Perché Binaghi non vuole il Comitato per le Atp Finals di Torino


(foto Ansa)
lo scenario
E' scontro aperto tra il presidente della Federazione tennis e padel e Sport e Salute: in gioco ci sono 100 milioni pubblici per le Finals. Il governo vuole più controllo e benefici per la collettività, ma il presidente Fitp non ci sta
Sullo stesso argomento:
Volendo soppesare le parole e conoscendo la suscettibilità del personaggio, diciamo che certi dissapori, per Angelo Binaghi, sono come gli amori di Venditti: non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Del resto, per un nemico in più, il nostro darebbe anni di vita (anche perché, si sa, l’erba cattiva tende a resistere). Dunque, è il turno di Sport e Salute, la partecipata del Mef attraverso cui il governo promuove e incentiva la pratica sportiva e i corretti stili di vita tra la popolazione, e, elemento non trascurabile, distribuisce i contributi pubblici alle Federazioni sportive (mal contati trecentocinquanta milioni l’anno), un vecchio amico con cui, già in passato, erano sorti dissapori, ma nulla – giurano gli spettatori di quest’ultima puntata – di lontanamente paragonabile.
Stavolta è guerra, di potere e, quindi, soldi. Tanti soldi, diciamo un centinaio di milioni in cinque anni, e tutti pubblici: è il contributo che il governo Meloni si è impegnato a stanziare per sostenere l’organizzazione italiana delle Atp Finals – evento privato di cui è proprietario un soggetto privato, l’Atp presieduta dall’ex tennista italiano Andrea Gaudenzi – anche per il prossimo quinquennio (2026-2030). Giusto, sacrosanto che lo stato ci metta del suo per portare in Italia i grandi eventi sportivi (magari non solo tennistici), anche quelli come le Finals torinesi che ne potrebbero serenamente fare a meno (l’edizione del 2024, al netto dei contributi pubblici, si è chiusa con un utile di circa 17 milioni di euro). A patto, però, che quei soldi, che potrebbero essere spesi per realizzare una nuova Caivano, tanto per dirne una, producano un ritorno concreto e duraturo per la collettività, in termini di impianti sportivi pubblici, ad esempio. Ritorno che alla vigilia della quinta edizione torinese della ricchissima manifestazione non c’è stato, se si eccettuano un paio di campetti di pickleball che a buon bisogno vengono tirati su per il diletto degli spettatori del torneo. Né può essere considerato un’eredità per le future generazioni di sportivi, come vorrebbe Binaghi, il fiume di denaro che da quattro anni finisce nelle tasche di albergatori e ristoratori torinesi (alcuni buoni amici della Federazione). In Piemonte, peraltro, la media di impianti sportivi per abitante è al di sotto di quella nazionale. Ecco perché il governo (attraverso Sport e Salute) a questo giro ha avvertito la necessità di sedersi al tavolo con gli organizzatori (Fitp), dividendone oneri e onori.
Da qui, l’inserimento nel Decreto Sport in questi giorni in discussione in commissione Cultura alla Camera, di un articolo (il 9) che istituisce un Comitato per le Atp Finals di Torino, al cui interno figurino rappresentanti della città e della regione, della Federtennis, del ministero competente in materia di Sport, e di Sport e Salute. Comitato che, oltretutto, per la gestione del torneo, affidata dal decreto a una nuova convenzione tra Fitp e SeS, in cui la partecipata del Mef rientrerebbe a pieno titolo nella governance della manifestazione, com’era prima che fosse relegata a semplice prestatrice di servizi, la condizione attuale (peraltro in scadenza a fine 2025), potrebbe istituire una “commissione tecnica di gestione” di sei membri, due a testa per Federazione e Sport e Salute. Per Binaghi, che sapeva di questa manovra dai giorni del Roland Garros ma poi aveva ricevuto rassicurazioni, evidentemente al solo scopo di tenerlo buono, da diversi esponenti del governo, è stato un tradimento. Ha costretto l’amica Atp, fino allo scorso anno nemica perché aveva consentito a Sky di prendersi tutti i diritti del tennis, di scrivere una letteraccia in cui minaccia di portare le Finals altrove (ma è la stessa Atp che un anno fa chiedeva al Governo le garanzie per assegnare l’organizzazione delle Finals all’Italia?). E dire che qualche anno fa prendeva in giro Malagò che aveva scomodato il Cio a difesa dell’autonomia dello sport. Si capisce, per uno abituato da venticinque anni a gestire la Federazione come una monarchia assoluta, deve risultare intollerabile che a un soggetto estraneo, per di più emanazione dello stato, sia consentito ficcare il naso nei suoi affari. E’ questo il vero problema di Binaghi. Non i soldi, di cui può serenamente fare a meno, almeno finché Sinner viaggerà a queste dimensioni. Lui ha già detto in Commissione che piuttosto che avere tra le scatole Sport e Salute – senza la quale, incidentalmente, la prima edizione torinese delle Finals sarebbe naufragata, e con la quale, sfruttandone le capacità organizzative di cui lui non dispone, da un ventennio organizza con certa reciproca soddisfazione gli Internazionali di Roma (occhio, anche qui il contratto è scaduto) – rinuncia al contributo pubblico, o si impegna a destinarne una parte cospicua a progetti per la collettività. Eh no, così sarebbe troppo facile. Il governo intende andare fino in fondo, e non saranno gli emendamenti presentati ieri in Commissione dagli amici Cinque stelle a fargli cambiare idea.
Di più su questi argomenti:
ilmanifesto