Seleziona la lingua

Italian

Down Icon

Seleziona Paese

Italy

Down Icon

Intervista integrale a cura di Tucker Carlson con il Presidente dell’Iran Pezeshkian

Intervista integrale a cura di Tucker Carlson con il Presidente dell’Iran Pezeshkian

In un momento cruciale per il Medio Oriente e la pace mondiale, questa intervista esclusiva offre uno sguardo diretto sulla posizione dell’Iran riguardo alla guerra, al nucleare, al ruolo degli Stati Uniti e all’influenza di Israele. La trasparenza e il tono diretto del Presidente iraniano meritano di essere ascoltati e valutati senza filtri, al di là della propaganda e delle letture unilaterali.Di seguito, il video integrale e la trascrizione completa in italiano, per chi desidera approfondire e giudicare con i propri occhi.

Tucker Carlson: Signor Presidente, grazie per aver accettato questa intervista. Al momento sembra esserci una tregua, o almeno una pausa, nella guerra tra Stati Uniti e Iran. Come pensa che finirà questo conflitto? Come vorrebbe che finisse?

Presidente dell’Iran Masoud Pezeshkian: Siamo stati noi a subire questa guerra. Non l’abbiamo iniziata e in alcun modo desideriamo che continui. Fin dall’inizio del mio mandato, il principio guida della mia amministrazione è stato quello di promuovere l’unità nazionale nel Paese e di coltivare relazioni pacifiche, stabili e amichevoli con i nostri vicini e con il resto del mondo.

Carlson: Il presidente americano Donald Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno bombardato le vostre strutture di arricchimento nucleare perché il governo iraniano si è rifiutato di abbandonare il programma nucleare. Secondo lui non potrà esserci pace finché l’Iran non rinuncerà a quel programma. Sareste disposti a farlo, in cambio della pace?

Presidente: Vorrei innanzitutto chiarire ciò che è accaduto. Sin dal 1984, Netanyahu ha diffuso l’idea falsa che l’Iran ambisse alla bomba nucleare. Ha insinuato questo sospetto nelle menti di ogni presidente americano da allora in poi, facendogli credere che noi desiderassimo un’arma atomica. Ma la verità è un’altra: non abbiamo mai cercato di sviluppare un ordigno nucleare, né in passato, né oggi, né lo faremo in futuro. Questo perché lo consideriamo moralmente sbagliato e in totale contrasto con il decreto religioso — la fatwa — emanato dalla Guida Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran, che vieta categoricamente la costruzione e l’uso di armi nucleari.

Questo divieto religioso è stato sempre confermato dalla nostra cooperazione con l’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che ha potuto verificare regolarmente che non c’erano tracce di un programma militare. Purtroppo, questa collaborazione è stata compromessa dagli attacchi illegittimi contro le nostre installazioni nucleari.

Carlson: Secondo alcune fonti, l’Iran avrebbe sospeso la cooperazione con l’AIEA. Di conseguenza, non ci sarebbe più alcun modo per sapere quanta uranio stiate arricchendo e a che livello. Sareste disposti a permettere che altri Paesi verifichino che non state costruendo armi nucleari?

Presidente: Signor Carlson, le faccio notare che eravamo nel pieno dei negoziati con gli Stati Uniti, su loro invito, per cercare una soluzione pacifica. Durante i colloqui ci era stato detto chiaramente che finché non avessimo concesso a Israele determinate autorizzazioni, loro non ci avrebbero attaccati. Eravamo prossimi a un nuovo round di colloqui quando Israele ha improvvisamente fatto saltare tutto: un attacco che ha distrutto il tavolo delle trattative.

Questo ha mandato in frantumi ogni tentativo diplomatico. Detto ciò, siamo ancora disposti a discutere di un eventuale ripristino della supervisione sul nostro programma nucleare. Non siamo mai stati noi a sottrarci ai controlli. Ma gli attacchi americani alle nostre strutture hanno danneggiato gravemente molte attrezzature. Attualmente non abbiamo nemmeno accesso ad alcune parti delle installazioni. Prima che qualsiasi verifica possa riprendere, bisogna capire l’entità dei danni e ripristinare l’accesso.

