Un Ringhio Gattuso forse è proprio quello che ci vuole per la Nazionale


verso i mondiali
La squadra dell'Italia non ha bisogno di alchimie, ma di passione, non ha bisogno di schemi e invenzioni tattiche, ma solo di tanto, tantissimo cuore. E forse la scelta dell'ex centrocampista calabrese alla fine può rivelarsi giusta
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Ringhio Gattuso è brutto, cattivo, qualche volta anche sgrammaticato. Uno che dice sempre pane al pane e vino al vino, come gli piace raccontare. Non si preoccupa delle conseguenze che potrebbe avere un suo discorso. Lo fa e basta. Da quando ha lasciato il campo per la panchina, ha sbagliato quasi dovunque in giro per il mondo, collezionando più esoneri che riconferme e una sola Coppa Italia con il Napoli. Ha un curriculum che il presidente di una federazione quattro volte campione del mondo dovrebbe accartocciare e gettare nel cestino della carta straccia. Eppure Ringhio Gattuso potrebbe davvero essere l’uomo giusto per questa Nazionale che non ha bisogno di alchimie, ma di passione, non ha bisogno di schemi e invenzioni tattiche, ma solo di tanto, tantissimo cuore. E quello non è mai mancato a Gennaro Gattuso, 47 anni, nato settimino, da Corigliano Calabro, un ragazzo che era scappato da Perugia per andare a giocare a Glasgow, sponda Rangers dove ha trovato un ingaggio vero, una moglie che ancora lo sopporta e il rispetto internazionale, oltre ai dispetti di Gascoigne che gli faceva la cacca nei calzettoni. E’ andato all’estero per i soldi, ma anche per imparare, per uscire dalla ritualità del cammino dei giovani in rampa di lancio.
Oggi è di moda andare a studiare all’estero, ai tempi era un modo poco italiano di vivere. Voleva essere un duro e anche a detta dei commentatori scozzesi è diventato il più duro. In Calabria lo chiamano Pitbull, in Scozia lo hanno definito Braveheart che suona più elegante di Ringhio, ma rende sicuramente l’idea, come il soprannome che lo ha sempre accompagnato durante la sua carriera italiana diventata qualcosa di grande quando è finito in uno spogliatoio pieno di campioni come quello del Milan. Ma come Rivera aveva bisogno di Lodetti, come Platini non poteva fare a meno di Furino, quel Milan degli invincibili non sarebbe esistito senza Gattuso. Lui correva per due, picchiava per quattro e se qualcuno si voltava dall’altra parte lo rimetteva in riga con uno sguardo, una ringhiata. Se necessario Ringhio ti sbatte contro l’armadietto degli spogliatoi. Se fosse per lui ti chiuderebbe anche dentro se dovesse servire. Nell’era del politicamente corretto Gattuso è quanto di più scorretto potrebbe esistere nel mondo del calcio. Per mettere in riga una Nazionale con poco talento e in evidente crisi di fiducia e di fede nell’azzurro, un Ringhio può servire. Immaginatevi come potrebbe reagire Gattuso alla telefonata di un giocatore che gli dice di voler rinunciare. O come potrebbe entrare nello spogliatoio prima di uno spareggio mondiale. “Con la squadra sono il loro miglior amico e peggior nemico, ma non porto rancore verso chi sbaglia, passa tutto il giorno dopo”, racconta. Quando per un infortunio rischiava di saltare il Mondiale del 2006, quasi minacciò Lippi: “Se non mi portate al Mondiale mi lego al pullman”. Lui i dolorini li guariva così.
Nel suo girovagare per il mondo, Ringhio si è comunque seduto su panchine importanti (Milan, Napoli, Marsiglia, Spalato) cercando di dare anche un senso al gioco delle sue squadre. “Grinta e cuore sono l’abc del calcio. Senza voglia, senza anima non si può giocare”, ha sempre raccontato. Ma ha imparato che il cuore e l’anima vanno accompagnati con delle idee. Lui ne ha imparate tante: “Sapevo che fare l’allenatore non sarebbe stato facile, che non sarebbe bastato essere stato un grande calciatore. Ho girato per imparare, ho fatto scelte difficili, ma è stato un percorso che ho voluto fare. C’è sempre da imparare, ogni giorno ci sono tante cose nuove, ci sono colleghi bravi ma ci vuole anche tanta umiltà di apprezzare anche le cose nuove”. Non sarà mai un professore, ma alla Nazionale di oggi non è quello che serve. C’è bisogno di una ringhiata per far capire a tutti che cosa significhi vestire quella maglia con le quattro stellette mondiali sul cuore. Se poi attorno al rischio verrà allestita un’unità anticrisi con altri eroi azzurri, potrebbe davvero essere la strada giusta per non perdere il terzo Mondiale di fila.
“Se uno nasce quadrato non muore tondo”, titola la sua autobiografia. Ma se tu sei tondo vedrai che Gennaro Gattuso detto Ringhio, ti farà diventare quadrato a suon di sberloni. Lasciatelo lavorare a modo suo. Non è bello come Mancini, ma non è neppure ossessionato come Spalletti. E non è neppure l’ultima carta rimasta nel mazzo. Non è una scelta ortodossa, ma forse è proprio quel che ci voleva.
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