Sordità genetica, nuovi risultati incoraggianti dalla terapia genica

Rimpiazzare un gene difettoso con una iniezione. È questa una delle strategie attualmente in fase di sperimentazione per combattere la sordità genetica dovuta a mutazioni del gene Otof. Se ne parla da qualche tempo, e gli ultimi risultati arrivano da uno studio appena pubblicato su Nature Medicine su 10 partecipanti, di cui un adulto di quasi 24 anni e un adolescente di 14 anni e mezzo.
Una novità, dato che fino ad oggi questo tipo di terapia genica era stato testato solo su bambini. I risultati sembrano ancora una volta incoraggianti, anche se i maggiori benefici sarebbero stati osservati nella fascia di età 5-8 anni. I più piccoli e i più grandi avrebbero invece mostrato miglioramenti più contenuti.
Dall’orecchio al cervelloSi stima che circa la metà dei casi di sordità nei bambini appena nati abbia origini genetiche. I geni coinvolti sono diversi, e uno di questi è il gene Otof, che codifica per una proteina nota come otoferlina. Quando un suono raggiunge l’orecchio interno, e in particolare un organo noto come coclea, viene convertito in segnale elettrico e trasmesso al cervello attraverso i neuroni. La otoferlina svolge un ruolo in questo processo di "trasferimento" del segnale dall’orecchio al cervello, motivo per cui le mutazioni patologiche di questa proteina causano sordità congenita.
Iniettare il gene “funzionante”L’idea, quindi, è quella di iniettare nei pazienti con sordità genetica dovuta a mutazioni del gene Otof una versione “funzionante” del gene stesso. Attraverso l’iniezione, che si esegue in anestesia totale, viene introdotta nell’orecchio interno una soluzione contenente uno o più virus innocui che trasportano il gene privo di mutazioni. In questo modo le cellule della coclea vengono messe nella condizione di poter produrre una versione funzionante della otoferlina.
Come anticipato, si parla da tempo di questa strategia e sono diverse le sperimentazioni cliniche in corso. Per quanto riguarda lo studio appena pubblicato su Nature Medicine, la sperimentazione è stata condotta presso cinque ospedali cinesi, in collaborazione con ricercatori del Karolinska Institutet (Svezia).
Dei dieci partecipanti, otto erano di età inferiore o uguale a 8 anni, e tre avevano meno di 2 anni. Tre partecipanti hanno ricevuto l’iniezione in entrambe le orecchie, mentre gli altri sette l’hanno ricevuta in un solo orecchio a causa della presenza di un impianto cocleare nell’altro. Di questi sette, uno ha ricevuto due iniezioni (nello stesso orecchio) a distanza di 4 mesi una dall’altra.
Benefici variabiliIn generale, la terapia sarebbe stata ben tollerata e nessun partecipante (neanche quello che ha ricevuto due iniezioni a distanza di 4 mesi) avrebbe sviluppato reazioni avverse gravi nei 6-12 mesi successivi all’iniezione. L’effetto collaterale più frequente riportato è una riduzione nel numero di neutrofili, un tipo di cellule del sistema immunitario.
I benefici della terapia sarebbero stati apprezzabili già un mese dopo l’iniezione, e al follow up di sei mesi il volume minimo udibile dai partecipanti sarebbe passato, in media, da 106 a 52 decibel. I maggiori benefici - come detto - sono stati osservati nella fascia di età 5-8 anni, ma anche i più grandi e i più piccoli avrebbero mostrato qualche miglioramento.
I prossimi passiI motivi della possibile correlazione fra età ed efficacia non sono noti al momento. In generale, gli stessi autori dello studio sottolineano che si tratta di risultati preliminari e che saranno necessarie ulteriori ricerche per validarli, visto soprattutto il limitato numero di partecipanti. Inoltre, sarà necessario monitorare se i benefici si protraggono anche sul lungo periodo, dato che si tratta di terapie in fase di sperimentazione.
Nel frattempo, il team sta già pensando di sfruttare la stessa strategia anche per altre mutazioni genetiche che causano sordità congenita: “Noi e altri ricercatori stiamo estendendo il nostro lavoro ad altri geni più comuni che causano la sordità, come Gjb2 e Tmc1 - conclude Maoli Duan, uno dei coordinatori dello studio - Questi sono più complicati da trattare, ma gli studi sugli animali hanno finora dato risultati promettenti”.
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