Carlson: Alcuni rapporti sostengono che il vostro governo ritenga che l’AIEA stesse spiando per conto di Israele. È vero? E avete prove che il mondo possa vedere?

Presidente: Sì, avevamo una certa diffidenza nei confronti dell’AIEA, perché ci siamo accorti che Israele sembrava ricevere informazioni raccolte durante le ispezioni. Tuttavia, non abbiamo mai impedito all’AIEA di operare nel Paese: hanno sempre avuto pieno accesso per monitorare le nostre attività nucleari. Ma dopo l’ultimo rapporto dell’Agenzia — per come è stato redatto e presentato — Israele ha trovato un pretesto per lanciare un attacco ingiustificato. E l’AIEA non ha nemmeno condannato quell’aggressione, in violazione del diritto internazionale. Questo silenzio ha generato una profonda sfiducia, sia tra i nostri legislatori che tra l’opinione pubblica.

Carlson: Lei ha detto di essere ansioso di risolvere le tensioni con gli Stati Uniti tramite la diplomazia, ma tutto è stato interrotto dalla guerra. Sarebbe disposto a riavviare il dialogo? E quale tipo di accordo sarebbe disposto ad accettare, concretamente?

Presidente: Credo fermamente che le nostre divergenze con gli Stati Uniti possano essere risolte attraverso il dialogo e la diplomazia. Il diritto internazionale potrebbe rappresentare la base per un accordo equo, in cui vengano rispettati i diritti di tutte le nazioni, compreso il nostro. Ma, purtroppo, come ho detto, è stato Netanyahu a sabotare ogni sforzo diplomatico, fomentando instabilità e conflitti nella regione.

Il mio principio è sempre stato quello di promuovere la pace. Credo profondamente che, nel breve tempo che Dio ci concede su questa terra, si debba vivere in armonia con gli altri. Detto questo, ci tengo a ribadire che il nostro popolo è in grado di difendersi da qualsiasi attacco. E credo che il Presidente degli Stati Uniti abbia la responsabilità di scegliere: può guidare il mondo verso la pace oppure trascinarlo in guerre senza fine.

Carlson: Avete in programma di riprendere i negoziati con gli Stati Uniti, ad esempio con l’inviato Steve Witkoff o con altri interlocutori? E in caso contrario, cosa pensa che accadrà?

Presidente: Noi non abbiamo alcun problema a riprendere i negoziati. Tuttavia, devo ricordare che a causa dei crimini commessi dal regime israeliano — non solo contro l’Iran, ma in tutta la regione — ci troviamo oggi di fronte a una vera crisi. I nostri comandanti sono stati uccisi mentre erano a casa con le loro famiglie, fuori servizio. Questo, secondo il diritto internazionale, è un crimine di guerra.

Anche i nostri scienziati sono stati assassinati insieme ai loro cari. Donne incinte, bambini, intere famiglie sono state uccise solo per colpire un singolo obiettivo. Hanno raso al suolo interi edifici per eliminare una persona. Davanti a questi atti, prima di poter parlare di negoziati, dobbiamo chiederci: come possiamo ancora fidarci degli Stati Uniti? Se torniamo al tavolo delle trattative, chi ci assicura che nel bel mezzo del dialogo Israele non riceverà di nuovo via libera per attaccarci?

Carlson: Lei ritiene che il governo israeliano abbia tentato di assassinarla?

Presidente: Sì, ci hanno provato, hanno agito concretamente, ma hanno fallito. E come uomo di fede, credo che solo Dio possa decidere il momento della morte. Si può morire anche camminando liberamente per strada, se Dio lo vuole. Ma voglio essere chiaro: non ho paura di sacrificare la mia vita per difendere la sovranità, la libertà e l’indipendenza della mia nazione.

