Donkey Kong Bananza, un gioco perfetto per la nuova Switch 2

Quando si parla di Nintendo, il pensiero va subito a Super Mario, ma Donkey Kong è una figura che ha rivestito un ruolo essenziale nella storia di questa azienda. Si deve infatti all’uscita di Donkey Kong, personaggio creato da Shigeru Miyamoto nel 1981, un successo commerciale che portò Nintendo fuori da brutte acque finanziarie causate dall’insuccesso di un gioco arcade chiamato Radar Scope. Senza Donkey Kong non avremmo neppure Mario, o meglio Jumpman, come si chiamava all’epoca.
Filosoficamente è quindi molto bello che finalmente si torni a dare spazio con Donkey Kong Bananza a un personaggio che rappresenta una pietra angolare per un’azienda con questo retaggio storico e culturale. Spazio che, come vedremo, potremo plasmare e distruggere a piacimento, proprio nel solco di quanto fatto da Mario in questi anni. Non a caso dietro c’è il team che si è occupato di Odyssey, uno dei giochi di Mario in 3D più belli degli ultimi anni. Questo, a pensarci bene, non è solo il primo gioco di Kong in vero 3D, ma anche il primo totalmente sviluppato da Nintendo in tutto e per tutto, come quello di 44 anni fa.

Donkey Kong Bananza ha sulle spalle un peso importante: dopo Mario Kart World, è il secondo gioco per Switch 2, un gioco che Nintendo non avrebbe potuto realizzare sulla console precedente, sia per dettaglio grafico e ricchezza degli ambienti, sia per la sua caratteristica più interessante: la capacità di poter distruggere praticamente tutto nel livello, creando nuovi passaggi e scovando segreti.
Le premesse sono perfettamente sensate e assolutamente strampalate, come è giusto che sia: il gioco inizia con Kong nelle vesti di provetto minatore che a suon di pugni cerca filoni d’oro, ma soprattutto le preziosissime banane dorate che si trovano su Lingottisola. Ovviamente tanta ricchezza attira le mire dei cattivi di turno e toccherà a lui, ai suoi pugni e alla sua voglia di banane fare giustizia. Ad aiutarlo ci sarà Pauline, con cui stringerà una peculiare amicizia basata sul canto.
Se si gioca da soli, Pauline ha una funzione soprattutto narrativa e ornamentale: sta sulla spalla di Kong, commenta le scene d’intermezzo e canticchia premendo l’apposito tasto, ma nella modalità cooperativa, ottima per chi ha figli, diventa un interessante esperimento di gameplay asimmetrico. Non si muoverà infatti dalla spalla, ma il secondo giocatore, o giocatrice, potrà usarla come se fosse una sorta di cannone sonico montato su Kong. Le sue urla diventeranno infatti proiettili in grado di distruggere l’ambiente, mentre con una funzione secondaria potrà raccogliere gli oggetti. Per evitare di rendere il tutto troppo caotico, sarà quindi fondamentale che i due giocatori si coordinino. Un ottimo momento per giocare con i propri figli e trovare con loro un’intesa.
Tutto ruota dunque attorno alla dinamica di distruzione ambientale, che viene declinata in ogni modo possibile. Si potranno scavare tunnel, pozzi o camini, si potranno prendere pietre e lanciarle in giro, si potranno scovare tesori e segreti nascosti nella roccia. La salute sarà evidenziata dall’oro: più ne avremo, più tentativi potremo effettuare quando la vita arriverà a zero, un po’ come accade con Mario e le monete.
La semi-permanenza della distruzione è uno degli elementi più curiosi di Donkey Kong Bananza: ogni oggetto frantumato rimane tale fino a quando non si cambia ambientazione. Appena si mette piede in un nuovo mondo, tutto torna intatto, una scelta che facilita tecnicamente il gioco e garantisce risorse inesauribili come pepite d'oro, fondamentali per alcuni acquisti e per ricaricare le trasformazioni chiamate "Bananza".
Queste trasformazioni, che permettono di sbloccare nuove aree della mappa da esplorare successivamente, diventano fondamentali non solo per avanzare nell'avventura ma anche per combattere e scoprire nuovi luoghi. Ogni giocatore finirà inevitabilmente per affezionarsi a determinate trasformazioni, nonostante il gioco spinga spesso a utilizzarle tutte. Come è giusto che sia, gli aspetti estetici delle Bananza sono deliziosamente assurdi, ma rivelarne di più rovinerebbe la sorpresa.
Le ambientazioni sono dense di segreti e raccogliere risorse diventa un piacere quasi ossessivo. Le banane di Banandium sono centrali: più se ne trovano, più si progredisce e più si migliora DK attraverso un dettagliato albero di abilità dedicato anche alle singole Bananza. Il vero cuore del gioco, però, non è tanto il platforming o il combattimento, entrambi presenti e ben gestiti, quanto il piacere dell'esplorazione libera e sfrenata.

Il primo impatto è un concentrato di adrenalina e dopamina: tutto ciò che si rompe o esplora premia immediatamente con segreti, oro e sfide. È praticamente impossibile restare a mani vuote dopo pochi istanti di distruzione caotica. Che siano portali nascosti, fossili antichi o semplicemente pepite dorate, Bananza sa come mantenere viva l’attenzione del giocatore, premiando continuamente il desiderio di scoprire senza vincoli.
Come spesso accade, una grande libertà prevede molte regole non esplicitate, e ad un livello più strutturato il gioco propone anche strumenti classici ma efficaci: una mappa intuitiva, viaggi veloci ben distribuiti e un originale sistema di indicazioni sonore che utilizza note musicali accennate dai protagonisti. Lo schiaffone per terra è particolarmente utile, evidenziando pepite e segreti nascosti nelle pareti. Tutto contribuisce a rendere Donkey Kong Bananza un'esperienza che evita la sensazione di smarrimento, alimentando il senso costante di avere sempre qualcosa da fare, da scoprire e da scavare.

Graficamente il gioco si distingue per la qualità tipica delle produzioni Nintendo: un controllo fluido e una telecamera dinamica che, pur occasionalmente imperfetta, offre ottime soluzioni come la visuale a raggi X durante gli scavi. La telecamera, nonostante qualche limite, si comporta bene, a meno che non venga messa in crisi infilandosi in cunicoli sperduti. Non aspettatevi però la precisione chirurgica di salti, collisioni e geometrie dei Mario classici, perché Bananza non punta sulla difficoltà estrema, almeno non nelle prime fasi.
La gestione della difficoltà potrebbe far storcere il naso ai giocatori più esperti. Bananza inizia in modo semplice, troppo semplice, una scelta chiaramente pensata per non scoraggiare i meno avvezzi. Da un certo punto in poi, però, dopo un significativo bivio narrativo, il gioco ingrana la marcia e trova un equilibrio più soddisfacente, integrando meglio elementi platform e azione.
In definitiva, Donkey Kong Bananza rappresenta uno dei giochi più affascinanti, ricchi e curati prodotti da Nintendo negli ultimi tempi. Visivamente e musicalmente è spettacolare, è pieno di ottime idee di gameplay, ti fa venire voglia di esplorare, ti sfida senza dimenticarsi di metterti a tuo agio, omaggia il passato. Insomma, è un gioco col DNA Nintendo più puro possibile e non poteva che essere così.
repubblica