatori, è arrivato il momento di cambiare passo e affrontare queste sfide - dal nuovo centro sportivo alla ristrutturazione dello stadio Maradona -, indispensabili per incrementare i proventi ordinari e «monetizzare» la sempre più ampia visibilità internazionale del club.
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