Ricky Tognazzi: "Milan, iniziare così non fa bene! Vlahovic? Se segna lo accolgo volentieri"

Quella di sabato sera tra Milan e Cremonese era la partita del cuore di Ugo Tognazzi, che ripeteva che la prima era la moglie, la seconda un’amante. Ha vinto l’amante e il figlio Ricky, attore, regista, sceneggiatore e molto altro, la prende con meno filosofia: «Sarà che io sono monogamo (da 30 anni è sposato con Simona Izzo, ndr), ma da milanista - anzi riverista, per me Rivera è stato l’unico vero numero 10 - sono lacerato. Abbiamo giocato meglio, meritavamo almeno il pareggio. La Cremonese ha fatto due grandi gol, quello di Bonazzoli è da cineteca, ma perdere la prima in casa così fa male. Diciamo che contro un altro avversario sarei ancora più arrabbiato, mi consolo con il cotechino di Cremona...».
"Nella hall dell’albergo di Ancona che ospita me e la troupe con cui io e Simona stiamo girando “Colpa dei sensi”, una serie per Canale 5. Sono tutti romanisti, per cui sullo schermo grande c’era la gara dell’Olimpico, io stavo lì con il mio iPaddino, naturalmente mutato. È stata una serata deludente".
Il ritorno di Allegri la convince?
"Ma sì, è un bravissimo allenatore, anche se iniziare con una sconfitta in casa con una neopromossa non fa bene. Non mi ricordo nemmeno perché se ne andò, l’isteria collettiva intorno ai tecnici è costante, alla fine è una questione di soldi, quasi sempre spesi con una certa incoscienza. Prendete De Rossi, non ho mai capito perché sia stato cacciato in malo modo".
"Non lo conosco bene, ma se segna lo accolgo volentieri. Il fatto che venga dalla Juve non mi interessa, ormai ci sono passaggi continui anche con l’Inter. Ecco, la rivalità cittadina la sento, è un campanilismo inevitabile che fa parte del gioco. È il bello del tifo".
A proposito di tifo, lei ne ha raccontato una particolare fetta nel film «Ultrà» del 1991, con Claudio Amendola e il debuttante Ricky Memphis.
"La famosa Brigata Veleno... La Rai voleva un finale buonista, con il pentimento. Noi ci siamo riuniti anche con i ragazzi e abbiamo detto di no, volevamo il realismo più crudo. Per fortuna hanno capito. E sono riuscito anche a non farlo vietare ai minori nonostante scene e battute pesantissime".
Aveva studiato bene il mondo degli ultrà all’epoca. Che cosa l’aveva stupita?
"Avevo capito che era un fenomeno legato alla crescita e al bisogno di questi ragazzi di identificarsi con qualcosa, di essere una parte del tutto, di dimostrare la propria esistenza usando anche un linguaggio forte ma spesso pure divertente. Molto è simulazione, inneggiano a una battaglia che poi va in scena in campo: anche quei cori violentissimi che spesso scandalizzano l’opinione pubblica non hanno poi risvolti nella realtà. A meno che non ci si ritrovi fisicamente di fronte all’avversario. lì purtroppo si deve manifestare quello che fino a quel momento era solo una teoria. Di certo rifare quel film oggi sarebbe difficile, ora anche nel tifo dominano gli interessi economici, come dimostrano le inchieste per infiltrazioni mafiose che hanno coinvolto varie curve. I tifosi sono diventati uno strumento per muovere denaro, prima era diverso".
Quel film, Orso d’Argento a Berlino, ha fatto arrabbiare parecchia gente.
