Figlio della sottosegretaria al Mef nel Cda del teatro Verdi di Trieste. Interrogazione Pd a Giuli

Il figlio di Sandra Savino di Forza Italia, sottosegretaria al ministero dell'Economia e delle Finanze, è stato nominato nel cda del teatro Verdi di Trieste. Stesso comune dove sempre la madre ricopre ricopre anche il ruolo di assessore alle Politiche dei servizi generali. Protesta l’opposizione. Le deputate dem Debora Serracchiani e Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura della Camera, hanno annunciato un’interrogazione al ministro della Cultura, Alessandro Giuli per chiedere chiarimenti.
"Chiederemo al ministro Giuli se sia a conoscenza di come risulti composto il Consiglio di indirizzo della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi Trieste, e comunque crediamo che la situazione debba essere portata alla sua attenzione e valutazione. Da quanto risulta, nessuna donna entra nell'organo di indirizzo della Fondazione, caso forse unico in Italia e comunque in contrasto morale con le indicazioni europee e nazionali – denunciano Serracchiani e Manzi – Ha suscitato stupore anche la nomina del figlio della sottosegretaria al ministero dell'economia e delle finanze Sandra Savino, che nella Giunta comunale di Trieste ricopre anche il ruolo di assessore alle Politiche dei Servizi Generali".
L'interrogazione sarà indirizzata al ministro Giuli e alla presidenza del consiglio dei Ministri ovvero al ministro delegato Pari opportunità, competente per i compiti di monitoraggio e vigilanza sull'applicazione delle quote di genere.
"Ci chiediamo se la nomina - spiegano le parlamentari del Pd - espressa dallo stesso Comune in cui la sottosegretaria ricopre il ruolo di assessore, di un parente di primo grado in un organo come il Consiglio di indirizzo della Fondazione non configuri un conflitto o un'altra forma comunque inopportuna di commistione di attribuzioni e di interessi. Non sono peraltro note le qualifiche specifiche che rendono la persona nominata più adatta di altre allo stesso ruolo, esclusa la qualifica di socio e amministratore - concludono Serracchiani e Manzi - in una società riconducibile alle storiche attività di famiglia della sottosegretaria".
La Repubblica