Ilaria Salis sfida Orban, torna in Ungheria per la prima volta dopo il carcere: sfilerà al Pride vietato dal governo

La battaglia Lgbt+

Ilaria Salis torna in Ungheria, a Budapest, lì dove l’11 febbraio del 2023 venne arrestata con l’accusa di aver partecipato ad almeno due aggressioni contro tre militanti di estrema destra durante la “Giornata dell’Onore”, una rievocazione nazista in memoria delle truppe di Hitler uccise dall’Armata rossa che assediava la città.
Oggi eurodeputata di Alleanza Verdi-Sinistra, dopo aver trascorso un anno e mezzo nelle carceri ungheresi per quelle accuse, Salis farà ritorno nella capitale ungherese per la Budapest Pride March, la marcia organizzata dalla comunità Lgbtq ungherese nonostante il divieto imposto dal governo autoritario di Viktor Orban.
L’evento è in programma il 28 giugno prossimo e sfiderà la legge ungherese che vieta manifestazioni come il Pride. Salis, che dopo esser stata eletta all’Europarlamentare ha potuto lasciare gli arresti domiciliari a Budapest, tornerà per la prima volta nel Paese magiaro.
L’attivista italiana non sarà sola. Con lei sfileranno altri eurodeputati di vari gruppi dell’Europarlamento, dalla sinistra fino al Partito popolare europeo.
Gruppo che, grazie all’immunità parlamentare, in teoria non potrà essere arrestato o perseguito dalla giustizia ungherese, che ancora oggi dà la “caccia” alla Salis: il governo di Orban ha chiesto a Strasburgo la revoca dell’immunità per poterla processare.
Rapporti, quelli tra Salis e l’esescutivo ungherese, tesi da tempo. Dopo l’approvazione della legge che vieta il Pride “per assicurare che in Ungheria si svolgano solamente le assemblee che tengano conto del diritto dei bambini a uno sviluppo fisico, psichico e morale adeguato”, l’eurodeputata italiana aveva accusato “il regime di Orban” di “usare telecamere a riconoscimento facciale per identificare i dissidenti che comunque oseranno manifestare, andando contro i principi della legge europea sull’intelligenza artificiale”. Parole a cui il portavoce di Orban, Zoltan Kovacs, aveva risposto così: “La tutela dei minori non è negoziabile: gli anarchici/comunisti non hanno voce in capitolo”.
l'Unità