Siamo pronti a dare il sangue per questo. Nessuno tra i membri del governo teme di morire per difendere il proprio popolo. Ma mi chiedo: tutto questo sangue versato porterà davvero sicurezza nella regione? Assassinii, uccisioni, violenze… porteranno mai pace e stabilità?

Carlson: Con rispetto, può dirci come sa con certezza di essere stato bersaglio di un attentato? Non mi pare sia stato confermato ufficialmente.

Presidente: È vero, non sono stati gli Stati Uniti, ma Israele. Mi trovavo in riunione, stavamo discutendo il percorso da seguire, quando grazie all’intelligence abbiamo scoperto che l’area in cui si teneva l’incontro era stata presa di mira per un bombardamento. Ma, ancora una volta, Dio ha voluto diversamente. E ripeto: non temiamo il martirio. L’aggressione imposta da Israele ha avuto un effetto chiaro: ha rafforzato l’unità e la solidarietà del popolo iraniano, sia in patria che tra gli iraniani all’estero. Ha dimostrato quanto la nostra gente tenga alla sovranità e all’integrità della madrepatria.

Questa aggressione ha solo rafforzato la nostra coesione interna. Il mio appello agli Stati Uniti è semplice: non entrate in una guerra che non vi appartiene. Questa non è la guerra dell’America, è la guerra personale di Netanyahu, che persegue il suo disegno di destabilizzazione dell’intera regione.

Carlson: Molti americani hanno paura dell’Iran. Lei dice di non avere paura, ma negli Stati Uniti molti temono che l’Iran voglia colpirci con un’arma nucleare. Vedono video di iraniani che urlano “Morte all’America” e che definiscono il nostro Paese “il grande Satana”. Come risponde a queste paure? Dovremmo temere l’Iran?

Presidente: Credo che si tratti di un malinteso profondo e ingiustificato. Mi permetta di ricordarle che l’Iran non ha mai invaso un altro Paese negli ultimi 200 anni. Quando alcuni manifestanti gridano “Morte all’America”, non intendono la morte per il popolo americano, né per i suoi rappresentanti. Quello slogan esprime il rifiuto verso i crimini, verso le guerre, verso chi semina morte e distruzione.

È uno slogan contro l’oppressione, contro l’uso della forza. Ma mi dica: ha mai sentito parlare di un iraniano che abbia ucciso un cittadino americano? Di un attentato terroristico commesso da un iraniano contro gli Stati Uniti? No, perché non è mai accaduto.

È stato un presidente degli Stati Uniti stesso ad affermare che è stata l’America a creare l’ISIS nella nostra regione. Ecco da dove viene questa immagine distorta dell’Islam. Quindi, ancora una volta, “Morte all’America” significa morte ai crimini, all’arroganza, alla sopraffazione. Non è un augurio contro gli americani come persone.

Carlson: Due ayatollah iraniani hanno emesso una fatwa contro Donald Trump. Cosa significa esattamente? E lei cosa ne pensa?

Presidente: Per quanto ne so, non è stata emessa alcuna fatwa contro un individuo specifico, né contro Donald Trump. Inoltre, ciò non ha nulla a che vedere con il governo iraniano o con la Guida Suprema. Quelle dichiarazioni erano una condanna di carattere generale contro chi offende le religioni o le figure religiose, e in nessun caso si trattava di una minaccia rivolta a una persona in particolare.

Se alcuni individui hanno espresso opinioni personali, queste non devono essere interpretate come una posizione ufficiale del governo o come una minaccia.

Carlson: L’Iran ha mai sostenuto o organizzato un attentato contro Donald Trump?

Presidente: Questo è esattamente ciò che Netanyahu cerca di insinuare per far credere al vostro popolo e al vostro presidente che sia vero. Ma non lo è. Come ho detto, Netanyahu ha un’agenda propria: vuole trascinare gli Stati Uniti in guerre senza fine, alimentando instabilità e insicurezza in tutta la regione.

