Le mine antiuomo e la Convenzione di Ottawa

Le mine antiuomo, eredità devastante di conflitti passati e presenti, tornano al centro del dibattito internazionale. Se la Convenzione di Ottawa del 1997 si propone di bandirne l'uso, la recente ondata di conflitti, in particolare in Ucraina, mette a dura prova la sua stabilità.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un decreto che avvia il processo formale per il ritiro del suo Paese dalla Convenzione, motivato dall'invasione russa. Questa mossa richiede ancora la ratifica parlamentare e la notifica alle Nazioni Unite per diventare effettiva.
Secondo Zelensky, la Russia, non essendo parte della Convenzione, usa massicciamente le mine antiuomo, creando un'asimmetria inaccettabile per la difesa ucraina. Simili intenzioni di ritiro sono state espresse anche da Polonia, Finlandia, Lituania, Estonia e Lettonia, tutti Paesi vicini alla guerra in Ucraina e dunque spinti da preoccupazioni per la sicurezza nazionale.
I paramedici trasportano un militare ucraino ferito da una mina antiuomo (AFP)
Le mine antiuomo hanno segnato profondamente la storia bellica, dal loro impiego massiccio nella Seconda Guerra Mondiale fino ai conflitti più recenti. La loro pericolosità non si esaurisce con la fine delle ostilità: rimangono trappole silenziose, mietendo per decenni vittime civili - spesso bambini che giocano con gli ordigni - a causa degli sminamenti spesso incompleti e costosi.
Fu proprio questa realtà a far nascere, dagli anni '70, un forte movimento internazionale contro le mine antiuomo. Il primo passo concreto verso la loro abolizione risale al 1977, durante la revisione della Convenzione di Ginevra. Successivamente, nel 1980, una Conferenza delle Nazioni Unite adottò la Convenzione su certe armi convenzionali, introducendo restrizioni significative attraverso il "Protocollo II".
Gli anni '90 videro un'intensificazione degli sforzi, con diverse ONG e Paesi, tra cui la Francia, che sollecitarono un rafforzamento delle disposizioni sulle mine terrestri. Questi sforzi culminarono nel 1997 con l'apertura alla firma della Convenzione di Ottawa.
mine antiuomo (SALEH AL-OBEIDI/AFP via Getty Images)
Firmata da 122 Stati a Ottawa il 3 dicembre 1997, la Convenzione è oggi uno strumento fondamentale per la messa al bando delle mine antiuomo. Attualmente, sono 165 gli Stati che aderiscono al Trattato, composto da un preambolo e 22 articoli.
Significativo è però il fatto che diverse grandi potenze militari, tra cui Cina, Russia, Stati Uniti d'America, Repubblica di Corea, Corea del Nord e Israele, non hanno né firmato né ratificato il Trattato. La loro non adesione rappresenta una delle principali sfide all'universalizzazione del Trattato.
Oltre al divieto dell'uso, la Convenzione di Ottawa stabilisce altri principi chiave:
Distruzione degli stock: Gli Stati firmatari si impegnano a distruggere tutte le mine antiuomo in loro possesso entro quattro anni dall'entrata in vigore del Trattato per il Paese interessato. L'unica eccezione riguarda piccole quantità per scopi di addestramento. A oggi, 157 Stati hanno eliminato le loro scorte, pari a oltre 47 milioni di ordigni a livello mondiale.
Bonifica delle aree minate: Il Trattato impone l'identificazione, la segnalazione e la bonifica delle aree contaminate entro dieci anni, con la possibilità di proroghe decennali. Questo processo è cruciale per la protezione dei civili e il ripristino della sicurezza post-conflitto.
Assistenza alle vittime: Elemento innovativo al momento della sua negoziazione, la Convenzione obbliga gli Stati "in grado di farlo" a fornire assistenza per la cura, la riabilitazione e la reintegrazione socio-economica delle vittime delle mine.
Trasparenza: Per garantire uno scambio costante di informazioni, la Convenzione prevede la presentazione di rapporti annuali sull'attuazione delle sue disposizioni, inclusi dettagli su stock, aree contaminate e sforzi di bonifica.
mine anticarro e antiuomo sulla strada da Irpin per Kiev (Rainews)
Rai News 24