Vertice in preparazione: Trump tratta con Putin, ma impone Zelensky

Un incontro al vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin è in fase di preparazione e potrebbe avvenire “già la settimana prossima” (. Lo ha confermato il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, spiegando che su proposta statunitense è stata concordata in linea di principio una riunione bilaterale tra i presidenti di Stati Uniti e Russia, da tenersi a breve. Entrambe le parti ora lavorano ai dettagli organizzativi: la sede è già stata scelta “in linea di principio” e sarà annunciata prossimamente. Putin ha indicato che gli Emirati Arabi Uniti figurano tra i luoghi “del tutto adatti” ad ospitare l’evento, ringraziando l’amico presidente emiratino Mohammed bin Zayed per la disponibilità. Un ruolo di mediazione, dunque, potrebbe essere svolto proprio da Abu Dhabi, considerata sede neutrale e gradita a entrambe le parti.
A Mosca fervono i preparativi: l’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, ha incontrato Putin al Cremlino in un lungo faccia a faccia durato circa tre ore. Si tratta della quarta missione di Witkoff a Mosca (la quinta dall’inizio dell’anno) e conferma l’esistenza di un canale diplomatico attivo tra Washington e Cremlino nonostante la guerra in Ucraina (. All’aeroporto Vnukovo l’emissario statunitense è stato accolto con cortesia dal rappresentante speciale russo Kirill Dmitriev, che lo ha accompagnato persino in una passeggiata informale presso il parco Zaryadye, segnale di un clima iniziale disteso. Il colloquio ufficiale con Putin si è svolto comunque in un clima di urgenza diplomatica, a ridosso della scadenza dell’ultimatum fissato da Trump al 9 agosto per progressi verso la pace (. Proprio venerdì 9, infatti, sarebbe dovuto scattare un nuovo pacchetto di sanzioni americane – inclusi dazi secondari contro i partner commerciali di Mosca – se non fossero emersi segnali di svolta (.
Segnali dall’incontro e dichiarazioni ufficialiSecondo le dichiarazioni rese da Yury Ushakov a vertice concluso, l’incontro Putin-Witkoff è stato “utile e costruttivo”, con uno scambio di “segnali reciproci” sulle condizioni per porre fine al conflitto (. Il Cremlino ha però mantenuto riserbo sui dettagli: Putin ha consegnato a Witkoff dei messaggi per Trump e viceversa, ma Mosca attenderà che l’emissario riferisca alla Casa Bianca prima di divulgare contenuti specifici (). “Aspettiamo che Witkoff completi il suo debriefing – ha spiegato Ushakov – solo allora potremo ampliare i nostri commenti” (. In sostanza, eventuali concessioni o proposte restano condizionate alla reazione di Washington. Da fonti vicine a Mosca trapela comunque che Putin avrebbe ribadito le note condizioni russe per una pace duratura (ritiro delle truppe ucraine dai territori occupati nel 2022, riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea e neutralità dell’Ucraina) ( – posizioni finora inaccettabili per Kiev e Occidente. Sul fronte opposto, Bloomberg riferisce che il Cremlino starebbe valutando possibili concessioni “tattiche” agli USA, come una tregua nei bombardamenti aerei in Ucraina. Questa sorta di “tregua aerea”, proposta giorni fa dal bielorusso Lukashenko e ripresa da analisti vicini al Cremlino come Sergei Markov, implicherebbe una sospensione dei raid con missili e droni: un gesto di buona volontà che Putin potrebbe offrire a Trump se anche Kiev aderisse, magari in cambio di contropartite (ad esempio un alleggerimento delle sanzioni) (.
Sul piano ufficiale, Donald Trump ha definito su Truth Social “altamente produttivo” l’incontro di Witkoff con Putin, affermando che “sono stati fatti grandi progressi”(. “Successivamente, ho aggiornato alcuni dei nostri alleati europei. Tutti concordano che questa guerra debba finire e lavoreremo per questo nei giorni e nelle settimane a venire” ha aggiunto il presidente USA (. Parallelamente, la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha confermato la disponibilità di Trump a “incontrare sia il presidente Putin che il presidente Zelensky” nel prossimo futuro, ribadendo che l’obiettivo prioritario di Washington è far terminare questa guerra brutale (. Dal Cremlino, Putin ha accolto positivamente i segnali americani: “Abbiamo molti amici pronti ad aiutarci a organizzare eventi di questo tipo”, ha dichiarato riferendosi agli Emirati e ad altri possibili facilitatori. Tuttavia, sulla prospettiva di un vertice a tre con l’Ucraina, il leader russo ha gelato gli entusiasmi, notando che si è ancora “lontani dal creare le condizioni” per incontrare Volodymyr Zelensky (. In passato, Mosca ha sempre sostenuto che un eventuale faccia a faccia Putin-Zelensky dovrebbe avvenire solo a conclusione di negoziati di pace già definiti (.
