Tour de France, nel tappone pirenaico vince Arensman. Wingegaard stuzzicama Pogacar comanda


Nebbia e pioggia al Tour de France. Nuvole basse sui Pirenei che avvolgono l’olandese Thymen Arensman quando taglia il traguardo di Superbagnares (1804 metri).
Una bella impresa, quella di Arensman, 25 anni della Ineos, cominciata molti chilometri prima sulle rampe del vecchio e glorioso Tourmalet con un gruppetto di coraggiosi che poi, a mano mano, si sono sfilati per strada.
Giustamente vi domanderete: ma nell’attesissimo tappone pirenaico, con 5000 metri di dislivello e montagne storiche come Tourmalet, Aspin e Peyresourde, che cosa ha combinato sua illustre maestà Pogacar?
E il suo eterno rivale, quel Joanas Vingegaard, quasi sempre costretto a far la parte del coraggioso combattente che deve però cedere ai superpoteri della maglia gialla? Cosa hanno inventato, questa volta, i due protagonisti del Tour?
Per un giorno, nella tappa che avrebbe dovuto essere più esplosiva, hanno fatto melina lasciando, incredibilmente, spazio anche agli altri. Solo alla fine, a 3 chilometri circa dal traguardo, quando la pendenza si è fatta più severa, Vingegaard ha provato un allungo per saggiare le condizioni di Pogacar, fino a quel momento stranamente poco reattivo.
Ma era solo un illusione: perchè appena il danese ha dato gas, il gattone sloveno gli si è subito incollato alla schiena. Come a dire: dove vai bello? Oggi non è giornata da far sfracelli. Gli sfracelli li ho già fatti nei giorni scorsi: io preferirei tirare il fiato, ma se mi provochi, io t’azzanno come Alberto Sordi nell’indimenticabile scena degli spaghetti di “Un americano a Roma”.
E infatti così è andata. Pogacar dopo aver traccheggiato, a poche centinai di metri dal traguardo ha innestato il suo personalissimo turbo e tanti saluti a tutti. In sostanza lo sloveno, precedendo il danese di pochi metri, si è assicurato altri 6 secondi da investire nel suo cospicuo fondo della classifica generale.
Classifica che lo vede in vetta con 4 minuti e 13” di vantaggio su Vingegaard. Terzo, a quasi 8 minuti, Florian Lipowitz, il tedesco rampante che, approfittando del ritiro di Remco Evenepoel, salta una posizione consolidando quello che è il suo obiettivo: un posto sul podio.
Il ragazzo della Red Bull-Bora sta crescendo. Dietro, a 9 minuti e 18”, lo scozzese Oscar Onley, 22enne dal cuore impavido che non teme di entrare nella mischia.
Una parola anche per l’inossidabile Primoz Roglic, sesto a oltre dieci minuti. Grande cronoman sul viale del tramonto, non dovendo più misurarsi con i due mostri sacri del Tour, si guadagna la pagnotta galleggiando comunque tra i migliori in attesa che il suo delfino, Florian Lipowitz nella Red Bull, sbocci definitivamente. Si vedrà, comunque tanto di cappello anche a Roglic.
Chi invece si è ritirato con la coda tra le gambe è il belga Evenepoel, campione olimpico, sempre più in crisi esistenziale e fisica. Il suo problema sono le montagne, soprattutto nei grandi giri. A poco a poco il suo motore, brillante nelle corse di un giorno, perde potenza e va in panne.
La goccia finale nella cronoscalata di Peyragudes quando è stato raggiunto e superato da Vingegaard. Un episodio umiliante per un campione come Remco, sempre davanti quando scattano le lancette del cronometro.
Ora che i Pirenei sono finiti (questa domenica traguardo per velocisti a Carcassone) si può tirare un ulteriore bilancio. Chiaramente Pogacar è di un altro livello. Viaggia in modalità superiore. Vingegaard, pur combattivo, non è alla sua altezza. Uno è Gastone , l’altro è Paperino. Soprattutto quando le salite obbligano a strappi improvvisi.
Però mai dire mai. Ci sono ancora tre tappe significative: quella del Mont Ventoux (martedì 22 luglio) e le due alpine (giovedì 24 e venerdì 25 luglio) che possono aggiungere qualche capitolo al grande libro, quello di questo Tour, che però sembra già finito.
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