La lezione di vita della Taulantet, una squadra fatta tutta di albanesi

Certe storie meritano di essere raccontate, perché racchiudono molto più di un gol, di una vittoria. Anche di una promozione. È il caso della Taulantet, la squadra di Perugia composta interamente da giocatori albanesi, che ha riscritto la storia calcistica dell’Umbria conquistando la promozione in Prima Categoria. Un traguardo straordinario, ma soprattutto simbolico, che parla di sport, di comunità, di riscatto e di identità. La Taulantet - che ha sede a Bastia Umbra - è nata nel 2012, nei campionati amatoriali, come progetto di integrazione per i ragazzi di origine albanese residenti in Umbria. Il nome richiama le radici: i Taulanti, un’antica tribù illirica. Un simbolo di fierezza e appartenenza. Hanno vinto la finale i play off con la Virtus Foligno e al fischio finale della partita si sono presi per mano e in cerchio hanno ballato e festeggiato, secondo le loro tradizioni.
Perugia, 11 giugno 2025 – Il portiere Luciano Gega fa il camionista, così come il centrocampista RRhaim Lika. Il capitano Marjo Seiti invece è un operaio e lavora nella ditta di costruzione del presidente del club. Il bomber Egli Gijnaj, 21 reti, è un carpentiere, mentre la freccia Kevin Beshiri gestisce un bar vicino Perugia. Oltre a lavorare da anni in Umbria, questi ragazzi hanno due cose in comune: amano il calcio e sono tutti albanesi. Un record. Perché nessun’altra squadra in Italia, iscritta ai campionati FIGC, può vantare una rosa composta interamente da giocatori albanesi.
Un progetto ambizioso, trasformato in realtà grazie alla determinazione del presidente Artan Zogu, che ha saputo unire talento, passione e spirito di comunità. «E’ come se fossero tutti miei figli», ha dichiarato commosso dopo la vittoria in finale playoff contro la Virtus Foligno. «Oggi abbiamo abbattuto stereotipi e dimostrato cosa significa disciplina, senso del dovere e orgoglio».
Il vincolo della nazionalità, inizialmente considerato un limite, si è trasformato nel punto di forza della squadra. A raccontarlo è il direttore sportivo Fatbardh Hoxha: «Mettere insieme una rosa competitiva con questo vincolo non è stato facile, ma possiamo dire di aver fatto un lavoro eccellente».
Dopo solo due anni di attività nei dilettanti, la squadra ha raggiunto una storica promozione, con giocatori che hanno scelto di rinunciare a categorie superiori pur di seguire il richiamo dell’aquila a due teste, simbolo dell’Albania. A dicembre, la guida tecnica è passata nelle mani esperte di Roberto Gallastroni, 72 anni di Castiglion Fiorentino, con un lungo passato nel calcio professionistico, discepolo del leggendario Corrado Viciani. Convinto da Zogu, «il Galla» ha dato un’anima tattica e umana alla squadra: «Questo non era un team qualsiasi. Sin da subito ho percepito una seconda famiglia». Accanto a lui, il vice Mirko Loche, sardo da 25 anni in Umbria, ha portato entusiasmo e spirito di sacrificio: «Io che come loro sono abituato ad andare per mare, ci tenevo a far bene più per la comunità albanese che per me stesso. Sono entrato subito sulla loro lunghezza d’onda perché anche io sono arrivato con la valigia di cartone piena di sogni e speranze».
In questa stagione la squadra ha fatto registrare presenze record in tutti i campi dell’Umbria: oltre 200 tifosi a ogni partita, culminati con un’invasione rossonera a Ponte Valleceppi per la finale playoff. Bandiere albanesi, abiti tradizionali, il tipico copricapo qeleshe: un’esplosione di orgoglio nazionale che ha accompagnato i ragazzi per 120 minuti fino al trionfale 2-1. Non hanno solo giocato a calcio: hanno difeso i colori di un popolo fiero, unendo due terre sotto una sola passione.
La Nazione