Quando un nonno mi chiese: “Quella bimba sui social è mia nipote dispersa?”, perché creare una Banca Dati dei migranti scomparsi

Il dramma degli scomparsi in mare
Aveva visto la foto di una bimba sola allo sbarco di una nave di salvataggio. Aveva perso tutta la famiglia in mare

Scomparsi. Nessuna notizia di sé, dopo avere lasciato nei paesi da cui sono partiti mogli, madri, padri, figli, sorelle e fratelli alla ricerca disperata di tracce del loro passaggio e del loro destino. Anni fa è capitato anche a me di essere contattata dalla Siria perché aiutassi un nonno che aveva perso tutta la famiglia in un viaggio disperato in mare verso l’Italia a rintracciare quella che lui sperava fosse la nipote sopravvissuta. Mesi dopo essere stato raggiunto dalla notizia della scomparsa del figlio e della sua famiglia presumibilmente in mare, aveva visto pubblicata su qualche social la foto di una bimba sola, spettinata, provata fisicamente, mentre sbarcava a piedi dalla nave che aveva portato a termine un salvataggio.
Tra i salvati c’era anche quella bambina somigliante come una goccia d’acqua alla nipotina partita dalla Siria con il papà, la mamma e il fratello. Mi fu spiegato perché avevano contattato me. Mi chiesero di aiutare quel nonno a capire se la bimba viva era sua nipote. Avevo solo due foto, una della nipotina fotografata certamente in un giorno di festa in Siria, con abiti eleganti e un viso serio, la seconda della piccola sola con il numero in mano. Mesi dopo con l’aiuto prezioso e indispensabile di una grande organizzazione che opera nella migrazione, abbiamo dovuto far arrivare al nonno la notizia che purtroppo la piccola ancora in vita non era sua nipote scomparsa. In mare? Annegata con la famiglia? In uno sbarco diverso rispetto a quello dei genitori? Mai imbarcata? Quale tormento accompagnerà per sempre quanti hanno visto partire i propri cari senza mai più sapere anche solo se sono arrivati? Me ne sono fatta un’idea allora e conservo le due foto per non dimenticare.
Ma dell’identità di quanti sono scomparsi in mare chi si occupa? Quanti corpi di persone annegate ritrovano un nome e un cognome? Di quanti riusciremo a conoscere l’identità e il luogo di sepoltura? A quante famiglie daremo la possibilità di piangere la scomparsa dei propri congiunti? Ma anche di essere riconosciuti come vedove o orfani? In questi tempi crudeli, di caccia ai migranti, di respingimenti, di incarceramenti, nei giorni della barbarie dell’umanità, il Consiglio d’Europa ha adottato nei mesi scorsi una risoluzione che sollecita gli Stati a operare con ogni strumento per fare luce sulla sorte degli scomparsi, a lavorare insieme per una legislazione con meno difformità sul tema della ricerca delle persone scomparse, o dell’identificazione dei cadaveri. E a fine aprile Strasburgo ha ospitato un’importante conferenza parlamentare per “Immaginare politiche pubbliche efficaci a prevenire e gestire i casi di migranti scomparsi”.
È in questo contesto che dal Procuratore capo di Gela, Salvatore Vella, è stata avanzata la proposta di una Banca dati gestita e alimentata da una Agenzia Europea che in collaborazione con la Polizia giudiziaria o con le Autorità giudiziarie europee, e in confronto con autorità diplomatiche e ong attive nei paesi di provenienza dei migranti, operi per la ricerca, l’identificazione, la restituzione dei cadaveri delle persone scomparse. Il Parlamento italiano è chiamato a portare avanti questa proposta e l’invito è che lo si possa fare senza distinzione di appartenenza politica “La dignità umana va assicurata a tutte le persone, in vita e nella morte” (Risoluzione 2569/2024). Siamo tutti chiamati a dar corso a questo dovere come l’eroina di Sofocle, Antigone, comprese. Ma in discussione non c’è solo la coscienza individuale, la cultura della solidarietà, la pietas. Ci sono i valori e la cultura giuridica che ha nutrito l’Europa.
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