La Corte di Giustizia Ue boccia il governo sui migranti, Meloni tira dritto sull’Albania e si infuria con i giudici

La sentenza della CGUE
Insomma, ci si mettono anche i giudici europei a far svanire la volontà di sovranismo che, impraticabile nella realtà delle norme, aveva infiammato nei mesi scorsi anche lo scontro con i magistrati italiani che bloccavano le procedure di rimpatrio

Alla fine, dopo tanta attesa, la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sui centri per migranti costruiti dall’Italia in Albania è arrivata e ha dato torto al Governo. Che ovviamente non ha preso bene la doccia fredda su uno dei punti cardine del suo programma. La decisione, scrive la presidente del Consiglio Meloni sul suo profilo Instagram, “sorprende”. Ma più che sorpresa, la premier sembra furiosa: “Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche”, protesta Meloni.
Insomma, ci si mettono anche i giudici europei a far svanire la volontà di sovranismo che, impraticabile nella realtà delle norme, aveva infiammato nei mesi scorsi anche lo scontro con i magistrati italiani che bloccavano le procedure di rimpatrio. La premier continua: “Per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri, la Corte fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata persino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano”. Lo definisce “un passaggio che dovrebbe preoccupare tutti, incluse le forze politiche che oggi esultano” perché “riduce ulteriormente i già ristretti margini di autonomia dei Governi e dei Parlamenti” nella gestione dei migranti.
E sul finale azzarda: “Singolare – scrive Meloni – che ciò avvenga pochi mesi prima dell’entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti”. Ma assicura che – in attesa del Patto europeo – “il Governo italiano non smetterà di ricercare ogni soluzione possibile per tutelare la sicurezza dei cittadini”. Ancora più dure le parole del collega di maggioranza Matteo Salvini, che definisce la sentenza della Corte Ue “scandalosa, vergognosa, imbarazzante”. Addirittura “pericolosa” perché, dice il segretario leghista, “limita la possibilità di controllare i confini, contrastare i trafficanti di esseri umani, limitare gli sbarchi”. Ma si spinge più di tutti la meloniana Sara Kelany, che parla persino di “una assurdità antidemocratica”.
A sinistra la notizia viene ricevuta con tutt’altro umore. La segretaria del Pd Elly Schlein, durante un comizio nelle Marche, a Force, fa il verso a Meloni: “I centri in Albania non funzioneranno”, dice, in riferimento alla promessa che Meloni aveva fatto dal palco di Atreju (“i centri funzioneranno, dovessi lavorarci giorno e notte”, aveva detto la premier). “Chissà se anche stavolta diranno che li abbiamo ispirati noi – continua Schlein – chissà se anche stavolta diranno che la Corte europea cerca di bloccare la riforma della giustizia in Italia”. Piuttosto, continua la segretaria dem, “si prendano la responsabilità di non aver letto le leggi italiane ed europee e di aver fatto una scelta illegale con centri inumani in Albania che calpestano i diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo e per cui hanno sperperato più di 800 milioni di euro degli italiani, che potevamo usare per assumere medici e infermieri”.
Bonelli di Avs commenta definendo il Piano Albania “un fallimento politico, economico e giuridico”. Mentre per +Europa la decisione della Corte Ue è “la Caporetto di Giorgia Meloni”. L’Anm, che rappresenta i magistrati, sottolinea come la sentenza “conferma in modo inequivocabile la correttezza dell’interpretazione dei giudici italiani, più volte oggetto, in questi mesi, di pesanti attacchi pubblici”. Mentre il TAI, il Tavolo Asilo e Immigrazione, chiede al Governo “di prendere atto della pronuncia, cessare ogni iniziativa orientata alla riattivazione del Protocollo Italia-Albania, e ricondurre la politica migratoria all’interno del diritto internazionale ed europeo, e delle garanzie costituzionali”. Le intenzioni dell’esecutivo, però, sembrano di tutt’altra natura.
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