"Ci hanno sfondato tutti, non solo i romanisti che dicevano che li avevamo dipinti “come animali”. Erano arrabbiate le tifoserie di tutta Italia, ma la Curva Sud ci riservò degli striscioni: “Tognazzi putt… lo hai fatto per la grana”. E Amendola, che lì aveva passato la vita, non poté tornarci per diversi anni. Si arrabbiò molto anche Matarrese, che era presidente della Figc: diceva che film come questi distorcevano l’immagine di un fenomeno sano e bello come il calcio. Resta il fatto che “Ultrà” ha resistito al tempo. Venditti, dopo averlo visto per decidere se scrivere le musiche, mi disse: “Sei riuscito a entrare nei giubbotti degli ultrà”, un bel complimento".
Lo ha fatto senza evidenziare politicizzazioni o il consumo di droga.
"Era una fase di passaggio, nel film è tutto accennato. Si capisce che stanno spuntando nuovi simboli e che la droga esiste, ma non che possa diventare anche quella un motivo di interesse economico nelle curve come è stato poi".
Viriamo sul tennis, altra grande passione di suo padre. I tornei al Villaggio Tognazzi di Torvajanica hanno fatto la storia.
"Per Ugo era un’occasione di convivio, metteva insieme attori, musicisti, giornalisti, sportivi, da Pietrangeli a Pavarotti, ci sono stati tutti. Si giocava, si mangiava e ci si divertiva fino alle 3 di notte. Io ho sempre giochicchiato, ma soprattutto ho seguito e seguo il tennis dal mio fedele divano e non può che esserci grande godimento per questa nuova generazione di campioni italiani, non siamo mai stati così forti. Merito soprattutto di Sinner che con l’effetto emulazione ha dato forza al tutto il movimento, facendo appassionare tanti ragazzini. Ora cominciano gli Us Open, toccherà stare svegli anche di notte, con questi fusi orari..."
"Io e Simona ci vantiamo di aver fatto un bellissimo biopic per la Rai su Mennea, un uomo che ha combattuto con coraggio per farsi riconoscere, non solo economicamente, i propri meriti, un atleta non così dotato fisicamente che è riuscito ad imporsi con una volontà di ferro e con la passione".
Un personaggio che vorrebbe raccontare?
"Sono da sempre un appassionato di pugilato, lo sport cinematografico per eccellenza. Papà negli Anni 60 mi portava a vedere i grandi pugili al Palazzetto dello Sport e mi piacerebbe raccontare la storia di Duilio Loi, un peso leggero, il pugile degli ultimi due round… Un triestino, un duro campione del mondo meno conosciuto di quelli che l’hanno poi seguito, come Mazzinghi e Benvenuti, un amico di papà con una storia drammatica per un figlio coinvolto negli anni del terrorismo. Ho anche provato a fare un film su Orazio Fagone, oro ai Giochi di Lillehammer ‘94 che dopo un incidente in moto ha perso le gambe, una amputata e l’altra menomata. È comunque riuscito a ricostruirsi, anche nello sport, partecipando alle Paralimpiadi. Una storia bellissima che purtroppo finora non sono riuscito a fare".
Nel 2023 ha partecipato a “Ballando con le Stelle”, lo possiamo considerare uno sport?
"Beh sì, ho faticato parecchio, mi sono anche strappato. Ero una pippa, però sono dimagrito e migliorato moltissimo. Mi ha fatto bene, ho anche continuato per un po’ dopo il programma. Del resto sono figlio di una ballerina, cresciuto con i musical, quindi da un lato c’era una forte attrazione, dall’altro un po’ di timidezza che sul palco ho superato".
Il 27 ottobre saranno 35 anni dalla scomparsa di Ugo Tognazzi.
"Ci saranno come sempre tante iniziative, dal restauro de “Il magnifico cornuto” a Venezia fino a una mostra per papà a Tropea che ho in parte curato anch’io. Come famiglia ci diamo sempre un gran da fare, Ugo resta un grande ispiratore, ci pensiamo, ci pensiamo sempre, e lui pensa a noi. C’è un filo che ci unisce e se ci vogliamo tutti bene è anche grazie a lui".
La Gazzetta dello Sport