Disarmare il 2 giugno, un Paese pacifico non ha bisogno di parate militari

La Festa della Repubblica
Perché mai la celebrazione della Repubblica e della vittoria al referendum dovrebbe essere festeggiata con fucili e carri armati? Dubbi forti, che il partigiano Lelio Basso espresse nel ‘76 a Forlani

Se i miei soldati cominciassero a pensare, nessuno rimarrebbe nelle mie file. (Federico Il Grande)
Ho guardato tutti i video televisivi della sfilata delle forze armate ai Fori Imperiali per la festa della Repubblica. Contento per essere sopravvissuto alla prova potenzialmente suicida, devo dire con schiettezza che sono stato sopraffatto da una noia pervasiva. Visti passare un paio di reparti, la sequela semi infinita di tutti gli altri non è che una ripetizione meccanica. Cambiano, certo, i colori, più o meno variopinti, delle uniformi, dei cappelli, dei berretti, ma è lo stesso passo marziale, che fa rassomigliare gli uomini e le donne a manichini semoventi. E le donne, in particolare, con la loro femminilità imprigionata dentro la divisa, appaiono improbabili e persino penose, quando ostentano la grinta che imita quella dei maschi guerrieri.
Poi il tripudio delle armi, una selva di pistole e fucili su per giù tutti uguali, imbracciati con ruvida fierezza, come se di lì a breve dovessero cominciare a sparare. E la esibizione dei mezzi blindati, dei carrarmati tutti tirati a lucido, quasi fossero giocattoli, come se la loro finalità non fosse quella di uccidere. Non un sorriso da parte degli “sfilanti”, nemmeno a pagarlo a peso d’oro, come se la patria non potesse essere difesa con serenità. Il rispetto nei confronti del presidente della Repubblica, patrocinante dello spettacolo, e di ogni fante marciante, non è in contrasto con la domanda da porsi: è proprio necessaria questa annuale esibizione corrusca? “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”: netto, l’art. 11 della Costituzione. Ma rispettato solo a parole. Come quando l’Italia bombardò Belgrado (Mattarella ministro della Difesa, D’Alema presidente del Consiglio), la Libia, l’Afghanistan.
Quanta ipocrisia, dunque, nella festa del 2 giugno! In proposito mi viene in mente una lettera che Lelio Basso, partigiano e uno dei padri della Costituzione, scrisse nel 1976 all’allora ministro della Difesa Arnaldo Forlani, ringraziandolo per avere sospeso la parata del 2 giugno dato il devastante terremoto in Friuli. È utile riportarne qualche passo. Dopo avere espresso l’augurio che la sospensione divenisse “una soppressione”, Basso scrive: “Non avevo mai capito perché si dovesse celebrare la festa nazionale del 2 giugno con una parata militare. (…) Il 2 giugno fu una vittoria politica, la vittoria della coscienza civile e democratica del popolo sulle forze monarchiche e sui loro alleati: il clericalismo, il fascismo, la classe privilegiata”.
(…) “Le forze armate hanno mantenuto lo spirito caratteristico del passato, il carattere autoritario e antidemocratico dei corpi separati. (…) I nostri governanti hanno favorito questa situazione spingendo ai vertici della carriera elementi fascisti, come il gen. De Lorenzo, ex comandante dei carabinieri, ex capo dei servizi segreti ed ex capo di stato maggiore e, infine, deputato fascista; come l’ammiraglio Birindelli, già assurto a un comando Nato e poi diventato anche lui deputato fascista; come il gen. Miceli, ex capo dei servizi segreti e ora candidato fascista alla Camera”. Dopo avere richiamato l’art. 1 della Carta , “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, Basso auspica con vigore che “a celebrare la vittoria civile del 2 giugno si chiamino le forze disarmate del lavoro che sono per definizione forze di pace, forze di progresso”.
Certo, la lettera è datata. Dal 1972 ad oggi una diversa sensibilità democratica si è fatta strada dentro le forze armate, ma è altrettanto vero che ci sono tuttora corpi militari a prevalente orientamento neofascista. Delle affermazioni di Basso credo che bisogna far tesoro soprattutto dell’idea di festeggiare il 2 giugno (per celebrare degnamente il referendum che nel 1946 fece transitare il Paese dalla monarchia alla repubblica) con una grande manifestazione di rappresentanti di tutte le categorie del mondo del lavoro, compreso un drappello – drappello, sottolineo – delle forze militari senza armi, in quanto anch’esse composte da lavoratori… Immaginiamo il contesto: i Fori Imperiali percorsi da un immenso corteo di giovani, di donne, di uomini, riconoscibili per categorie professionali (dagli agricoltori agli operai delle industrie, dagli artigiani ai colletti bianchi ecc.), che sfilano rendendo omaggio alle autorità civili. Sarebbe un… sottosopra… memorabile. Tanto più di questi tempi, caratterizzati dalla tendenza parossistica all’aumento delle spese militari per il riarmo. Ah! Se il presidente della Repubblica, quello del Consiglio e le forze politiche lo capissero! Significherebbe il raggiungimento di una nuova consapevolezza civile. Un Paese che persegue davvero la pace non ha bisogno di fare parate di armi.
l'Unità