La politica nel privato, non nei romanzi. Intervista a Katie Kitamura


Franzen, Tartt, Foster Wallace: il rinascimento letterario americano è stato caratterizzato dal rifiuto di ogni ideologia. La più autorevole tra le autrici della generazione successiva, continua su questa strada
Il rinascimento letterario americano della fine del secolo scorso è stato caratterizzato dal rifiuto di ogni ideologia e da una riflessione, quasi sempre dolente, sulla fragilità dei sentimenti. Il tono e il linguaggio di Jonathan Franzen, Donna Tartt, Jeffrey Eugenides e Jennifer Egan, è estremamente differente, come anche quello di David Foster Wallace, che del gruppo è stato il più rivoluzionario, ma è comune una concezione dell’esistenza caratterizzata da un senso di precarietà e fallacia, come l’urgenza di riflettere sul rapporto tra identità e comunità, nella speranza di trovare qualche certezza all’interno di questo dialogo. E’ lo stesso approccio di Katie Kitamura, la più autorevole tra le autrici che si sono affermate nella generazione successiva. Nei suoi libri la politica continua a essere pressoché assente, come se si trattasse di un elemento di contaminazione, ma sul piano privato l’impegno e la passione appaiono condizioni irrinunciabili. “Stiamo vivendo un momento storico pericoloso”, mi dice in un giorno di riposo dal tour di promozione di Audition, accolto da recensioni osannanti.
Nata a Sacramento da una coppia di giapponesi, Kitamura vive a Brooklyn insieme al marito, lo scrittore anglo-indiano Hari Kunzru e i due figli, e ritiene che la mescolanza di sangue rappresenti la ricchezza dell’America. Nel suo romanzo Una separazione, la protagonista è una donna “straniera” della quale non si conosce la provenienza, e in Japanese for Travellers. A journey, si è confrontata con le proprie origini. “Non bisogna cadere nella trappola di identificare i personaggi con l’autore”, mi dice, e ovviamente ha ragione, ma è anche vero che le creazioni letterarie non si possono considerare pura astrazione. Tengo per me questa considerazione, pensando che ha studiato danza e praticato le arti marziali, poi le chiedo cosa pensi della politica sull’immigrazione di Trump.
E’ innatista e miope – mi risponde con veemenza –. Da un punto di vista ideologico è un tradimento di tutto ciò che gli Stati Uniti rappresentano e della storia che hanno sempre raccontato a loro stessi. Finirà solo per impoverire il paese: già vediamo molte persone di talento che abbandonano gli Stati Uniti verso luoghi che accolgono chi emigra. Questa politica causerà gravi conseguenze economiche, qualcosa che un tempo stava a cuore ai repubblicani.
Nei miei precedenti incontri ho cercato di capire come mai Trump abbia avuto successo nel voto femminile nonostante le sue violente dichiarazioni misogine. La prima risposta che mi viene in mente è che si tratta di misoginia interiorizzata, ma non credo che possa trattarsi solo di questo. Ho l’impressione che le elettrici di Trump pensino che lui non intenda veramente quello che dice: per molto tempo c’è stata la tendenza di non prenderlo sul serio, ma adesso stiamo vedendo che lui invece intendeva esattamente quello che diceva.
E’ abbastanza sorprendente che una persona così lontana dalla religione abbia successo anche tra gli evangelici. Un amico mi ha fatto notare come la sinistra abbia sempre maggiore difficoltà della destra a creare coalizioni. A me sembra che gli evangelici siano pronti a trascurare il fatto che sia profondamente irreligioso, perché esaudisce alcuni desideri e ambizioni della destra cristiana, come l’abolizione della sentenza Roe vs. Wade che permise l’aborto.
Su una cosa sono d’accordo sia i detrattori che gli ammiratori di Trump: è straordinariamente abile sul piano della comunicazione: che idea si è fatta della sua foto con Zelensky a San Pietro? E’ un’immagine misteriosa. Sembra che siano in posa: non c’è dubbio che sapessero entrambi di essere fotografati, ma tutto il resto sembra improvvisato e autentico. C’è da sperare solo che sia stato un incontro produttivo.
Durante il primo mandato, Trump ha creato il termine “verità alternativa”. Sembra che metà del paese stia vivendo in un’altra realtà e appare più come una differenza ideologica o una posizione politica: non vedo come si possa colmare lo spazio tra queste posizioni. Quando ho visto la foto che ha fatto circolare vestito da papa ho pensato che questa amministrazione si sposa perfettamente con l’estetica piatta, a buon mercato e post verità dell’intelligenza artificiale. La Leni Riefenstahl di questo regime è l’applicazione Midjourney: falsa, manipolatrice, orribile e sinistra.
Cosa pensa della guerra tra in corso Trump e le università? E’ parte del manuale operativo di tutti i regimi autoritari in ogni parte del mondo, ora come in passato. Con un’aggravante: negli Stati Uniti gran parte dei finanziamenti federali va alla scienza e alla ricerca medica, e i tagli finiscono per avere effetto su settori come la ricerca sul cancro. E ciò è incredibilmente e dolorosamente distruttivo. Anche negli stati repubblicani esistono molte comunità nelle quali le università rappresentano il principale datore di lavoro: c’è chi ha perso il lavoro e chi morirà a causa di questo attacco alla ricerca.