Carlson: Negli Stati Uniti vivono molti cittadini di origine iraniana. Alcuni sostengono che esistano delle “cellule dormienti” legate al vostro governo, pronte ad agire. Può lanciare un appello affinché non vengano compiuti atti di violenza?

Presidente: Quello che mi dice è la prima volta che lo sento. Gli iraniani sono conosciuti per la loro cultura, per la scienza, per la civiltà e per la gentilezza. Ha forse visto altri comportamenti? Atti violenti? Qualcuno ha mai testimoniato qualcosa di simile?

Sono insinuazioni che provengono da Israele, che vuole instillare paura nella vostra opinione pubblica, per spingervi verso una guerra nella nostra regione. Ma non è nell’interesse degli Stati Uniti entrare in un simile conflitto.

Carlson: Non molto tempo fa, durante il periodo rivoluzionario, l’Iran aveva rapporti commerciali con Israele, e sembra abbia persino acquistato armi. Cosa è cambiato?

Presidente: È stato Israele a distruggere quel rapporto. Guardate cosa ha fatto negli ultimi anni in Palestina, a Gaza: bombardamenti su scuole, ospedali, civili, bambini. Blocchi su cibo e medicinali. Tutto questo equivale a un genocidio. È questo comportamento criminale a rendere impossibile una relazione con Israele. E voglio chiarire: non abbiamo mai ricevuto armi da Israele. Neppure in passato.

Anche durante la guerra con l’Iraq non volevamo combattere: quella guerra ci è stata imposta, proprio come questa lo è oggi. Noi non abbiamo attaccato Israele. È Israele che ha attaccato noi.

Carlson: Riuscirebbe a immaginare, al termine di un processo diplomatico, un futuro in cui le aziende americane tornino a investire in Iran, le sanzioni vengano revocate, e si torni alla pace? È questo il suo obiettivo? Lo ritiene possibile?

Presidente: Fin dall’inizio del mio mandato ho lavorato per rafforzare l’unità interna e migliorare i rapporti con i Paesi vicini. In un colloquio con la Guida Suprema, Sua Eminenza ha affermato chiaramente che non esiste alcun ostacolo alla presenza di investitori americani in Iran. Nemmeno oggi.

L’unico limite è rappresentato dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti, non da noi. Ma ancora una volta: è Israele a ostacolare la pace, è Israele che non vuole stabilità nella regione. Eppure, credo fermamente che il Presidente Trump abbia la possibilità — e la responsabilità — di guidare il mondo verso un futuro migliore. Può scegliere: trascinare l’America in un pantano di guerra, oppure mettere Israele al suo posto e costruire una nuova era di pace e cooperazione.

Carlson: Se dovesse scoppiare una guerra su più vasta scala, potete contare su un sostegno militare o economico da parte di Russia e Cina?

Presidente: Noi abbiamo sempre riposto la nostra fiducia in Dio. E siamo pienamente capaci di difenderci da soli, fino all’ultima goccia di sangue. Come ho già detto: non vogliamo la guerra, non vogliamo armi nucleari. L’immagine distorta che hanno di noi i decisori americani è il frutto delle manipolazioni orchestrate da Netanyahu.

Il presidente degli Stati Uniti deve sapere che un’altra guerra significherebbe soltanto più instabilità in Medio Oriente. E non sarebbe nell’interesse né del presidente americano né del popolo statunitense. Al contrario, dovrebbe scegliere la via della pace. Noi siamo pronti. Lo siamo sempre stati.

Carlson: Signor Presidente, grazie per averci dedicato il suo tempo e per aver condiviso il suo punto di vista.

Presidente: Grazie a lei per avermi dato l’opportunità di esprimere ciò che ho nel cuore. Spero davvero che la pace e la tranquillità possano prevalere — non solo per il popolo americano e per i suoi rappresentanti, ma per tutto il mondo, e soprattutto per la nostra regione. Ancora grazie.

vietatoparlare

vietatoparlare

Notizie simili

Tutte le notizie
Animated ArrowAnimated ArrowAnimated Arrow