Perché il Papa è diventato la più grande popstar del mondo

“We are with the young people of Gaza”. Pausa. Applausi. “We are with the young people of Ukraine”. Pausa. Applausi. Era la voce di papa Leone XIV di fronte alla spianata di Tor Vergata, piena di ragazzi venuti per il Giubileo dei giovani. Ragazzi che avevano dormito per terra, la notte prima, per esserci. Per essere presenti alla messa, e al discorso del papa.
La voce di papa Prevost, diciamola tutta, è espressiva e colorita come quella di Jannik Sinner. Eppure, qualcosa è successo. Qualcosa di enorme. È successo che c’erano un milione di persone, lì davanti. E in quel milione di persone, quelle parole sono risuonate. Dentro ciascuno di loro. Le parole di un papa che parla di pace. Che dice “I conflitti non si risolvono con le armi, ma col dialogo”.
Un milione di persone. Secondo il prefetto di Roma Lamberto Giannini, è questa la cifra dei presenti. E allora, ti viene da pensare una cosa: che il papa è la più grande popstar che ci sia oggi in Italia. Perché un milione di spettatori è una cifra da popstar.

Sono quattro volte gli spettatori di un concerto di Vasco Rossi, cinque volte quelli di Ligabue a Campovolo. Sono più del concerto dei Queen a Rio de Janeiro, che nel 1985 cantarono di fronte a 700mila spettatori. In pochissimi hanno affrontato maree umani più vaste: Madonna con oltre un milione e mezzo di spettatori, sempre a Rio de Janeiro, l’anno scorso.
In quel ristretto club dei milionari, delle band o delle star che hanno portato più di un milione di persone a guardare tutti verso lo stesso palco, ci sono i Rolling Stone, e c’è Rod Stewart. Che portò 3 milioni e mezzo di persone sulla spiaggia di Ipanema, per il Capodanno 1994. Fece lo stesso Jean-Michel Jarre, sempre con tre milioni e mezzo di persone, quando celebrò gli 850 anni di Mosca, nel 1997. Per dire: Simon & Garfunkel, a Central Park nel 1981, in uno dei concerti più celebrati della storia, non superarono il mezzo milione di spettatori. Il papa è arrivato, dice la questura, a un milione tondo. È vero che, in quel caso, non c’era da pagare il biglietto. Ma sono comunque numeri impressionanti.

È andata bene, anche in termini organizzativi e sanitari: più di 1.300 persone sono state soccorse all’interno dei posti di prima assistenza, vittime di malori per il caldo, di stati febbrili, disidratazioni, traumi. Poco più di cento sono andati in ospedale, e soltanto due hanno accusato problemi di media gravità. Governo, polizia, 118, tutti hanno cooperato affinché tutto funzionasse bene. In fondo, il papa era pur sempre un ospite straniero, che viene da un altro Stato.
Ma soprattutto, viene da chiedersi: il papa è un fenomeno pop? E perché? Viene da pensare una cosa. Che in un momento in cui molte rockstar sembrano, per dirla con Ligabue, aver perso le parole; in un momento in cui Jovanotti si sente imbarazzato a parlare di Gaza, dicendo – con molta onestà e molta umiltà, secondo chi scrive – che non ha niente di intelligente da dire al riguardo, in questo momento il papa si prende uno spazio poco occupato dai personaggi dello spettacolo, in Italia e nel mondo.
Si prende quello spazio che è sempre stato occupato dalle popstar: Bob Dylan e Joan Baez negli anni Sessanta, i cantautori italiani politici, progressisti, “impegnati” negli anni Settanta, per citare solo due esempi eclatanti. E dice parole che possono sembrare scontate ma che non lo sono: “Siamo con i giovani di Gaza, siamo con i giovani dell’Ucraina”. Non sono scontate perché – anche se il quinto comandamento dice “non ammazzare” – non sempre la Chiesa si è schierata contro la guerra; non occorre andare indietro fino alle Crociate, per trovare la Chiesa cattolica coinvolta nella guerra. E neanche fino al tempo dei conquistadores. Basta pensare, più recentemente, al coinvolgimento di parte del clero cattolico nella prima e nella seconda guerra mondiale.

Quindi, non è scontato e non è banale che il leader di una delle più importanti religioni mondiali si schieri con i ragazzi di Gaza e dell’Ucraina. E poi, è importante perché dice di stare con i giovani di Gaza, che sono musulmani, e con i giovani dell’Ucraina, che sono cristiani ortodossi. Ed evidentemente, c’è tutta una generazione che guarda con speranza a quell’uomo vestito di bianco. Che conclude dicendo ai giovani “Aspirate a cose grandi, coltivate il vostro sogno”. In questi anni di disillusione, di mancanza di speranza, sono in pochissimi a dire ai giovani “coltivate il vostro sogno”: lui, e qualche giudice di MasterChef.
Luce