“La mia battaglia contro Apple? Difficilissima, ma lo faccio per la dignità del Made in Italy”

Susanna Martucci è fondatrice e capo di Alisea, l’azienda di Vicenza nota per aver fatto causa a Apple. E di averlo fatto per due volte. Dopo aver perso il primo grado, ha deciso di ricorrere in appello. Il motivo? Martucci è convinta che Apple abbia usato il design di una matita prodotta dalla sua azienda (Perpetua la matita) per la sua Apple Pencil. I giudici per ora non la pensano così. Ma per Martucci questa battaglia non sta proprio nei termini con cui è stata raccontata finora. Non è una questione di Davide contro Golia. E, dal suo punto di vista almeno, nemmeno oramai una questione di soldi.
Dottoressa Martucci, avete perso in primo grado. Perché continuate la vostra battaglia contro Apple?
“Guardi, io non ce l’ho con Apple e sinceramente penso di aver già superato la cosa”.
Come scusi?
“Non ho più la sensazione che mi abbiano rubato qualcosa. Non ci penso più”.
Mi perdoni, allora perché lo fate?
“Perché questa questione mi ha acceso un fuoco dentro. La mia è una battaglia di principio. Abbiamo speso soldi come azienda per far progettare quella matita da uno studio di architettura. Soldi per il brevetto. Soldi ogni anno per mantenerlo. Lei pensa che alla mia età sia facile fare una battaglia legale a Apple e mettersi contro i loro avvocati?”
Nessuno lo pensa.
“Ho 67 anni e l’unica cosa che mi interessa di questa battaglia è ciò che lascerò agli altri, alle nuove generazioni. Dico che è una battaglia per il Made in Italy e per le aziende che lo fanno. Sa perché? Perché si deve avere la certezza che se un prodotto italiano è fatto di studio, design e investimenti, e siamo famosi nel mondo per quello, allora quel design, quel Made in Italy va tutelato. Ho parlato di questo anche al ministero competente”.
Nasce però come una cosa privata, una cosa che ha toccato la sua azienda, non è così?
“Certo. Noi facciamo questo da anni. E abbiamo una nostra reputazione che vogliamo mantenere a tutti i costi”.
Eppure lo fa.
“Lo faccio perché alla mia età dopo tutto quello che ho fatto voglio lasciare qualcosa agli altri. Non è solo per Perpetua. Per la matita in sé. Ma per tutti quelli che fanno dei brevetti per tutelare la proprietà intellettuale”.
Facciamo un salto nel passato. Come è nata questa disputa con Apple?
“Se non le dispiace andrei ancora più indietro”.
Non mi dispiace.
“Perpetua la matita è una nostra invenzione. È un brevetto europeo. Il frutto di decenni di lavoro e investimenti per cercare una strada alternativa al dover chiudere l’azienda alla fine degli anni Novanta. Ci abbiamo pensato, ci siamo ingegnati. È nata come progetto di economia circolare, viene fatta con scarti industriali, dietro c’è uno studio, degli capitali investiti e la volontà di non fare una semplice matita. Ma una matita unica, bellissima”.
Ci siete riusciti, molti ve lo riconoscono.
“Doveva avere un design unico. E lo abbiamo chiesto allo studio di Marta Giardini. Ne è venuta fuori una matita tutta tonda, con un solo lato piatto. Era perfetta per inserire nomi di aziende e società, che è il nostro lavoro principale. E soprattutto unica: chiunque la vedeva riconosceva in lei Perpetua. Perpetua la matita”.
Piccola digressione: perché Perpetua si chiama così?
“In onore di Perpetua dei Promessi sposi. L’idea era che il nome doveva evocare in ognuno un vecchio ricordo di scuola. E funziona”.
Arriviamo ad Apple. Perpetua è un prodotto nato a metà degli anni dieci. Come siete arrivati alla causa?
“Perpetua ha i suoi clienti. Quando Apple mette sul mercato la sua seconda versione della sua matita nel 2018, un cliente mi scrive e dice: è uguale a Perpetua. Non ci faccio troppo caso. Poi mi scrive il secondo, poi un terzo. A quel punto cerco di capire meglio”.
E che fa?
“Compro l’Apple Pencil. E ho capito subito che assomigliava tanto a Perpetua. Stesse proporzioni. Stesso gioco di tondo e piatto”.
Quindi cosa fa?
“Contatto i miei avvocati. Chiedo loro: ma scusate, noi su Perpetua non abbiamo un marchio registrato? E come è che questi fanno un lato piatto con le stesse misure e proporzioni?”.
Decidete di procedere.
“No. Prima contatto Apple in via informale. Abbiamo i primi scambi. Andiamo avanti così per un anno circa. Chiedevo conto del design. Poi dopo un anno sono spariti. E davanti a questo ho detto no, non lo accetto. E abbiamo deciso di fare causa”.
Non è andata bene. Che si aspetta durante l’udienza di appello del 17 luglio?
“Che i giudici leggano tutte le carte, tutti gli studi, tutti i documenti che abbiamo fornito coi nostri consulenti. Io ho un grande rispetto per la giustizia. Io stessa ho fatto studi di giurisprudenza. Ma penso che i giudici non abbiano visto tutte le carte durante il primo grado”.
Ma dalla vostra ricostruzione, Apple come è arrivata al design di Perpetua, di una matita prodotta da una piccola azienda del Vicentino?
“Nel 2014, poco dopo la commercializzazione di Perpetua, siamo stati selezionati per un premio della rivista americana Interior Design. Siamo andati a New York, abbiamo avuto molta eco mcediatica allora perché abbiamo ricevuto una menzione speciale”.
Avete vinto?
“No, ma per noi era già tanto essere lì. Partire da Vicenza per New York, essere selezionati per un premio ambitissimo”.
Apple Pencil è del 2018, perlomeno la versione simile a Perpetua.
“Loro si sono venduti tantissimo questo cambio di design. E hanno detto che l’avrebbero fatto per il cobranding con aziende. Proprio quello che facciamo noi. Troppe coincidenze”.
Facile sospettare che vogliate i soldi di Apple per aver violato il vostro brevetto, non è così?
“Mi creda, no. È frutto di una narrazione di questa vicenda che non mi appartiene. Non è Davide contro Golia. Siamo noi per tutti, per le imprese italiane di oggi e del futuro. E poi cosa vuole che me ne importi? Lavoro dall’età di 22 anni, sono già in pensione. Io penso che questa battaglia è un lascito per le imprese italiane, per le aziende che innovano e fanno brevetti. Se uno spende dei soldi, quei soldi vanno tutelati. Sennò non ha più senso farlo”.
Vuol dire che è un po’ la sua eredità di imprenditrice italiana, all’Italia?
“Di sicuro la mia non è solo una battaglia contro Apple. Come le ho detto non mi importa nemmeno più di tanto oramai. Ma questa è una cosa che va oltre Apple e riguarda tutte le aziende italiane. E poi, le confesso, io so già che è probabile che perderò. Ho già messo da parte i soldi sa? Ma lo faccio comunque. So che è una cosa che va fatta. E la farò”.
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