Il “nodo Zelensky”: condizioni e reazioni incrociateProprio la possibile partecipazione di Zelensky a un futuro summit rappresenta il punto più delicato. Ufficialmente Trump si dice aperto anche a un colloquio con il presidente ucraino, ma fonti della Casa Bianca citate dalla stampa USA hanno posto una condizione chiara: il tycoon accetterà di incontrare Putin solo se il leader del Cremlino accetterà a sua volta di vedere Zelensky (. In altre parole, Washington vuole evitare un esito che escluda Kiev: qualsiasi accordo di alto livello dovrà coinvolgere anche l’Ucraina. “Putin deve incontrare Zelensky affinché l’incontro [con Trump] abbia luogo”, ha rivelato un funzionario americano al New York Post, segnalando che la Casa Bianca considera imprescindibile un vertice trilaterale successivo al faccia a faccia iniziale. Questa posizione – confermata anche da fonti interne a Politico – sembra mirata a rassicurare gli alleati: l’ex presidente USA non intende “tagliare fuori” Zelensky dalle trattative sul destino dell’Ucraina.
Dal canto suo, Mosca per ora chiude la porta: Ushakov ha riferito che durante il meeting con Witkoff l’ipotesi di un vertice russo-ucraino è stata solo “menzionata” dalla parte americana, senza alcuna discussione di merito, e che la delegazione russa ha preferito non commentarla affatto (. La priorità russa, ha chiarito il consigliere, è focalizzarsi sulla preparazione del bilaterale con Trump per garantirne il successo, lasciando sullo sfondo per ora qualunque scenario trilaterale (. Questa divergenza di vedute sulla presenza (o meno) di Zelensky riflette la profonda sfiducia tra le parti: Putin non vuole concedere status internazionale a Zelensky senza condizioni, mentre l’amministrazione Trump – anche per pressioni interne ed europee – non può permettersi di escludere del tutto Kiev dal processo.
Intanto, Volodymyr Zelensky ha pubblicamente accolto con favore l’idea di un summit: su X (Twitter) ha dichiarato che l’Ucraina “non ha paura degli incontri” e si aspetta “lo stesso approccio coraggioso da parte russa” (. Il presidente ucraino ha anzi rivelato che nei colloqui preparatori si è discusso di “due formati bilaterali e uno trilaterale”, sottolineando che l’Europa deve essere coinvolta negli sforzi di pace (. In effetti Zelensky, appena saputo della missione di Witkoff, ha attivato un giro di consultazioni: ha parlato al telefono con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, con il presidente francese Emmanuel Macron e con la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen (. Agli alleati europei Zelensky ha ribadito che “l’Europa deve essere tra i partecipanti” a qualsiasi negoziato sulla fine del conflitto (. Da Bruxelles Von der Leyen lo ha rassicurato: “Sosteniamo pienamente l’Ucraina e continueremo a svolgere un ruolo attivo per garantire una pace giusta e duratura”. Questa mobilitazione diplomatica evidenzia il timore, diffuso a Kyiv, di essere scavalcati da un accordo deciso sopra le loro teste. Molti ucraini ricordano con apprensione il burrascoso incontro nello Studio Ovale lo scorso febbraio, in cui Trump rimproverò duramente Zelensky, accusandolo di non aver fatto abbastanza e spingendolo a concessioni su minerali strategici (. La scena – uno Zelensky impacciato rimproverato davanti alle telecamere – fu vissuta in patria come un’umiliazione e alimenta ora i timori che il presidente ucraino possa venire messo all’angolo mentre le grandi potenze decidono il futuro dell’Ucraina.
Reazioni e analisi nell’informazione alternativaLa prospettiva di un faccia a faccia Trump-Putin ha suscitato reazioni variegate nel panorama mediatico indipendente. Se i media mainstream tendono a filtrare la notizia attraverso il timore di un “appeasement” verso Mosca, le testate alternative e le voci antiglobaliste mostrano un atteggiamento più aperto al dialogo – pur con importanti distinguo critici. Tucker Carlson, popolare commentatore conservatore americano noto per le posizioni eterodosse, da tempo invoca una trattativa diretta con Putin per porre fine “a questo bagno di sangue”. Carlson ha spesso denunciato la narrativa occidentale sulla guerra e attaccato Zelensky, definendolo addirittura “un dittatore” per la repressione di opposizioni interne e media sgraditi (. In un’intervista di marzo, Carlson ha dichiarato di sentirsi “decisamente più simpatico a Putin che a Zelensky”, spiegando che “è giusto giudicare i leader in base a come mandano avanti il loro paese”. Secondo Carlson, la Russia di Putin “sta prosperando” malgrado il conflitto, mentre l’Ucraina di Zelensky soffre enormemente – il che a suo dire dimostrerebbe la maggior efficacia di Putin come capo di Stato..
