Dal Papeete al liscio. Le ferite di Zaia, Salvini sta “alla griglia”


Foto LaPresse
Il racconto da Cervia
Alla festa della Lega dalle cubiste sono passati ai generali, la birra analcolica ha preso il posto del mojito e l’arrosticino è ora la carne del desiderio. E Romeo dice: “La Lombardia a noi, altrimenti Fontana si dimette subito così si va a elezioni anticipate”
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Cervia. Meglio questo Salvini che il ricordo, meglio il Salvini alla Casadei del Salvini con la menta. Di Cervia, e di quel Papeete, è rimasta solo la ruota panoramica. Dalle cubiste sono passati ai generali, la birra analcolica ha preso il posto del mojito e l’arrosticino è ora la carne del desiderio. Sono tornati leghisti alla griglia, di sofferenza. Sono alla griglia in Veneto, con Luca Zaia, in Lombardia, con FdI che spinge, ed è alla griglia, “voglio la foto alla griglia”, Salvini che dice: “Questo profumo di arrosticini è conturbante. Non smetterò di fare politica, neppure se fossi in carcere”. Sono rimasti popolo malgrado soffrano per Zaia, “Luca” che “dovrebbe fare il ministro, ma come si fa senza rimpasto? Meloni lo fa?”. E’ più intima di Pontida ed è forse la festa che più somiglia alla Lega, “sì bella e perduta”, non quella dell’ubriacatura, ma del “Va, pensiero”, dei Braveheart con il capannone.

La chiamano Milano Marittima ma prima del Papeete, che ormai è un’idea, l’autodistruzione, era solo Cervia, la spiaggia della signora Fiorenza Gigli, pensionata leghista che ce l’ha con Mediaset, “troppi comunisti, anche Del Debbio ultimamente…”, con Antonio Tajani, che chiama “l’infido”, con Von der Leyen “perché è l’unica scelta che non posso perdonare a Meloni, per il resto bravissima”. Nessuno ha il coraggio di chiedere, ancora, a Salvini, “ma ti ricordi, sei anni fa?” eccetto la fiera Maria Elena Gottarelli di La7 che si sente rispondere: “Ricordo solo le partite di ping pong con mio figlio”. E’ da sei anni che Salvini cerca di dimenticare quell’estate ma ogni estate torna qui perché forse l’aria e il mare lo aiutano o forse perché ha ragione Jacopo Morrone, il deputato romagnolo che ogni anno organizza la festa, la piazza, tutto, che spiega: “Siamo la terra del sorriso, dell’accoglienza, e questa Lega che vedi è la Lega che ancora fa volantinaggio, non si abbatte”.
Meglio questo Salvini inseguito da Zaia, che il ministro che inseguiva barconi, di nuovo a processo, “lo sapete che la procura di Palermo ha fatto ricorso direttamente in Cassazione? E’ come se avesse tolto i tempi supplementari”, meglio questo che balla il liscio, gira sui tavoli e che non deve sempre arrivare primo contro la Corte Europea che boccia l’Italia con una sentenza che per Salvini è “scandalosa, vergognosa, imbarazzante”. Sui social si è dato una calmata che dicono si debba a Cristiano Bosco, il nuovo responsabile, o forse si deve al tempo che continua a passare, “ho 52 anni”, a quella strana presa di distanza di tanti leghisti: “Non c’è solo la politica, ma la vita”. Non è vero che è passato di moda. Gli chiedono ancora selfie, lo fanno i ragazzi, le mamme, anche qualche tunisino che è stato forse irregolare. Chiedono ancora la foto a Salvini come si chiede ad Al Bano, una gloria per sempre. C’è un vecchio pensionato che lo immagina eterno ministro degli Interni e che gli domanda una speciale immunità: “Caro Matteo bisogna sparare non solo se ti entrano in casa ma anche fuori” e Salvini lo ferma: “Eh, no! Quella non è più legittima difesa”.
Sono leghisti di mezza pensione, e cantano adesso, insieme a Salvini, “Romagna mia”, sono come quelli che arrivano a metà vita e iniziano a capire che il meglio è passato, il futuro è sempre peggio e non lo decideranno più loro. Almeno non tutto. Al governo lo stabilisce Giorgia Meloni, in Europa, neppure l’Europa, e nel mondo Trump. Salvini può solo dire, sulle tasse, “ne parlo con Giorgetti”. Piangono tutti Zaia, come se stesse per partire per il fronte, lo piange un vecchio romagnolo convinto “che gli abbiano fatto la porcata” e che non si accontenta della frase “guardi che purtroppo è la legge”. Il leghista novus è Alberto Stefani, il vicesegretario della Lega, il probabile candidato al posto di Zaia (ma da quanto si scrive?) che sia chiaro, dicono in Veneto, “è il vice di Salvini e non un uomo di Zaia”. Sul palco l’antica fiamma la tiene accesa il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, con la frase, “l’autorevolezza non si chiede ma si esercita”, ma il vento se la porta come si è portato via il terzo mandato di “Luca”, il campione che ora si sente isolato (“nel partito mi sento solo”) sempre Zaia che vogliono costringere a candidarsi consigliere, ma senza la sua lista. Sono ancora vuoti gli ombrelloni, nonostante sia agosto, ma il cameriere del Lido Adriatico garantisce che “presto qualcosa accadrà”.
Ma quando? Al Papeete il sole ha scolorito la consolle dove Salvini metteva i dischi, ma per il resto è rimasto tutto quasi uguale: ombrellone e sdraio, 30 euro al giorno. Il generale Vannacci non è arrivato, ma al suo posto c’è l’altra vice, Silvia Sardone, mentre Fedriga e Zaia, arriveranno, ma a giornali chiusi. Non serve più venire a Cervia, al Papeete, per fare i tuffi con il capo, compiacerlo. E poi la casa brucia ovunque. Massimiliano Romeo, segretario della Lega lombarda, sta girando tutte le sezioni e in ciascuna garantisce che “alla Lombardia non rinunceremo mai, e ripeto, mai”. Gli chiediamo al telefono, sicuro? Sicuro che non si voti prima della scadenza naturale? E Romeo che è “champagnino”, risponde sorridendo: “Votare prima? Se FdI insiste sapete che c’è? Attilio Fontana si dimette subito così si va a elezioni anticipate. Lui può ancora fare il terzo mandato? Sulla data magari ci mettiamo d’accordo con Roberto Occhiuto”. Sono ancora partito, ma sono impauriti da Pier Silvio Berlusconi che “ha le televisioni e che se viene a Roma…”, provano a stare insieme, ma solo una volta si può essere re del mondo, poi al massimo si può vivere nel ricordo. Sono come l’estate che è la stagione delle stelle che cadono, ma non si può piangere. La musica copre anche i singhiozzi.
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