Pfas, nel microbioma un’arma per eliminarli

Alcuni batteri del nostro intestino possono assorbire e immagazzinare al loro interno molecole di Pfas, le sostanze balzate proprio in questi giorni agli onori della cronaca per la sentenza della Corte d’assise di Vicenza che ha condannato 11 persone per il noto caso di inquinamento nelle acque di alcune province venete.
La scoperta si deve a una ricerca coordinata dall'Università di Cambridge e pubblicata su Nature Microbiology, secondo la quale aumentare la presenza di queste specie nel microbioma intestinale potrebbe proteggerci dagli effetti nocivi dei Pfas.
Cosa sono i Pfas e perché sono dannosi?Pfas è l’acronimo inglese di sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche e sotto questo nome rientrano oltre 4.700 sostanze chimiche artificiali, note per rappresentare un rischio per la salute. Presenti in molti oggetti di uso quotidiano, come padelle antiaderenti, cosmetici, indumenti impermeabili e imballaggi alimentari, vengono usate ampiamente per la loro resistenza al calore, all'acqua, all'olio e al grasso. Tuttavia, poiché impiegano migliaia di anni per decomporsi (vengono infatti definite come “perenni”), si stanno accumulando in grandi quantità nell'ambiente e, di conseguenza, nel nostro organismo.
Come un lento velenoQuando entrano nel nostro organismo, alcuni Pfas vengono eliminati attraverso le urine in pochi giorni, ma altri, che hanno una struttura molecolare più lunga, possono rimanervi addirittura per anni. E sono stati associati a una serie di problemi di salute, come una ridotta fertilità, ritardi nello sviluppo infantile e un rischio maggiore di alcuni tumori e malattie cardiovascolari. “Siamo tutti esposti ai Pfas attraverso l'acqua e il cibo: queste sostanze chimiche sono così diffuse che sono presenti in tutti noi - ha commentato Anna Lindell, prima autrice del nuovo studio - Un tempo erano considerati sicuri, ma ora è chiaro che non lo sono. Ci è voluto molto tempo prima che i Pfas venissero notati, perché a bassi livelli non mostrano tossicità. Ma sono come un veleno lento”.
Batteri come spugne per i PfasNel nuovo studio, i ricercatori sono riusciti a identificare specie batteriche presenti naturalmente nel nostro intestino e in grado di assorbire diverse molecole di Pfas dall'ambiente circostante. Per testare questa loro abilità, il team le ha introdotte nell'intestino di alcuni topi per rendere il loro microbioma più simile al nostro. Dalle successive analisi è emerso che 9 ceppi di batteri hanno rapidamente accumulato i Pfas ingeriti dai roditori, che li hanno poi eliminati attraverso le feci. Come una sorta di spugna, infatti, i batteri li hanno assorbiti, conservandoli al loro interno, in quello che in gergo tecnico viene definito come bioaccumulo. Non solo: da studi in vitro, i ricercatori hanno notato che aumentando i livelli di Pfas, i batteri lavoravano ancora più intensamente, rimuovendone costantemente la stessa percentuale: entro 24 ore dall'esposizione, le specie batteriche prese in esame hanno assorbito tra il 25% e il 74% di Pfas. "Abbiamo scoperto che alcune specie di batteri intestinali umani hanno una capacità notevolmente elevata di assorbire i Pfas dall'ambiente a diverse concentrazioni e di immagazzinarli in aggregati”, ha spiegato Kiran Patil, tra gli autori dello studio.
Verso nuovi metodi per eliminare i PfasLo studio fornisce la prima prova che il nostro microbioma intestinale potrebbe svolgere un ruolo importante nell'eliminazione di queste sostanze chimiche tossiche. Una scoperta che, se venisse dimostrata direttamente sugli esseri umani, potrebbe un giorno aprire la strada al potenziale sviluppo di nuovi metodi per difenderci dai Pfas, come per esempio l'uso di probiotici in grado di aumentare i livelli dei batteri benefici nel nostro intestino. “Non abbiamo trovato un modo per distruggere i Pfas - conclude Roux - ma le nostre scoperte aprono la possibilità di sviluppare metodi per eliminarli dal nostro corpo, dove causano più danni”.
repubblica