Donne, migranti e giovani: quali sono i migliori progetti per una società più inclusiva?

In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, costruire una società inclusiva e solidale non è solo un obiettivo auspicabile, ma una necessità urgente. L'inclusione e la solidarietà rappresentano i pilastri fondamentali per garantire una convivenza civile, giusta e sostenibile, capace di valorizzare ogni individuo nella sua unicità. Una società inclusiva è una società che accoglie e valorizza le diversità. Che si tratti di differenze culturali, etniche, religiose, di genere, di orientamento sessuale o di abilità fisiche e cognitive, ogni persona ha diritto a essere rispettata e a trovare uno spazio dove esprimersi pienamente. Promuovere l'inclusione significa abbattere le barriere - fisiche, sociali e culturali - che ancora oggi escludono milioni di persone dalla piena partecipazione alla vita sociale ed economica.
L'obiettivo della Fondazione UnipolisEd è proprio questo che fa Fondazione Unipolis, la fondazione d'impresa del Gruppo Unipol, che dopo il successo dell'anno scorso, rinnova il proprio impegno con l'avvio del nuovo Bando ACT - Aspirare. Coinvolgere. Trasformare, un'iniziativa in linea con il nuovo Piano Strategico triennale 2024-2026 e destinata a progetti volti a favorire una società più inclusiva e solidale. Con uno stanziamento complessivo di 400 mila euro, il bando si rivolge a organizzazioni del Terzo Settore e altri soggetti impegnati nella lotta alle disuguaglianze, nella promozione di una mobilità sostenibile e nel miglioramento del welfare.
Lo scopo principale del Bando è sostenere le persone più fragili, facilitando l'accesso alle opportunità, all'autonomia e ai diritti, contribuendo così alla creazione di una cittadinanza attiva e inclusiva. L'obiettivo è favorire il protagonismo dei giovani, l'integrazione delle persone migranti e la promozione della parità di genere.
Le tre aree di attivitàPer raggiungere tali finalità, la Fondazione si impegna in tre aree di attività, che corrispondono alle categorie in cui è articolato il bando:
- Disuguaglianze: sostegno a progetti che contrastino le disparità educative, economiche e sociali, promuovendo percorsi di crescita e autonomia. Saranno privilegiate iniziative che incentivino pari opportunità nell’ambito dell'occupazione giovanile, del diritto allo studio e alla formazione, nelle questioni di genere;
- Mobilità: supporto a proposte che accrescano la consapevolezza su rischi e regole della strada, promuovano un suo uso condiviso per il miglioramento della vita di tutti (soprattutto dei soggetti più vulnerabili), realizzino infrastrutture digitali e fisiche per la sicurezza stradale;
- Welfare: finanziamento di progetti che rispondano alle nuove esigenze sociali, migliorando il benessere psico-fisico e l'accesso ai servizi sociosanitari per chi ha difficoltà di accesso (barriere sociali, economiche, culturali, geografico-territoriali). Unipolis intende sostenere anche progetti di contrasto alla denatalità e di supporto dell'invecchiamento attivo.
E per capire da dove è partita l'idea del bando, a chi sono maggiormente destinati i progetti tra donne e migranti e su come fermare il fenomeno della denatalità abbiamo intervistato la direttrice di Fondazione Unipolis Marisa Parmigiani che a Luce! ha svelato anche i prossimi obiettivi.
Come funziona il Bando ACT - Aspirare. Coinvolgere. TrasformareDa dove è partita l'idea del lancio del bando Aspirare. Coinvolgere. Trasformare, che già nel nome ha chiaro il proprio obiettivo?
