Salute mestruale e disuguaglianze di genere: come la medicina ha ignorato il corpo femminile per troppo tempo

Oggi, 28 maggio, è la Giornata Internazionale della Salute Mestruale: un’occasione per riflettere sulle sfide ancora aperte legate al ciclo mestruale e sulle implicazioni politiche e sociali ad esso legate. Nonostante infatti si tratti di un processo biologico che interessa metà della popolazione mondiale per una parte significativa della vita, la sua conoscenza è ancora poco approfondita. E questa scarsa conoscenza deriva da motivi storici e politici per cui il corpo femminile è sempre stato poco considerato in ambito medico.
Una medicina tutta al maschile“Per troppo tempo la medicina si è occupata prevalentemente della patologia declinata al maschile, - scrive l’immunologa Antonella Viola nel suo libro Il sesso è (quasi) tutto - tralasciando le differenze che sono tutt’ora fondamentali per prevenire, diagnosticare e curare le malattie delle donne”.
Secondo un'analisi dell’Harvard Medical School del 2022, che ha preso in considerazione più di 1400 studi realizzati tra il 2016 e il 2019, nonostante i miglioramenti avvenuti negli ultimi decenni, nei trial clinici i numeri delle partecipanti donne erano ancora troppo bassi per ottenere dei buoni risultati: “La percentuale di soggetti femminili arruolati non riflette (perché più bassa) la proporzione di donne affette dalle malattie (studiate)”, si legge nel report.
In realtà, proprio il ciclo mestruale, secondo quanto scrive Viola, ha avuto un ruolo in questa “preferenza” della scienza medica per gli uomini: tra le varie ragioni per cui tra i soggetti di moderni studi medici mancavano quelli femminili, c’è il fatto che i nostri corpi “sono sempre stati ritenuti più variabili di quelli maschili” per la presenza delle mestruazioni e di possibili gravidanze.

“E, poiché quando si fanno esperimenti si tende a ridurre la varibilità per avere dati più facilmente analizzabili, la ricerca si è spesso basata su esperimenti che coinvolgevano animali o soggetti di sesso maschile”, scrive l’immunologa. Il risultato, in ogni caso, è che i corpi femminili - ritenuti troppo complessi - sono stati studiati meno e questo divario ha ovviamente delle ripercussioni sulla vita delle donne e sulla loro salute. Soprattutto su quella mestruale, che non riguarda per nulla gli uomini cisgender, ovvero i soggetti presi in maggiore considerazione dalla medicina. Questo ha contribuito a lacune nella comprensione di condizioni specifiche femminili, come l'endometriosi e la sindrome dell'ovaio policistico (PCOS).
L'endometriosi e la sindrome dell'ovario policisticoL'endometriosi è una malattia sistemica spesso dolorosa e cronica che colpisce circa il 10% delle donne in età riproduttiva. Può avere un impatto negativo sul benessere fisico ed emotivo, sulla qualità della vita e sulla produttività di chi ne soffre, ma comporta anche un notevole peso economico e sociale per le pazienti e le loro famiglie. “Nonostante l'elevata prevalenza e i costi associati, l'endometriosi continua a ricevere scarsi finanziamenti e poca attenzione nella ricerca” - si legge in un paper pubblicato nel 2019 sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology - “limitando fortemente la nostra comprensione della malattia e rallentando l'innovazione, tanto necessaria, nelle opzioni diagnostiche e terapeutiche”.

La sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) è un disturbo ormonale comune, che colpisce una percentuale stimata tra il 5% e il 20% delle donne in età fertile. La PCOS è una delle principali cause di infertilità femminile e può avere un impatto significativo sulla salute riproduttiva e metabolica delle donne. Si stima che la maggior parte dei casi non venga diagnosticato.
Soffrire in silenzio: la normalizzazione sociale del dolore femminileOltre che alla poca conoscenza di questi problemi di salute, un ruolo nelle mancate diagnosi è attribuibile “alla normalizzazione sociale del dolore femminile e alla stigmatizzazione dei problemi mestruali, che portano a una scarsa consapevolezza della malattia sia tra i pazienti che tra gli operatori sanitari”, scrive Maria Cristina Ianiro in un articolo pubblicato sulla rivista CanadaUsa dell’Università di Bologna. Un fenomeno profondamente radicato che contribuisce a ritardi diagnostici, sottovalutazione clinica e mancato riconoscimento del vissuto delle donne. Fin dalla giovane età, molte ragazze imparano che il dolore - in particolare quello mestruale o pelvico - è qualcosa da sopportare in silenzio, un “disagio normale” da ignorare.
Rompere il silenzio attorno alla salute mestruale significa scardinare stereotipi, investire nella ricerca, formare i professionisti della salute e promuovere un'educazione sessuale e corporea libera da tabù. La Giornata Internazionale della Salute Mestruale deve essere non solo un momento di sensibilizzazione, ma anche un richiamo concreto all’azione per medicina più equa, inclusiva e, soprattutto, realmente umana.
Luce