Campo largo, si complica la strada a Sx: la Schlein ha un problema in Campania e non solo. Le Regionali un test per la salvezza

Si complica sempre più la strada verso il campo largo dei progressisti, dopo che il fallimento dei referendum ha indebolito di molto la compattezza delle forze in campo, che sembrava ritrovata alle amministrative di tre settimane fa. Quello che molti hanno definito un azzardo da parte della segretaria, quando ha deciso di caricare di contenuti politici un referendum voluto soprattutto da Maurizio Landini e dalla CGIL, si sta rivelando un boomerang in vista del fondamentale appuntamento delle Regionali in autunno. E sono proprio le Regionali che stanno ora creando grande agitazione al Nazareno, dove la segretaria deve far i conti con una base riformista sempre più critica, che non a caso non ha perso occasione per criticare aspramente la scelta sbagliata dei referendum.
Giorgia Meloni ha nominato sottosegretario l’ex segretario della CISL, Luigi Sbarra, in una mossa non solo simbolica ma anche volta ad allargare il suo perimetro elettorale, proprio quando invece il campo avverso sembra trovarsi in una pericolosa impasse. Non solo la mossa poi di aprire al terzo mandato è servita ad accrescere ulteriormente la tensione del centrosinistra sul fronte Regionali, proprio quando sembrava di aver trovato una quadra sul fronte candidature (Campania ai cinque stelle, Toscana e Marche e Puglia al Pd).
Sulla Campania, in primis, ma anche sulla Puglia, un eventuale via libera al terzo mandato potrebbe mandare in fumo gli accordi tra Conte e Schlein, con un rientro sulla scena del convitato di pietra Vincenzo De Luca, che aleggia come un incubo da tempo sulla prossima tornata elettorale.
Se il candidato del centro sinistra, come sembra sempre più probabile, fosse veramente quel Roberto Fico, lo sceriffo di Salerno vede come fumo negli occhi, difficile non immaginare che De Luca potrebbe tentare la carta della ricandidatura. Inoltre, ed è cosa risaputa, anche Carlo Calenda, leader di Azione, non vede certo di buon occhio, per usare un eufemismo, una candidatura come quella dell'esponente dei cinque stelle in Campania "Le regionali per noi sono molto complicate, perché non c'è un voto di opinione. Se non siamo convinti del candidato, passiamo la mano: né con l'uno né con l'altro", ha detto il leader di Azione a SkyTg24. "Fico no", ha spiegato perché "non sosteniamo candidati populisti che portano le lancette indietro".
Ma anche all’interno del Pd, la parte riformista ormai in aperto contrasto con la segretaria non è certo favorevole a una candidatura come quella di Fico. In primis Pina Picierno ormai in aperto contrasto con la segretaria (le divergenze tra le due sarebbero sorte, secondo i bene informati, quando la Schlein avrebbe fatto intendere di non volerla ricandidare per le elezioni europee dello scorso anno), campana purosangue, che ha già fatto sapere che candidare uno come l’ex presidente della camera, sarebbe ennesima prova che il Pd si sta appiattendo ormai sulle idee massimalisti di Conte da un lato e di Landini dall’altro. In tutto questo il buon De Luca sta alla finestra “Aspetto, decide la destra” è stato il suo laconico commento, quando gli è stato chiesto cosa pensasse di questa nuova apertura alla possibilità di un terzo mandato.
Ma chi lo conosce bene sa che in caso di candidatura di Roberto Fico, lui non ci starebbe e sarebbe pronto a correre con una sua lista, anche senza il terzo mandato. Intanto qualche giorno l’ex direttore delle agenzie delle entrate Ernesto Maria Ruffini, che Prodi vede come il leader di quella parte dei moderati e cattolici che dovrebbe guidare il partito verso le elezioni del 2027 (con buona pace della segretaria Schlein), ha depositato il simbolo della sua nuova associazione, Più Uno, che casualmente riprende moltissimo nella grafica quello del vecchio Ulivo che permise a Prodi di diventare due volte presidente del Consiglio.
Lo stesso Ruffini ha candidamente ammesso che la sua ispirazione politica nasca proprio da lì: «Io sono cresciuto con i comitati per l’Ulivo — ha detto nei giorni scorsi a diMartedì su La7 —. Mi riconosco in quella stagione e in un campo progressista capace di immaginare e impegnarsi per un futuro diverso». Più chiaro di così. Ma Ruffini non convince né i riformisti e nemmeno troppo l’ala cattolica del partito e quindi per ora non sembra rappresentare un vero pericolo per la Schlein.
Ma molto si giocherà appunto sulle prossime regionali, che vedono un campo largo in uno stato di ansia da prestazione, proprio dove sembra essere sicura della vittoria. In Toscana e anche qui non è una novità la Schlein non vorrebbe una ricandidatura di Eugenio Giani, perché con Ricci nelle Marche e De Caro in Puglia, entrambi “bonacciani” almeno in Toscana vorrebbe mettere un suo uomo, come il fedelissimo Marco Furfaro, o il segretario regionale del Partito Emiliano Fossi. Mentre in Puglia aleggia come in Campania l’ipotesi terzo mandato che potrebbe rimettere in gioco anche Michele Emiliano, sparigliando il campo (largo) anche in Puglia, e rimettere in discussione la candidatura forte del suo ex pupillo, l'ex sindaco di Bari, Antonio Decaro.
Nelle Marche, infine, Matteo Ricci, il candidato in pectore del Pd, non avrebbe il pieno gradimento del partito marchigiano, anche a causa dello scandalo “affidopoli”, che sta mettendo in serie difficoltà l’ex sindaco di Pesaro, come mostra la reazione scomposta che ha avuto con gli inviati della trasmissione. Far west che chiedevano lumi sullo scandalo dell’affidamento di circa 600mila euro di affidamenti diretti in favore delle associazioni culturali Opera maestra e Stella polare. Secondo i riformisti è arrivato il momento che ci sia un chiarimento, come hanno chiesto all’indomani del referendum le due eurodeputate Elisabetta Gualmini, che qualcuno dice sia in procinto addirittura in uscita dal partito direzione Azione e la solita Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo. “La segretaria del Pd è come uno yogurt ha una scadenza limitata. Viene tenuta a rosolare a fuoco lento in attesa dell’eterno Godot che ancora non si vede all’orizzonte.
Ma è solo questione di tempo. "Le Regionali saranno un test fondamentale per lei e per il partito", dice un deputato del Pd di vecchio corso. Però il quadro sulle regionali improvvisamente si sta maledettamente complicando, in queste ore, e la situazione potrebbe anche degenerare, dal momento che mancano ancora tre mesi al voto (sempre che non si decida per un rinvio). Intanto, nelle ultime ore, circola con insistenza la voce tra la dirigenza vicina alla segretaria di convocare in anticipo il congresso, subito dopo le amministrative, per convocarlo nei primi mesi del 2026. Ma tutto ruota intorno al risultato delle Regionali, solo una vittoria netta potrebbe salvare la segretaria da un lento logoramento che la escluderebbe quasi inevitabilmente dalla corsa per Palazzo Chigi nel 2027.
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