Open Arms, Procura Palermo impugna assoluzione Salvini. Il ministro: difendere confini non è reato

La Procura di Palermo ha depositato il ricorso in Cassazione contro la sentenza che ha assolto dai reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio il leader della Lega Matteo Salvini per la vicenda Open Arms. Si tratta del cosiddetto "ricorso per saltum" che consente di evitare il giudizio di appello e di ottenere direttamente una pronuncia della Suprema Corte.
Dopo un lungo processo davanti al tribunale di Palermo in cui era accusato di aver trattenuto illegittimamente a bordo della nave della ong Open Arms un gruppo di migranti soccorsi in mare nell'agosto del 2019, impedendo all'imbarcazione l'approdo a Lampedusa, Salvini, il 20 dicembre scorso, era stato assolto.
"Ho fatto più di trenta udienze, il Tribunale mi ha assolto perché il fatto non sussiste riconoscendo che difendere i confini non è un reato. Evidentemente qualcuno non si rassegna, andiamo avanti: non mi preoccupo". Così il vicepremier, Matteo Salvini, commenta la decisione della procura di Palermo. E poi aggiunge: "Su Open Arms non c'è alcuno scontro tra politica e magistratura, e infatti ringrazio il Tribunale di Palermo e sottoscrivo tutte le 268 pagine che motivano la mia totale assoluzione, arrivata dopo decine di udienze e anni di approfondimenti".
E la sua avvocata, Giulia Bongiorno è sulla stessa linea ritenendo che la sentenza del tribunale di Palermo sia "completa e puntuale in fatto ed ineccepibile in diritto".
La motivazione della sentenza è stata depositata a giugno. La Procura ha optato per il ricorso diretto alla Cassazione, che è giudice di legittimità, sostenendo che il verdetto di assoluzione non confuta la ricostruzione dei fatti prospettati dall'accusa, che sono dunque accertati, ma si limita, interpretando male leggi e convenzioni internazionali, a dire che l'Italia non aveva l'obbligo di assegnare alla nave spagnola il porto sicuro (Pos). Inutile dunque sarebbe, per i pm, un nuovo processo d'appello.
"Anche nel caso della Open Arms deve concludersi che l'ipotizzata incompetenza del ministro al rilascio del Pos quale condizione sufficiente per escludere tout court la responsabilità dell'imputato per entrambi i reati, non può che risolversi, alla luce della peculiare tutela che l'ordinamento riserva alla libertà personale e della struttura dei due delitti, nell'omissione della motivazione in violazione dell'art. 125 c.p.p. Ciò vieppiù se si considera la formula assolutoria utilizzata che a fronte del riconosciuto trattenimento a bordo dei migranti e dell'altrettanto riconosciuta assenza di un intervento positivo del Ministro, non risulta supportata da nessuna plausibile ragione giuridica o meglio da alcuna spiegazione". Questo è scritto dalla Procura di Palermo nel ricorso alla sentenza di assoluzione.
Il Tribunale, dopo otto ore di camera di Consiglio, ha assolto il ministro dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio. Secondo i giudici, "l’assegnazione del Pos (place of safety) non spettava all’Italia", e di conseguenza a Matteo Salvini, mentre Open Arms sbagliò a restare in “ostinata attesa” di un porto sicuro nel nostro Paese. Per questo i giudici hanno assolto il leader della Lega, non senza intervenire su alcuni argomenti: il divieto di ingresso in acque italiane era illegittimo, strumentale e basato su “mere congetture”.
Non solo, la logica del concedere il Pos solo dopo aver ottenuto dagli altri paesi europei un accordo per la redistribuzione adottata dal governo Conte Uno e quindi anche da Salvini, non si basa su nessuna normativa e per questo “quanto meno opinabile”. Il leader della Lega, vicepremier e ministro dei Trasporti era accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per i fatti accaduti nel 2019: da ministro dell'Interno aveva infatti negato lo sbarco per diciannove giorni a 147 migranti, tra cui 27 minori, soccorsi in tre distinte operazioni dalla ong spagnola Open Arms. L'accusa aveva chiesto una condanna a 6 anni di carcere.
''Se Salvini è imputabile per quello che fece mi ritengo moralmente imputabile anche io''. Così il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi alla quarta edizione dell'evento ''Parlate di mafia'', dopo che la Procura di Palermo ha impugnato la sentenza di assoluzione.
"Nel rispetto profondo che si può avere per quelli che sono tutti i passaggi giudiziari, compresa la legittima decisione di un ufficio giudiziario importante come la Procura di Palermo, l'impugnare un'assoluzione che pure era stata emanata, e leggendola in maniera molto forte con affermazione di principi molto netti, mi dispiace prima di tutto umanamente, personalmente e anche professionalmente". Il ministro ha ricordato come nel periodo dei fatti contestati, lui fosse capo di gabinetto del ministro Salvini ed entrò come coindagato nell'inchiesta, prima che la sua posizione venisse stralciata dall'autorità giudiziaria. "Mi dispiace per motivi umani e professionali - ha aggiunto Piantedosi -, e anche per motivi di valutazione di diritto", "sono convinto che anche in questo caso non potrà che portare anche in secondo grado o in Cassazione all'assoluzione e alla legittimità dell'azione".
"I fatti sono stati ampiamente riconosciuti e ricostruiti nel processo di primo grado. Attendiamo di ricevere la notifica e di leggere il ricorso, ma abbiamo piena fiducia nel lavoro della procura di Palermo". È il primo commento a caldo di Open Arms alla notizia del ricorso della procura palermitana in Cassazione contro la sentenza di assoluzione di Salvini.
Rai News 24