Rai, annullata circolare contro l’impegno referendario ed elettorale per dipendenti e collaboratori

«Non solo sotto il profilo economico, ma anche sotto il profilo delle condizioni di lavoro, il provvedimento nelle parti in contestazione penalizza e quindi discrimina coloro che in forza della libertà di pensiero e associazione esprimono nel loro privato extra lavorativo una legittima opinione»: con questa motivazione il tribunale del Lavoro di Busto Arsizio annulla la circolare interna alla Rai del 5 maggio scorso, a firma dell’amministratore delegato Giampaolo Rossi, che imponeva restrizioni per tutti i dipendenti e i collaboratori che avrebbero fatto attività referendaria da qui all’8 giugno.
Sul giornale di stamani Repubblica ha dato conto della lettera di Rossi, impugnata però da Slc Cgil e dall’associazione Andos, sia da una singola lavoratrice candidata in un comune in provincia di Roma sia collettivamente per, appunto, discriminazione.
La giudice Franca Molinari ha risposto al ricorso collettivo ordinando «alla Radio Televisione Italiana s.p.a. l’adozione con effetto immediato delle modifiche alla comunicazione interna (…) necessarie ad evitare l’effetto discriminatorio».
La direttiva di Rossi, contestata dagli avvocati Carlo De Marchis Gómez, Matilde Bidetti e Silvia Conti, riguardava tutto il corpo lavorativo della Rai, anche le partite Iva o i cococo. Secondo i desiderata dell'ad, coloro che sono candidati, anche in un piccolo comune, avrebbero dovuto mettersi in ferie o permesso, oppure stare in aspettativa; ma non solo, anche chi era impegnato nella campagna referendaria avrebbe dovuto comunicarlo all’azienda, cosicché sarebbe stato depennato dai titoli di coda delle trasmissioni. «La penalizzazione che inibisce il diritto fondamentale ad esprimere liberamente il proprio pensiero ed associarsi è oggettiva», scrivevano i ricorrenti.
Il tribunale gli ha dato ragione «con una sentenza chiara che – dice il segretario generale della Slc Cgil Riccardo Saccone - spiega finalmente alla Rai che il rispetto delle regole in una competizione elettorale non può tradursi di fatto in una sospensione dei diritti civili dei lavoratori. Sarebbe opportuno che la Rai facesse tesoro di questa sentenza: correttezza ed imparzialità non fanno in alcun modo rima con silenzio e censura. Ci aspettiamo che la lavoratrice di Roma venga messa quanto prima nelle condizioni di lavorare senza essere discriminata per esercitare un proprio sacrosanto diritto. Così come pretendiamo che il servizio pubblico faccia il proprio dovere ed informi finalmente il paese sui referendum di giugno».
"In riferimento a quanto riportato dalla stampa circa norme restrittive per dipendenti e collaboratori recentemente diramate”, Rai precisa che “tali norme – nate per tutelare l’imparzialità e l’obiettività del servizio pubblico – erano già contenute nelle circolari del 2018, 2020 e 2022 su consultazioni elettorali e referendum”.
La Rai prosegue: “Le norme prevedono che coloro che abbiano accettato candidature elettorali ne debbano dare immediata comunicazione all’azienda: i lavoratori dipendenti vengono invitati a fruire di ferie o di altri permessi, retribuiti e non retribuiti, fino al giorno della chiusura dei seggi, mentre i collaboratori autonomi vengono invitati a sospendere il contratto in essere. Va comunque sottolineato che, in entrambi i casi, nessuno viene obbligato a collocarsi in ferie/permesso o a sospendere il contratto, non essendoci alcuna disposizione normativa che preveda detti obblighi”.
Nel comunicato si sottolinea: “Nel caso della prossima consultazione referendaria, in particolare, la recente circolare non contiene – come in passato – nessuna disposizione specifica per i lavoratori che supportino i comitati referendari, se non gli inviti richiamati in precedenza. Il tutto a tutela della terzietà dell’azienda, nell’obiettivo di evitare che i dipendenti/collaboratori possano influenzare in qualunque modo, anche in forma surrettizia, le libere scelte degli elettori”.
La Repubblica