La Consulta discute della costituzionalità del decreto Piantedosi

La costituzionalità del decreto
Sulle norme che fermano nei porti le navi civili di soccorso minacciandole con il rischio della confisca e limitando i salvataggi si esprimerà la Corte

Stamattina la Corte costituzionale oggi discute della legittimità costituzionale del decreto Piantedosi, la legge spazza ong dal Mediterraneo, la legge che lascia senza testimoni le scorribande dei miliziani della Guardia costiera libica e della Guardia tunisina. Su quelle norme che fermano nei porti le navi della flotta civile minacciandole di fatto con il rischio della confisca, dovrà esprimersi finalmente la Consulta.
Nel corso di uno dei giudizi avviati dalla ong Sos Mediterranée contro un fermo della nave Ocean Viking (che continua a salvare centinaia di persone: nell’ultima operazione, il 17 maggio, ha soccorso una barca di legno stracarica nelle acque internazionali davanti alla Tunisia) è stata rimessa alla Corte costituzionale la questione di legittimità del decreto. La questione di costituzionalità era stata sollevata dal Tribunale di Brindisi, nell’ambito del giudizio dovuto al ricorso contro il fermo della Ocean Viking il 9 febbraio 2024. I legali firmatari di quel ricorso, Dario Belluccio e Francesca Cancellaro, fanno notare che è in ballo un principio giuridico fondamentale: “Non può essere sanzionata una condotta che è finalizzata a salvare la vita di altri”. Le norme della legge Piantedosi (decreto del gennaio 2023 poi convertito in legge dello Stato) contrastano con le norme della Costituzione italiana in più punti. Una delle principali questioni riguarda il principio di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione.
“Il principio di proporzionalità dovrebbe sempre guidare le decisioni del legislatore quando si tratta di limitare i diritti fondamentali”, avevano detto gli avvocati nell’udienza al Tribunale di Brindisi nell’ottobre 2024. “In questo caso, sono in gioco diritti fondamentali, sia per coloro che sono colpiti dalla sanzione prevista dalla legge, come le navi di soccorso, sia per i naufraghi stessi. La detenzione della nave rappresenta una sanzione che inibisce le attività di salvataggio e quindi impedisce l’accesso ai diritti fondamentali delle persone in pericolo in mare”. C’è poi la questione del principio di determinatezza. Le norme Piantedosi subordinano l’accertamento della condotta illecita delle navi di soccorso alle valutazioni delle autorità di uno Stato terzo, nel caso dal quale è nato il ricorso si tratta della Libia. La legge è così vaga da obbligare i soccorritori a rispettare qualsiasi indicazione, anche se proveniente da autorità appartenenti ad altri Stati, in quel caso la Libia: dal punto di vista legale quindi la sanzione dell’Italia alla Ocean Viking – una nave battente bandiera norvegese che si trovava in acque internazionali – per non aver rispettato le indicazioni delle autorità libiche è ampiamente discutibile dal punto di vista legale.
I giudici della Corte Costituzionale sono dunque chiamati a esprimersi principalmente su questi rilievi sollevati dal giudice di merito, che mettono in dubbio non soltanto singole norme ma l’intero impianto di una legge ingiusta, discriminatoria e punitiva. Attendendo l’udienza di oggi dice l’avvocata Francesca Cancellaro: “Si tratta della prima vera occasione per affrontare alla radice le critiche che abbiamo mosso al decreto Piantedosi fin dalla sua introduzione: una legge che criminalizza le organizzazioni non governative limitando di fatto il numero dei loro soccorsi. E’ un sistema che subordina le scelte operative alle indicazioni di Paesi come la Libia che violano sistematicamente i diritti fondamentali e mette in pericolo la vita in mare di naufraghi e soccorritori. La Corte costituzionale potrà risolvere quelle contraddizioni che ad oggi rendono incoerente il nostro sistema: da un lato, è reato condurre i naufraghi in Libia o consegnarli alle autorità libiche, dall’altro lato, e allo stesso tempo, se non ci si adegua agli ordini dei libici si rischia la detenzione della nave, fino ad arrivare alla confisca dell’imbarcazione”.
Aggiunge Valeria Taurino, la direttrice di Sos Mediterranée Italia: “Di fronte ai tentativi di questo governo di aggirare con leggi ingiuste il diritto internazionale, quello umanitario e, soprattutto, i doveri di umanità, il fatto di essere di fronte alla più Alta Corte del Paese dimostra in modo inequivocabile che lo Stato di Diritto non è scavalcabile. Soccorrere chi è in pericolo di vita è un diritto e un dovere, e sta a chi vorrebbe rovesciare questo principio inviolabile dimostrare che così non è, non certo a chi, animato da spirito umanitario, è in mare per provare a salvare vite umane. Del resto, già nell’accoglimento della nostra richiesta di sospensione del fermo, il Tribunale di Brindisi aveva sottolineato come le nostre attività di ricerca e soccorso siano ‘di per sé meritevoli’ di tutela istituzionale”.
Dall’entrata in vigore del decreto legge Piantedosi sono state decine i fermi amministrativi delle navi delle Ong della flotta civile che fanno operazioni di ricerca e salvataggio in mare, soprattutto lungo le rotte mortali che partono dalla Tunisia e dalla Libia. Queste sanzioni hanno fortemente limitato la capacità di soccorso nel Mar Mediterraneo e contribuito al rafforzamento delle attività illegali della Guardia costiera libica e dei miliziani tunisini e al respingimento di richiedenti asilo.
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