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Michele Anaclerio senza freni: «Bari, così non va»

Michele Anaclerio senza freni: «Bari, così non va»

BARI - Cresciuto nel Bari, squadra della sua città, Michele Anaclerio realizza il sogno di debuttare con la maglia della sua città a 19 anni in serie A nella stagione 2000/01 (1-0 in casa della Reggina) grazie al mister Eugenio Fascetti. Dopo due anni in prestito al Lanciano, in serie C, torna a casa ma in B e ci resta per tre stagioni giocando complessivamente 72 partite di campionato. Uno score invidiabile per l’attuale allenatore della Polimnia che, pronto per conseguire il tesserino Uefa A (sarà da dopodomani a Coverciano dopo una meritata vacanza londinese), ripercorre tappe, aspettative e sogni del club del quale rimane appassionato tifoso.

Anaclerio, segue ancora le vicende calcistiche del Bari?

«Sono felicissimo di allenare la Polimnia. Un tassello importante per la mia crescita professionale. Vivo la città di Bari e lo faccio da innamorato dei colori biancorossi. Il Bari lo seguo sempre, pur avendo meno libero. Ai playoff si poteva arrivare, ma non c’erano le credenziali per salire».

Di Bari e del Bari che ricordi conserva?

«L’esordio in serie A con la maglia della mia squadra fu da brividi. Un sogno cullato da bambino. Ho segnato anche nel 3-1 contro l’Albinoleffe. Sono stato fortunato e bravo ad esaudire questo sogno».

Oggi, ci sono dei nodi complicati da sciogliere: la multiproprietà quello più spinoso.

«È facile, adesso, criticare i De Laurentiis. Però, quando sono arrivati nessuno lo ha fatto. Soprattutto, quando si era a cento secondi dalla serie A. Adesso, tuttavia, è arrivato il momento di una svolta. Speriamo che la società venga venduta. Non tutte le stagioni riescono bene. Ma questo è il momento propizio per cedere il club. Dopo oltre cento anni di storia del sodalizio, ci auguriamo che possa arrivare un presidente che faccia fare il salto di qualità che tanto manca alla piazza».

Lei è stato a Bari in un momento storico diverso. Come mai a Bari sembra che, in fatto di ambizioni, si lavori sempre col freno a mano tirato e che non ci sia una via d’uscita?

«Non abbiamo mai avuto presidenti miliardari. L’aspetto economico è importantissimo. Come le competenze. Vedi quello che succede all’Atalanta. Io ringrazierò per sempre la famiglia Matarrese. Poi, si concluse un ciclo. Da barese mi auguro che arrivi una proprietà straniera. Non ne vedo di italiane in grado di farci fare il salto di qualità. Sulla scia, per esempio, di quanto fatto a Como. Il calcio di oggi è un altro mondo rispetto ai miei tempi. I presidenti erano degli innamorati. Oggi si bada di più agli interessi. Per questo, mi auguro che a livello politico si possa aiutare il Bari. Questo è un tassello importante affinché degli investitori esteri possano essere ingolositi per tutto l’indotto che ruota attorno al calcio e allo stadio, al di là degli aspetti sportivi. La politica sarà fondamentale».

La tifoseria è un po’ triste perché non vede grandi prospettive di crescita. Cosa consiglierebbe alla gente di Bari?

«Vedo gente che, dopo quarant’anni di abbonamento quest’anno non lo rinnoverà. Ogni protesta, purché sia civile, è accettata. In questo caso, non saprei cosa consigliare ai tifosi del Bari. Ognuno deve sentirsi libero di contestare come crede. Se la stragrande maggioranza deciderà di disertare il San Nicola, nessuno potrà ergersi a giudice. Vedere lo stadio vuoto non scoraggerà eventuali compratori perché, vedendo i dati dell’affluenza degli ultimi anni, si comprende bene quanto i baresi tengano alla squadra. La media spettatori non scende mai al di sotto delle quindicimila presenze. Tanta roba, di livello europeo. Se sarà vuoto, si capirà che ci un motivo ci sarà».

Conosce Fabio Caserta? Ha avuto modo di incrociarlo in carriera?

«Non è l’ultimo arrivato. Ha ottenuto dei risultati dove ha allenato. L’ho incrociato da calciatore. Un signor giocatore, in campo si faceva rispettare».

Che contributo pensa possa dare alla causa del Bari?

«Alla fine, in campo ci vanno i giocatori e nono loro che ti fanno vincere le partite. Puoi avere i migliori allenatore e dirigenti, ma senza le risorse sul terreno di gioco non vai lontano. Caserta è un tecnico di categoria. Darà senz’altro il suo contributo».

Magalini sa bene cosa fare. Ma al suo posto, quale sarebbe la prima mossa che farebbe se oggi fosse il ds del Bari?

«Ho tanta fiducia in Magalini e Valerio Di Cesare. Quest’ultimo lo conosco bene e ci ho giocato tante volte contro. Non è detto che con un badget ridotto si faccia male. Basta scegliere gli interpreti giusti, come successo nel recente passato con Caprile e Cheddira. Sono sicuro che faranno un ottimo lavoro».

La Gazzetta del Mezzogiorno

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