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Almasri, richieste di processo per Nordio, Mantovano e Piantedosi. Il derby con Ilaria Salis

Almasri, richieste di processo per Nordio, Mantovano e Piantedosi. Il derby con Ilaria Salis

Il caso

Arrivate le carte alla Giunta per le autorizzazioni della Camera: sessanta giorni di tempo prima del voto finale. In concomitanza con quello a Strasburgo sull'immunità dell'europarlamentare di Avs

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Cosa ha in comune l’europarlamentare di Avs Ilaria Salis con Carlo Nordio, ma anche con Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano? In apparenza un fico secco, anzi: l’attivista eletta a Strasburgo per sfuggire ai ceppi orbaniani è quanto di più diverso antropologicamente dal Guardasigilli, dal ministro dell’Interno e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio. E però a fine settembre a Strasburgo e a Roma ci saranno due voti che, a sentire i ragionamenti dentro Fratelli d’Italia, si prestano a speculazioni e polemiche. Negli stessi giorni la Commissione affari giuridici del Parlamento europeo e la Camera dei deputati si troveranno davanti a un bivio: revocare l’immunità parlamentare di Salis a processo in Ungheria per avere aggredito tre attivisti neonazisti e concedere l’autorizzazione a procedere a Nordio, Piantedosi e Mantovano per la liberazione del torturatore libico Almasri. FdI userà questo fortuito incrocio di date e voti per sottolineare, con buone dosi di propaganda, la differenza tra chi non deve andare a processo – gli esponenti del governo – perché nell’esercizio delle loro funzioni e l’eventuale salvataggio dell’attivista di sinistra finita nei guai in Ungheria nel 2023. Sarà uno show politico e polemico sull’asse Roma-Strasburgo. Le opposizioni rinfacceranno al governo di usare il Parlamento come uno scudo davanti alla legge, la destra di salvare chi si sarebbe macchiata di un reato, seppur in un paese fortemente illiberale. Sono queste, a destra, le strategie del day after. Il giorno dopo l’annuncio di archiviazione da parte del tribunale dei ministri nei confronti della premier Meloni si continua a rimanere tutti sospesi fino alle 20 quando alla Camera vengono notificate le richieste di autorizzazioni a procedere per i due ministri e il sottosegretario. Richieste diverse e materiale corposo. L’ “assurdità”, come la chiama la premier, di un rinvio a giudizio non si concretizza con gli atti. E’ il momento dell’attesa. Ieri mattina Giulia Bongiorno, senatrice della Lega e difensore del governo in questa storia, si aggirava in Parlamento, a Camere riunite, con la scusa del voto del nuovo membro laico de Csm. Sarà poi avvistata a pranzo con il Guardasigilli Nordio nel ristorante dei deputati. Una chiacchierata lontana da orecchi e occhi indiscreti. Nel governo si discute della possibilità di apporre il segreto di stato qualora l’inchiesta su Almasri dovesse toccare Giusi Bartolozzi, ombra di Nordio nonché di lui capo di gabinetto in Via Arenula. Il timore di un processo senza lo scudo del Parlamento con i componenti dell’esecutivo che sfilano in aula in veste di testimoni agita l’esecutivo. Anche se in maniera tardiva si prende in considerazione questa ipotesi. Tutto è molto prematuro. Da regolamento già questa mattin si metterà in moto la giunta per le autorizzazioni della Camera convocata alle 8 e 30 per discutere dell’insindacabilità di Giorgio Mulè. “Ma davanti a novità siamo pronti a stravolgere la scaletta e a far partire l’iter del procedimento”, dice Devis Dori, presidente della giunta per le autorizzazioni della Camera, deputato di Avs alla seconda legislatura dopo la prima tra i banchi del M5s. E così sarà. “Sono e resto critico sull’operato del governo nella vicenda Almasri, ma nel mio ruolo tecnico e di garanzia farò parlare le carte astenendomi dal votare quando il procedimento finirà in Aula”. Ieri sera alle 20, come si diceva, è arrivata alla presidenza di Montecitorio una nota con allegati da parte del Tribunale dei ministri. La stessa è stata trasmessa alla Giunta per le autorizzazioni per i seguiti di competenza. Ci sono le posizioni mancanti, al di là di Meloni: Nordio, Piantedosi, Mantovano. Per tutti e tre si chiede il processo. La linea del governo è chiara: niente fretta. In teoria la giunta ha tempo trenta giorni, più una eventuale proroga di dieci per discutere e votare il caso, e poi altri trenta prima del verdetto finale a Montecitorio. La calma di Fratelli d’Italia serve a far sovrapporre il più possibile questa vicenda con quella di Ilaria Salis per alzare così una bella cortina fumogena. In entrambi i casi il voto sarà segreto. Dentro Fratelli d’Italia, il partito di Meloni, si respira un’aria che sa di assedio giudiziario: il ricorso della Procura di Palermo alla Cassazione sull’assoluzione del caso Open Arms che vede coinvolto Matteo Salvini, la sentenza della Corte europea sull’Albania e i paesi sicuri. Diversi esponenti di primo piano di Via della Scrofa, dietro la garanzia dell’anonimato, dicono che “siamo solo agli inizi: una parte della magistratura si sta portando avanti con la campagna contro la riforma della separazione delle carriere, anche se mancano ancora due passaggi parlamentari”. I meloniani si aspettano un crescendo. Con un ritmo tambureggiante. Oggi pomeriggio per esempio si aprirà un altro fronte politico e giudiziario su Gaza. Alle 16 nella sala stampa della Camera si terrà una conferenza stampa di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Nel corso dell’incontro sarà annunciata la comunicazione che Alleanza Verdi e Sinistra invierà alla Procura della Corte penale internazionale (Cpi) per presentare denuncia nei confronti di membri del governo italiano per complicità in crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio.

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