“La Fondazione Unipolis l'anno scorso ha definito e adottato un nuovo piano triennale attraverso il quale ha anche modificato la propria mission portando in evidenza un impegno diretto a favore dei più vulnerabili. Con il piano attuale la Fondazione ha ritenuto importante, vista la situazione del nostro paese, assumere un ruolo meno di ricerca e più diretto verso una creazione di utilità e di valore per i beneficiari finali. Ha quindi identificato il supporto ai più vulnerabili come la priorità macro e l'ha declinata su tre ambiti: welfare, mobilità e disuguaglianze. L'elemento di fondo è quello di dare soldi a soggetti che lavorino direttamente con i più fragili per supportarli nel raggiungimento della propria autonomia. Perché un bando? Un bando perché il nostro paese ha un terzo settore molto vivace, molto ricco. Quindi il bando ci serve ad uscire dalla dimensione relazionale. Cioè aprire alla possibilità di accedere a queste risorse ad un maggior numero di soggetti. E' un bando che non vuole indurre alla costruzione di progetti ad hoc ma vuole essere un erogatore per progetti che sono stati pensati e che sono nel core delle organizzazioni. E' questa la ragione per la quale siamo abbastanza vaghi nel bando, siamo molto aperti. Quello che chiediamo è più nelle caratteristiche del progetto. Progetto che deve avere un'idea di impatto. Quindi chiediamo di darci il quadro logico per capire se hanno chiaro che tipo di impatto produrrà sui beneficiari. Deve essere un progetto che poi perduri e costruisca attraverso le nostre risorse qualcosa che poi resti. Si tratta di risorse che vengono impiegate proprio per avviare attività che poi possono essere realizzate e sostenute in autonomia dall'organizzazione. Queste sono le caratteristiche principali del nostro bando che vogliamo risponda alla duplice idea di essere trasparenti e accessibili al terzo settore da un lato e dall'altro a supportare la durevolezza dell’azione di quest’ultimo“.
L'anno scorso avete visto la partecipazione di 565 progetti, un'ottima risposta da parte del nostro Paese. Quanto vi rende orgogliosi tutto questo e quanti ve ne aspettate quest'anno?
“Ci ha reso orgogliosi perché provenivano da tutte le parti d'Italia da organizzazioni tra di loro molto diverse, con livelli dimensionali, tipologie organizzative, impiego di volontari, molto differenti. E questo è sicuramente un valore aggiunto. Quest'anno però ce ne aspettiamo meno perché pensiamo che dopo aver visto chi è stato selezionato l'anno prima forse c'è un'automatica riduzione dei progetti che non sono esattamente in focus. L'anno scorso, ad esempio, nonostante avessimo ribadito che ci doveva essere un impatto diretto sul beneficiario finale ci sono stati comunque sottoposti dei progetti magari più di ricerca. Penso che quei tipi di progetti si autoeliminino, che vadano a cercare risorse altrove. Noi come Fondazione speriamo e contiamo nella qualità dei progetti. L'altro tema di quest’ultimi forse è che sono molto local base. Nel senso che preferiamo interventi che siano molto mirati. I progetti più diffusi, territorialmente più articolati, rischiano di essere meno efficaci. Infatti, abbiamo selezionato anche organizzazioni minori ma che lavoravano conoscendo perfettamente il contesto nel quale operavano“.
Donne e migranti: i progetti che fotografano la situazione in ItaliaFacciamo un po' un quadro generale. L'anno scorso molti dei progetti che hanno vinto riguardavano giovani donne, mamme, donne in stato di gravidanza, sintomo di un'attenzione maggiore per queste figure in Italia. Credete che quest'anno molti dei progetti riguarderanno ancora queste situazioni?

“Chi lo sa. Sicuramente è un tema. Nel nostro paese la demografia è un'emergenza istituzionale, politica, nazionale ed economica. Noi abbiamo veramente un problema di come creiamo le condizioni perché la genitorialità non sia un momento difficile da affrontare in solitudine. Se dovessimo dire quali temi di welfare sono prioritari sicuramente sarebbero quello della genitorialità, soprattutto nei primi anni di vita, e quello degli anziani. Sono due facce della stessa medaglia dei cambiamenti demografici. Perché abbiamo sostenuto e speriamo di sostenere anche quest'anno progetti su giovani genitori? Perché crediamo che sia importante scommettere sulle generazioni future“.
In questo senso i migranti sono “passati di moda“?
