Il gran risiko delle Regionali. Zaia guarda a Roma, stallo in Puglia


A sinistra il leader del M5s, Giuseppe Conte, 60 anni, a destra la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, 40 anni
Più politiche che regionali. Sarà che si tratta dell’ultima consultazione prima del 2027, ma mai come per la tornata d’autunno trattative e intese sulle Regioni sono state più accentrate a Roma. Sancita la quadra nel centrosinistra all’insegna del campo più o meno largo, la maggioranza indugia sul nodo dirimente della successione al doge veneto e leghista eretico Luca Zaia, la cui ricollocazione al governo potrebbe intrecciarsi anche con la Campania. Ieri il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi, ha annunciato che domani la coalizione potrebbe dirimere la matassa e prospettato un incarico per Zaia, pur escludendo ogni ipotesi di rimpasto, da sempre scansata come la peste da Giorgia Meloni. Più scettici sulla pronta risoluzione della diatriba i fedelissimi del governatore. Martedì 29 luglio, invece, la direzione del Pd sarà chiamata a vidimare il quadro delle candidature e le alleanze già sancito.
VENETO
Di certo si chiuderà la quindicennale ‘Era Zaia’ dai consensi inusitati e bipartisan. La vittoria del centrodestra è garantita. Resta semmai da accertare se il doge intenda misurarsi con una lista personale, a scapito della Lega in primis. E senza neanche candidarsi, date le aspirazioni di governo. A partire di qui la vicenda plana sotto il Vesuvio. Nelle ultime ore ha tenuto banco il "lodo Piantedosi", che vedrebbe il ministro schierato in Campania, dove tuttavia la sfida si è rifatta improba dopo il viatico di De Luca all’asse Pd-M5s. Anche l’eventualità che Piantedosi lasci posto al ritorno al Viminale di Salvini, che cederebbe le Infrastrutture a Zaia, è del resto peregrina, data la riluttanza di Mattarella e Meloni. Un micro valzer potrebbe riguardare il Turismo, dove Santanché traballa, o l’Agricoltura, se Lollobrigida sostituisse la ministra. L’idea Piantedosi sarebbe propedeutica a un nome di FdI (il coordinatore Luca De Carlo) o di area (Matteo Zappas) in Veneto. Ma i leghisti da quest’orecchio non ci sentono e tengono in lizza il segretario veneto e deputato Alberto Stefani o il sindaco di Treviso Mario Conte. Mentre per il centrosinistra corre l’ex sindaco della città Giovanni Manildo.
CAMPANIA
Al netto del lodo suddetto, per il centrodestra resta in pole il vice ministro degli esteri di FdI Edmondo Cirielli. Nel centrosinistra, invece, il governatore Vincenzo De Luca ha deposto il veto sul M5s Roberto Fico, sostenuto da Schlein e Conte, in cambio di una rappresentanza in giunta e dell’immunità da rappresaglie per il figlio deputato Piero; senza contare che, "se vuol tornare sindaco di Salerno, può farlo senza chiedere" permessi. Soluzione assecondata da minoranza Pd e Italia Viva. Ma respinta da Azione, sempre ostica all’asse coi pentastellati (a partire dall’inceneritore di Acerra).
MARCHE
Fautore del dialogo da quando era sindaco di Pesaro, l’alleanza coi 5 stelle propugnata da Matteo Ricci ha generato la defezione di Azione (sempre a partire dal discusso termovalorizzatore). L’europarlamentare dem è altresì colui che potrebbe modificare la contabilità elettorale, se riuscisse a battere il governatore di FdI Francesco Acquaroli. E ad ora sarebbe in vantaggio.
PUGLIA
L’europarlamentare dem ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro non spasima di ritrovarsi in Consiglio due illustri predecessori del calibro di Vendola e Emiliano. Se per l’esponente di Avs "deve farsene una ragione", il governatore uscente in lista per il Pd rischia invece di ingombrare alquanto quello entrante. Perciò si starebbe pensando ad un incarico in giunta nell’attesa del prossimo trasloco di Emiliano a palazzo Madama nel 2027. Centrodestra invece in alto mare. In assenza di nomi forti, al momento il più accreditato nel feudo dell’eurocommissario Raffaele Fitto è il deputato di FI Mauro D’Attis.
TOSCANA
Al netto delle indiscrezioni, la conferma del dem Eugenio Giani non è mai stata in discussione, pena la sconfessione di "una stagione e una cultura di governo". A minacciare la ricandidatura sono statr le trattative romane coi 5 stelle e qualche vagheggiamento interno al partito. Ma Giani ha rimontato sull’onda della legge sul fine vita che piace a elettori e dirigenza dem. Lo sfiderà il sindaco di Pistoia di FdI Alessandro Tomasi, il più competitivo rispetto ai predecessori.
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