In Italia, anche figure dell’informazione libera stanno offrendo chiavi di lettura originali sul possibile vertice. Il fotoreporter e analista indipendente Giorgio Bianchi, ad esempio, dopo il celebre scontro verbale di febbraio tra Trump (accompagnato dal suo vice J.D. Vance) e Zelensky, Bianchi ha espresso “profonda pietà” per il presidente ucraino, definendolo “un povero pirla gettato in pasto alle fiere” dai potenti di turno (. Nei suoi post sui social, Bianchi ha stigmatizzato l’atteggiamento di Trump e Vance come “arroganti con i deboli, sadici malati” che prima hanno spinto gli ucraini al massacro “e ora li umiliano” pubblicamente (. Soprattutto, Bianchi ha lanciato un monito: Trump non può “rifarsi una verginità scaricando le colpe di tutto sul semplice pedone” Zelensky, perché “Trump è espressione e co-artefice del disastro ucraino” e ora cerca di “fare affari con la Russia come se nulla fosse, utilizzando gli imbecilli politici europei” messi lì dagli Stati Uniti. Parole durissime, che inquadrano il tentativo di Trump di presentarsi come “pacificatore” non come un sincero ravvedimento, bensì come una mossa geopolitica cinica nell’interesse americano. Non a caso, Bianchi ricorda che “gli Stati Uniti fanno il c** che vogliono, quando vogliono, e con chi vogliono”*, ieri in nome della “democrazia da esportare” e oggi in modo ancor più spudorato, senza nemmeno più la foglia di fico moralista. È una critica feroce al “trumpismo”, visto come volto nuovo (e persino più brutale nei toni) della solita egemonia USA nel mondo multipolare nascente.
L’uscita di Bianchi – che pure resta un forte critico della narrativa bellicista occidentale – ha suscitato dibattito nell’area alternativa, con alcuni che lo hanno attaccato accusandolo di “tradimento” per aver mostrato empatia verso Zelensky. Questo episodio segnala come nell’informazione dissidente vi siano posizioni diversificate: accanto a entusiasti sostenitori di Trump come “nemico del globalismo” pronti a salutarlo come l’artefice di una possibile pace, troviamo osservatori più guardinghi che invitano a non idealizzare l’ex presidente. Vietato Parlare, notoriamente critica verso il pensiero unico, mantiene su questo tema la consueta impostazione sobria e prudente: riconosce l’importanza di aprire canali negoziali per fermare l’escalation, ma senza indulgere in facili entusiasmi. In linea con questa impostazione, molte voci anti-mainstream sperano che un summit Trump-Putin possa almeno avviare un percorso di de-escalation, spezzando la narrativa bellicista dominante, ma al tempo stesso mettono in guardia: la pace non sarà frutto di miracoli o patti segreti tra “uomini forti”, bensì di complesse trattative in cui ogni attore – inclusi gli Stati Uniti – cercherà di massimizzare i propri interessi. In questo contesto, è da ricordare che Zelensky ha sempre utilizzato i vertici per attaccare la Russia e rafforzare il fronte bellicista, diffondendo sfiducia nell’interlocutore.
Attenzione alle trappole ma sfruttare le apertureL’incontro in preparazione tra Donald Trump e Vladimir Putin rappresenta dunque un evento carico di aspettative e controversie. Da un lato c’è la speranza concreta che un dialogo diretto ai massimi livelli possa aprire spiragli verso la fine di un conflitto sanguinoso, rompendo un lungo stallo diplomatico (. Dall’altro, permangono incognite sostanziali: l’eventuale esclusione (temporanea o meno) di Zelensky dai negoziati, la tenuta dell’unità occidentale attorno all’Ucraina, il rischio che ogni stretta di mano si riveli solo tattica. La Casa Bianca trumpiana, pressata dal bisogno di risultati entro breve, sta giocando una doppia strategia di pressione e dialogo: da un lato minaccia nuove pesanti sanzioni per costringere Mosca a concessioni (v, dall’altro offre a Putin l’agognata ribalta di un vertice al suo livello (. Il Cremlino, dal canto suo, mostra di desiderare questo summit – come ha rimarcato Ushakov, “il principale è che questo incontro sia efficace e produttivo” ( – ma rifiuta imposizioni su tempi, luogo e soprattutto sulla presenza di Kiev. In mezzo si collocano gli alleati europei, determinati a non restare spettatori passivi: l’UE ha fatto sapere di voler “avere un ruolo attivo” in qualunque processo di pace (.
In definitiva, il possibile faccia a faccia tra Trump e Putin, se davvero avverrà nei prossimi giorni, sarà molto più di una foto-opportunità: sarà un delicato test diplomatico dagli esiti incerti. Vietato Parlare seguirà l’evento con l’abituale sguardo critico, lontano tanto dalle facili esultanze quanto dal tifo ideologico. Al di là delle semplificazioni mainstream – che oscillano tra l’allarme per un “nuovo Yalta” e la speranza di potersi finalmente attribuire il merito di un cessate-il-fuoco – resta la realtà di un conflitto complesso, in cui nessun incontro singolo garantirà magicamente la pace. Eppure, ritrovarsi attorno a un tavolo è un primo passo necessario: “tutti concordano che questa guerra debba finire e lavoreremo per questo”, ha scritto Trump annunciando i progressi del suo inviato (. Su questo, almeno, il consenso è generale. Starà ora alla politica (ufficiale e non) e al giornalismo libero vigilare affinché la ricerca della pace non diventi l’ennesimo terreno di scontro propagandistico, ma resti focalizzata sull’obiettivo finale: fermare le armi e risparmiare ulteriori sofferenze a milioni di persone. (
vietatoparlare