Cos’è la detenzione differenziata: assurdità e bufale del piano carcere del governo Meloni

Da Ristretti Orizzonti
Differenziata da cosa? Cosa farà la commissione di valutazione a cui verrà sottoposto il programma terapeutico di ogni detenuto? E da chi è composta la task force?

L’estate in carcere è il contrario che in libertà: è triste, è soffocante, è angosciante. Ed è funestata dai “piani carcere”, che tornano a prenderci in giro con regolarità disarmante. Ho preso in mano il piano del 2014, ed è praticamente una fotocopia di quello appena presentato dal governo. Che però ha in più alcune definizioni “creative”, il nulla raccontato come se potesse davvero accadere.
Quanto alla liberazione anticipata, ci viene detto che si “irrobustisce” il profilo informativo, “soprattutto nella prospettiva del massimo aggiornamento delle relazioni del detenuto”. Cioè, spiegateci: “il massimo aggiornamento” significa che i giorni restano sempre gli stessi, ma qualcuno (i magistrati?) ti chiarisce, perdendo tempo ed energie, quello che tutti già sanno, cioè a quanti giorni hai diritto se non fai cazzate e non te li giochi malamente? Qualcuno poi (il Ministro) ci ha detto che sarebbe un cedimento dello Stato concedere ogni anno due mesi in più di liberazione anticipata per tutte le inutili sofferenze, ristrettezze, violazioni dei diritti subite dalle persone detenute. E se la chiamassimo invece “compensazione”? Quella che l’Europa ci ha chiesto, quando ci ha suggerito che se non sappiamo garantire ai detenuti il rispetto della legge, cerchiamo almeno di dargli qualcosa che “compensi” la dignità trascurata e offesa. Ma come possiamo noi volontari rispondere alla “macchina da guerra” mediatica e politica che racconta che anticipare l’uscita dal carcere, per persone, già vicine al fine pena, di una manciata di giorni significa mettere a rischio la sicurezza del Paese?
Chiamasi “detenzione differenziata” il fatto che nel piano carcere sono citati 10.000 detenuti che sembrerebbero “inviabili” alla detenzione domiciliare. Dice il sottosegretario Alfredo Mantovano “Con questo disegno di legge introduciamo un’innovazione importante. Offriamo ai tossicodipendenti e agli alcoldipendenti che hanno commesso reati un’alternativa seria, concreta e verificabile: la detenzione domiciliare in una comunità di recupero”. Ma l’alternativa seria diventa ben presto la moltiplicazione dei “pani e dei pesci” fatta dal ministro Nordio che parla di far andare in comunità 10.000 tossicodipendenti! “Considerando che il 31% usa sostanze stupefacenti o alcoliche, se solo un terzo partecipasse a questo tipo di programma avremmo una diminuzione di diecimila tossicodipendenti nelle carceri. Questo ridurrebbe in maniera sensibile il sovraffollamento”.
Ma se le carceri sono piene di detenuti tossicodipendenti con due, tre anni di residuo pena, se posti in comunità non è certo facile trovarli, se non si sa chi paghi, se il tanto promesso albo delle comunità non si capisce dove sia finito, a che cosa può servire rendere possibile l’accesso alle comunità non più sotto i sei anni, bensì sotto gli otto anni? Si chiama “detenzione differenziata”, ma differenziata da cosa? Dal fatto che qui la fantasia e l’approssimazione non hanno limiti? (E cosa farà la commissione di valutazione a cui verrà sottoposto il programma terapeutico di ogni detenuto?). Le “carceri in centro città o con vista mare”, dice il commissario all’edilizia Marco Doglio, non saranno vendute ma “valorizzate e trasformate”. “Valorizzazione immobiliare” è la nuova, fantasiosa creazione del governo, ti requisisco la cella vista mare e in cambio ti do un container, un prefabbricato modello Albania, l’ultima trovata in fatto di collocazione delle persone detenute in spazi ristretti per dormire, mangiare, forse respirare, non certo per scontare una pena che “tenda alla rieducazione” come chiede la Costituzione.
Domanda: ma quando il commissario dice che “l’approccio è nuovi moduli, ampliamenti, ristrutturazioni e operazioni immobiliari su larga scala”, che cosa sono queste operazioni immobiliari e come dovrebbero fruttare nuovi posti branda? togliendo ai detenuti la vista mare e “vendendola” ai migliori offerenti? Se non ci fosse stato il Covid, una disgrazia per tutti, ma non per le persone detenute, ora non esisterebbero le videochiamate, introdotte durante la pandemia e che nessuno ha avuto più il coraggio di togliere. Pareva che finalmente si fosse capito che le telefonate devono essere liberalizzate come già succede in tanti paesi, perché sono una delle poche forme vere di prevenzione dei suicidi; rafforzare le relazioni, dilatare al massimo gli spazi per gli affetti è infatti forse l’unico modo per far sentire le persone meno sole e isolate. E invece no, troppo lusso, quello che il piano carceri “epocale” concede sono due miserevoli telefonate in più al mese, non c’è neppure il coraggio di fare una piccola riforma a costo zero come la liberalizzazione delle telefonate.
Per finire, dovremmo forse sentirci rassicurati dalla creazione di una task force, espressione con cui si indica “un ristretto gruppo di persone, altamente competenti e/o specializzate, con funzioni e compiti specifici al compimento di un’operazione o di uno scopo”, task force che una volta a settimana dovrebbe riunirsi. Per fare cosa? Come cittadina coinvolta nella vita delle persone detenute a tal punto, che nel mese di luglio entro ancora ogni giorno, con tanti volontari, per garantire una boccata di ossigeno a chi deve vivere questa estate asfissiante in galera, vorrei sapere da chi è composta e cosa farà questa “task force”. Chiedo troppo?
*Direttrice di Ristretti Orizzonti
l'Unità