“No, anzi. In realtà, se abbiamo avuto due progetti vincitori rivolti alle donne con bambini ne abbiamo avuti anche due rivolti ai migranti. Tra l'altro uno sul quale abbiamo scommesso è quello di un'organizzazione molto piccola in Puglia che opera a Cerignola e che tratta un tema davvero significativo. Di come garantiamo i servizi minimi sanitari ai migranti. E' un tema che mette insieme in qualche modo disuguaglianza e welfare. L'altra vista sui migranti che abbiamo selezionato è perché sono proprio gli invisibili. Cioè sono i ragazzini che arrivano da soli. Che finché sono minorenni sono comunque all'interno di un sistema di presidio. Il problema è che al compimento del diciottesimo anno di età vengono abbandonati a loro stessi. Se i nostri figli di diciotto anni gli portiamo in macchina a scuola, loro pensiamo che siano indipendenti nella gestione non solo della propria vita ma anche delle complicatissime questioni burocratiche collegate“.
Come fermare il fenomeno della denatalità e quello delle barriere sociali verso la comunità Lgbt+Sostenete anche progetti di contrasto alla denatalità. Secondo una stima il 2025/2026 si aprirà con oltre 134mila studenti in meno tra i banchi di scuola. Come fermare questo fenomeno che sembra inarrestabile?
“Il fenomeno è veramente complesso e ha bisogno di una pluralità di attori che collaborino e cooperino affinché quest'ultimo possa essere anche solo adeguatamente analizzato e compreso. Siamo ancora alla necessità di comprendere i processi e le sue ragioni“.
Come fare invece per fermare le barriere che ostacolano la comunità Lgbt+?
“Si fermano con tanta sensibilizzazione e tanta cultura. Siamo un paese ancora arretrato rispetto alla coabitazione tra portatore di visione e di interesse diversi. Tutto sommato abbiamo una matrice culturale dominante e quindi su questo abbiamo bisogno di lavorare. In realtà, credo che una parte importante di questo lavoro la debba fare la cultura intesa in senso lato. Dal Festival di Sanremo al talk show televisivo. Nel senso che dobbiamo parlare alle persone. Non necessariamente dobbiamo educare, ma dobbiamo far vivere il messaggio dell'uguaglianza nella diversità e quindi dell'equità nei diritti. Credo che questa cosa debba essere più sentita che spiegata. E credo che l'arte possa avere un ruolo perché può lavorare sulla parte emozionale delle persone piuttosto che esclusivamente su quella razionale“.
Uno sguardo al futuroIl vostro lavoro per creare una società più solidale ed equa è un lavoro quotidiano, di tutti i giorni. Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
“Abbiamo due obiettivi sfidanti di due progetti che stiamo per far uscire. Il primo sui migranti che sono il cuore del nostro progetto sulla mobilità. Vorremmo supportare il percorso di autonomia alla mobilità e di educazione alla sicurezza stradale dei migranti. Questo è sfidante nel senso che l'autonomia nella mobilità è la chiave per costruire l'autonomia economica e l'indipendenza delle persone. Quindi crediamo sia un fattore abilitante nei loro processi di integrazione. Lavoreremo con UNHCR per intercettare le persone. Non è facile viste le loro priorità di breve periodo portare a bordo percorsi di formazione. La seconda sfida invece è quella di portare più accesso alla salute nelle aree interne soprattutto per le popolazioni anziane cioè quelle che fanno più fatica a muoversi. Qua farà molto la nostra capacità di rendere accessibile i percorsi di telemedicina. Anche questa è una bella sfida nel senso che sicuramente c'è un bisogno, un bisogno forte di presidiare la salute nelle aree meno raggiungibili. Abbiamo vissuto anni e anni di desertificazione dell'offerta sanitaria. Non possiamo pensare di risolverla costruendo degli ospedali. Oggi in Italia la telemedicina esiste ma è molto poco utilizzata rispetto ad altri paesi perché anche in questo caso, da alcuni punti di vista, c'è un retaggio culturale. Usiamo moltissimo internet ma in realtà siamo poco digitalizzati nei servizi fondamentali. In definitiva, lavoreremo ancora una volta con i più fragili perché in tal senso gli anziani sul tema della digitalizzazione sono tra questi“.
Luce