L’ex ministra Pinotti: “Militari in Ucraina? Bene la prudenza del governo”
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(foto Ansa)
l'intervista
L'ex titolare della Difesa, esponente del Pd: "Salvini dice no per smarcarsi dal governo, ma le missioni non si decidono prima che ci siano le condizioni per metterle in campo. Su questo sono d'accordo con Meloni". E sulle contraddizioni nel campo largo: "Non si costruisce un percorso unitario con delle ambiguità sulla politica estera"
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“Se da un lato capisco e approvo l’attivismo del presidente Macron, dall’altro intravedo un modus operandi che non favorisce l’immagine di un’Europa che si muove in modo coeso. Perché se agisci per conto dell’Europa la devi consultare, devi aver ricevuto un mandato. Per questo penso che la prudenza del governo sia condivisibile. Io non avrei risposto in maniera diversa”. Da ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti giudica corretto l’atteggiamento dell’esecutivo che, a proposito della proposta francese di inviare contingenti militari europei in Ucraina per una missione di peacekeeping collegata agli accordi di pace, ha chiesto che l’iniziativa venga ricompresa sotto una missione dell’Onu. Senza fughe in avanti. “Non siamo ancora arrivati a un accordo di pace”, analizza Pinotti, ministro durante i governi Renzi e Gentiloni, oggi senza ruoli di direzione ma sempre iscritta al Pd. “La pace in questo momento è solo annunciata. Quindi capisco che Salvini, filoputiniano e vicino a Trump, dica di no principalmente a fini strumentali per differenziarsi dalla sua maggioranza. Ma fa bene il governo a sostenere che prima di decidere, bisogna capire nello specifico, nel dettaglio, di che operazione si tratta. Sapendo che se nella missione Unifil, che controlla un lembo di terra molto piccolo come la Blue line tra Israele e Libano, sono impiegati poco più di 10 mila soldati, in Ucraina potrebbero essere molti di più, e con regole d’ingaggio ben precise. Se fossi ministro, chiederei proprio in che quadro complessivo si inserisce l’operazione. Aggiungendo che le missioni non si decidono prima che ci siano le condizioni per metterle in campo”.
Secondo Pinotti, “il cambio di fase repentino causato dall’amministrazione Trump sta portando alla necessità di elaborare risposte rapide. Il vertice di Parigi convocato da Macron è stato un segnale di prontezza. Ma sul formato scelto, devo dire che si è capito poco. Quello che mi auguro è che, pur dovendo agire con rapidità, ci siano una regia e una strategia comune. Altrimenti regna l’entropia del caos”. Favorita senz’altro da un presidente come quello americano che sul dossier ucraino ha dimostrato di voler operare una forte discontinuità col predecessore. Meloni, che rivendica un rapporto privilegiato con lui, rischia di rimanere schiacciata, costretta a silenzi imbarazzati dopo gli attacchi a Zelensky? “Pur avendo riaffermato le sue posizioni in modo assai meno determinato alla convention dei conservatori, c’è da dire che in passato la premier è sempre stata fortissimamente filo Ucraina e pro Zelensky. Non credo abbia cambiato fronte”, analizza Pinotti. “Più che altro quello che auspico è che, pur comprendendo la necessità di lavorare perché i legami atlantici non si sfibrino, il governo mantenga la schiena dritta di fronte a Trump. Dire che Zelensky è un dittatore vuol dire rovesciare la realtà. E nel tenere la schiena dritta bisogna fare di tutto perché l’Europa non rimanga fuori dai negoziati, portando avanti l’obiettivo di arrivare a una pace giusta”.
Proprio sul sostegno all’Ucraina, gli ultimi giorni non hanno offerto un gran segnale di compattezza nelle opposizioni italiane. Con il Pd costretto a interfacciarsi con il leader M5s Conte che sembra più trumpiano di Trump. “Io dico che la politica estera è sempre fondamentale per governare un paese. Nel programma dell’Unione c’era un riferimento molto ambiguo alla guerra in Afghanistan. E così ogni volta che si discuteva sul tema c’erano fibrillazioni continue per il secondo governo Prodi. Per questo credo che la sintesi politica tra forze diverse che vogliono provare a costruire un percorso comune non possa contemplare ambiguità”. Vuol dire che la segretaria Schlein avrebbe dovuto battere con più insistenza su questo tasto? “Ma io non le ho mai sentito dire qualcosa di diverso rispetto alla necessità di arrivare a una pace giusta. Semplicemente, credo abbia evitato di rispondere alle provocazioni di Conte. E in questo credo abbia fatto molto bene. Non venendo meno a uno dei punti salienti della storia del Pd”. Restando sulla difesa europea, come giudica lo scorporo delle spese militari dal Patto di stabilità in discussione a Bruxelles? “Quando ero ministra con l’allora ministro degli Esteri Gentiloni proponemmo qualcosa di simile per le spese nazionali su progetti di difesa Ue” risponde Pinotti. “Sono favorevole a qualsiasi forma di indebitamento comune sulla difesa. Il punto è non far sì che queste risorse vadano a finanziare, ad esempio, l’industria della difesa americana, come succede adesso. La costruzione di una componente industriale e tecnologica dell’industria della Difesa europea è fondamentale, come chiede anche Draghi”.
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