Il fatto che le condanne penali siano assolutamente irrilevanti per gli elettori di Trump ha portato Margo Jefferson a descriverlo come il leader di una setta. Sembra che Trump creda sinceramente di essere stato scelto da Dio, qualunque cosa egli faccia, e molti dei suoi seguaci ne sono convinti a loro volta. Penso che il lessico che utilizza testimoni le caratteristiche di setta che oggi ha il Partito repubblicano, mentre il fatto che i suoi sostenitori siano indifferenti alle condanne è dovuto al modo efficacissimo con cui è stato capace di minare la fiducia in istituzioni fondamentali quali quella giudiziaria.
Ritiene che Trump rappresenti qualcosa di inevitabile nella storia americana? Io non credo che ci sia qualcosa di inevitabile, ma neanche che sia un’eccezione: nelle fondamenta di questo paese ci sono anche principi di esclusione, violenza e ingiustizia.
Nel trionfo di Trump c’è qualcosa di cui ritiene responsabile il mondo che oggi è all’opposizione? Certamente, anche se non penso che il catastrofismo sia utile. Ricordo che dopo la sua prima vittoria c’è stata una corsa a “comprendere” gli elettori della classe operaia che avevano votato Trump. Il contributo dell’industrie editoriale a quella corsa è stato Elegia americana di J. D. Vance, e ora ne abbiamo visto i risultati.
Intende che non si doveva pubblicarlo? Non dico questo, sono contraria a qualunque forma di censura. Ma credo che il mondo liberal abbia combattuto la sua battaglia in maniera molto meno efficace di quanto abbiano fatto gli avversari. Guardi cosa è successo nei media: la stampa è stata in larga parte critica di Trump, anche se con un’incisività minore di quanto si sarebbe potuto sperare. Parallelamente nuove realtà televisive come la Fox lo hanno appoggiato dopo averlo, per alcuni versi, creato. Tutto questo è avvenuto mentre cambiava la forma dei media: la destra ha coltivato personalità dei podcast che si sono rivelate molto influenti e hanno surclassato la comunicazione tradizionale: la sinistra ha fallito completamente nel coltivare personalità del genere. C’è infine da aggiungere che per coloro che non fanno parte del suo mondo i continui annunci di Trump sui social spesso non hanno senso e generano solo confusione.
Nel frattempo è stato eletto un Papa americano. Sono rincuorata e fiduciosa per la nomina di Leone XIV, e come ha scritto un giornale: Trump non è più l’americano più importante del mondo. Il nuovo Pontefice sembra che abbia il potenziale di agire come contro-bilanciamento di Trump e dei suoi alleati, e di continuare il lavoro di Papa Francesco. E’ un enorme sollievo.
Sto chiedendo a tutte le persone che incontro se c’è qualcosa che apprezza nel presidente. Personalmente non lo ammiro né lo rispetto. E non riesco a individuare nemmeno una cosa positiva tra quelle che ha realizzato. Mi dicono che di persona è divertente, e posso dire che in tv è più interessante di J. D .Vance o Marco Rubio, i due che hanno maggiori possibilità di succedergli.
Quale è il suo giudizio su J. D. Vance? L’elemento che lo definisce è l’opportunismo. Non esiste una singola posizione ideale alla quale non sia pronto a rinunciare per fare carriera.
A proposito di opportunismo, come giudica il fatto che industriali e imprenditori miliardari che fino alle elezioni appoggiavano la sinistra siano oggi schierati con Trump? Insieme all’opportunismo c’è un’autentica e potente convergenza su idee di destra da parte dell’elite tecnologica, basta leggere alcune delle recenti dichiarazioni di Zuckerberg. Parallelamente sembra che anche la maggioranza degli utenti tenda in maggioranza verso la destra.
La cultura americana è da sempre affascinata dal personaggio del self-made man, al punto da mettere in secondo piano se costui ha un passato opaco o addirittura criminale. Ma Trump non è un self-made man, è soltanto un criminale. Ha ereditato una fortuna dal padre e ha creato una narrativa secondo la quale è un miliardario che si è fatto da solo. E molta gente crede che sia così.
David Remnick dice che gli Stati Uniti rischiano di diventare un paese autoritario. Considerando i parametri storici io ritengo che lo siano già diventato.
Non pensa che gli Stati Uniti abbiano gli anticorpi per resistere a questa situazione? Non sono ottimista. Tuttavia, penso alle parole di Rumeysa Ozturk, che è stata incarcerata sei settimane per aver scritto un editoriale su un giornale studentesco. Quando è stata finalmente scarcerata ha dichiarato “L’America è la più grande democrazia del mondo e ho fiducia nel sistema americano di giustizia”. Se lei non vive della disperazione, chi sono io per essere disperata?
Come giudica il rapporto fra Trump e Putin? Terrorizzante. E’ difficile comprendere esattamente quale sia il potere di Putin nei confronti di Trump: c’è qualcosa di materiale? O semplicemente Trump lo ammira? E’ difficile capire quale delle due cose sia più terrificante.
Come spiegherebbe Trump a un bambino di dieci anni? Ai miei figli direi che è un bullo e una persona piccola. Con mio marito li abbiamo educati a essere empatici con i bulli, il che significa provare pena per Trump, che, credo sia meglio che provare soltanto paura.
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