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Max Mara si offende perché il sindaco difende le operaie

Max Mara si offende perché il sindaco difende le operaie

Il caso delle lavoratrici sfruttati

Chiedo un’informativa in Aula alla Ministra Calderone: i padroni si sono offesi, hanno reagito con ripicca. Il Polo della Moda di Reggio Emilia - concordato col Comune - è annullato

Foto Facebook/Marco Massari
Foto Facebook/Marco Massari

Chiedo un’informativa in Aula alla Ministra Calderone. I padroni di Max Mara si sono offesi, irrevocabilmente. Punti nell’orgoglio, hanno reagito con ripicca. Il Polo della Moda di Reggio Emilia è stato annullato. Poco importa se quel progetto fosse stato concordato con l’amministrazione comunale. Loro non ci stanno più, e sapete perché? Perché il sindaco Massari ha osato incontrare le operaie della Manifattura San Maurizio in sciopero.

Peggio, ha detto che le loro segnalazioni meritano attenzione e si è augurato l’apertura di un dialogo con l’azienda. Poi ha timidamente suggerito che, forse, sarebbe opportuno applicare il contratto nazionale di lavoro. E come si permette costui un tale sgarbo nei confronti dei detentori del capitale? E che vogliono queste operaie? Che roba, Contessa! Dicevano, pensi, di essere sfruttate. Raccontavano anche altro: che sono state chiamate “mucche da mungere”, “grasse”, “obese”, invitate a fare esercizi a casa per dimagrire, controllate quando andavano in bagno. E queste, diciamo, sono le “note di colore”. L’inutile umiliazione che accompagna lo sfruttamento. Poi ci sono i pagamenti a cottimo, i permessi negati, le ferie imposte, i ritmi insostenibili, il mancato riconoscimento salariale. Poi c’è il fatto, ormai tristemente usuale, che Max Mara esegue tutta logistica in appalto. E fa di peggio: non intrattiene relazioni sindacali e non applica il CCNL del Tessile, ma un regolamento interno. Ripeto: uno dei leader mondiali della moda non applica il Contratto collettivo nazionale.

Da qui quello sciopero, che è un fatto storico. Un fatto che chi ha a cuore la democrazia, la Costituzione e i diritti dovrebbe salutare con emozione. Perché è il primo sciopero dopo oltre quarant’anni, la prima grande prova di coraggio da parte di questo gruppo di lavoratrici. Un esercizio di democrazia e di dignità. L’azienda ha risposto: con una lettera di dissociazione dalla vertenza firmata da una parte minoritaria delle dipendenti. Mi aspetto che il Governo esprima la sua solidarietà a chi sta scioperando. E condanni la logica padronale con cui un’azienda applica ritorsioni a un’intera città, proprio per allontanare le istituzioni dalle rivendicazioni del lavoro. Per rimarcare chi comanda. Ma la famiglia Maramotti non è al di sopra della Costituzione, né dello Statuto dei Lavoratori e delle Lavoratrici. La Viceministra Bellucci ha dovuto riconoscere l’esistenza di “situazioni problematiche”. Ma soprattutto, l’Ispettorato del Lavoro ha confermato le criticità denunciate dalle lavoratrici. Perciò quei padroni farebbero bene a mostrare meno arroganza. Perché nessuno si beve più la bella favola dell’“artigianato di eccellenza”. E il mondo della moda – che rappresenta il 5% del PIL nazionale – non può sostenersi su lavoro schiavistico.

*Deputato Avs

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