C’è un test neonatale che può salvare vite, ma in Lombardia fare lo screening è come vincere la lotteria

La Lombardia rischia di trasformare un test neonatale salvavita in una questione di fortuna. A denunciarlo con forza è un video, dal titolo “Con i tuoi occhi”, facente parte della serie di video-denunce promossa dall’Associazione Voa Voa Amici di Sofia Aps che, dopo aver portato alla ribalta nazionale il caso della piccola Gioia Bedetti in Emilia Romagna, torna con una seconda puntata pubblicata in questi giorni sul sito e sul canale YouTube dell’organizzazione. L’inchiesta fotografa una situazione paradossale: dallo scorso giugno lo screening neonatale per la leucodistrofia metacromatica (MLD) – malattia rara, degenerativa e letale, curabile solo se diagnosticata prima dei sintomi attraverso la terapia genica messa a punto dal San Raffaele di Milano – è disponibile in appena 17 dei 72 punti nascita regionali.
Ciò significa che la maggior parte dei bambini lombardi viene esclusa in partenza da una diagnosi tempestiva, nonostante l’unica cura efficace al mondo per questa patologia sia stata sviluppata proprio al TIGET dell’Ospedale milanese. “È inaccettabile che due neonati, magari nati nella stessa città, abbiano diritti diversi solo perché nati in ospedali differenti”, denuncia Guido De Barros, presidente di Voa Voa.
I datiSecondo i dati diffusi da Telethon, nei primi otto mesi del progetto pilota lombardo sono stati eseguiti solo 11.000 test diagnostici, con un consenso informato fermo al 41,3%, ritmo che – calcola De Barros – porterebbe a completare il progetto pilota (che prevede 100.000 esami) in oltre sei anni, rispetto ai 30 mesi fissati dal protocollo. Il confronto con la Toscana, prima regione in Italia ad aver introdotto lo screening, sottolinea l’ingiustizia: qui, da marzo 2023, il 100 % dei punti nascita effettua lo screening e il 97,5 % dei genitori aderisce, pur trattandosi di un progetto volontario.
La campagnaIl video – realizzato da De Barros, con il supporto dei soci bresciani Manuele Bozzoni, Jonida Lazi e le testimonianze di mamme e future mamme – fa un focus sulla città Brescia, elencando le cause dello stallo: burocrazia, carenza di personale, timori assicurativi, iter etici frammentati e scarsa comunicazione tra coordinamento regionale e reparti neonatali. Dopo aver contattato uno a uno i direttori dei reparti, l’associazione ha raccolto risposte che confermano l’emergenza ma mostrano timidi segnali di cambiamento: almeno sei ospedali, sollecitati da Voa Voa, hanno dichiarato di voler riesaminare l’adesione al progetto, mentre altri stanno cercando di superare gli ostacoli amministrativi.

“Il nostro lavoro di informazione sta dando frutti, ma non basta: serve un’azione politica chiara affinché nessun punto nascita resti indietro”, insiste De Barros, chiedendo alla Regione un’interrogazione consiliare urgente e definendo ogni ulteriore ritardo una mancata tutela del diritto alla vita. L’associazione invita nel frattempo le coppie in attesa a domandare al proprio ospedale se esegua o meno lo screening salvavita contro la MLD e a segnalare eventuali dinieghi a Voa Voa, che continuerà la sua battaglia finché la diagnosi precoce non sarà garantita a tutti. La video inchiesta è visibile online all’indirizzo voavoa.org e su YouTube (“Con i tuoi occhi”), mentre sul sito è disponibile l’indagine completa con dati e criticità emerse.
Luce