La Camera approva il disegno di legge sull’IA. Ecco cosa prevede

Via libera dela Camera al disegno di legge (ddl) che delega il Governo a regolamentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in Italia. Il provvedimento torna ora al Senato per la terza lettura, ma rappresenta già un tassello cruciale nel quadro normativo nazionale: l’Italia potrebbe diventare il primo Paese dell’Unione Europea a dotarsi di una legge nazionale organica sull’IA, in attuazione e integrazione dell’AI Act, la legge europea sull’Intelligenza artificiale.
Cosa prevede il ddl IAIl testo disciplina l’impiego dell’intelligenza artificiale nei settori pubblici e privati, con focus su professioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione e tutela del diritto d’autore.
Tra i punti chiave: obbligo per i professionisti (come avvocati e commercialisti) di informare i clienti sull’uso dell’IA; divieto per i datori di lavoro di impiegare strumenti di intelligenza artificiale per il controllo a distanza dei dipendenti; limiti netti alla cosiddetta “giustizia predittiva”, ammettendo l’IA solo per supporto tecnico o organizzativo all’attività dei magistrati.
Butti: “Passaggio fondamentale per l’Italia”. Ascani: “Saremo colonie di imperi”Soddisfatto il sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti, che ha definito l’approvazione “un passaggio fondamentale per l’Italia”, aggiungendo: “Auspico una veloce terza lettura al Senato che ci porterà ad essere ufficialmente il primo Paese europeo a dotarsi di una legge nazionale dedicata. Un risultato per nulla scontato, dovuto alla forte volontà del Governo e al lavoro condiviso con tutti i gruppi parlamentari. Dopo aver guidato la stesura dell’AI Act europeo e i principi internazionali G7, completiamo ora il quadro nazionale, potenziando sicurezza, innovazione e tutela dei diritti”.
Critico invece il commento della vicepresidente della Camera Anna Ascani (Pd), che pur riconoscendo il lavoro svolto in Commissione, ha definito il testo “un’occasione mancata per affermare una vera sovranità tecnologica europea”. “Il provvedimento poteva essere lo strumento per combattere le nuove oligarchie dell’IA, promuovendo investimenti in tecnologie proprietarie europee e cloud sovrano. Invece – ha dichiarato – sono stati bocciati i nostri emendamenti su trasparenza algoritmica e addestramento dei modelli. Una scelta grave e inconcepibile. La tecnologia non è neutrale, e senza strumenti di democratizzazione, rischia di diventare un potente strumento di dominio”.
Poi l’affondo: “Se non si trova una via europea, se non si mettono insieme risorse dei ventisette Paesi membri, noi potremo solo scegliere di quale impero globale vogliamo essere colonie”. Critica anche la Rete per i Diritti Umani Digitali che denuncia l’assenza di contrappesi democratici e il potere eccessivo affidato al Governo. Bocciate proposte su autorità indipendente, trasparenza e limiti alla sorveglianza biometrica. “Un’occasione persa per tutelare i diritti fondamentali”, commenta la Rete.
Il nodo articolo 8: cosa cambia per la ricercaIl disegno di legge prevede anche che, ove possibile, le tecnologie adottate da pubbliche amministrazioni e professionisti debbano essere italiane o europee, mentre è stata confermata la possibilità di conservare dati pubblici anche su server extra-UE. Tra le deleghe al Governo rientrano formazione professionale, definizione di equi compensi in relazione all’uso dell’IA e meccanismi di vigilanza.
Un’importante novità arriva per la ricerca. L’articolo 8 del disegno di legge rappresenta una novità nell’ambito della gestione dei dati personali per la ricerca sull’intelligenza artificiale e settori correlati, come la robotica, le neuroscienze e le interfacce cervello-computer.
Basandosi su una deroga prevista dal GDPR, esso qualifica tali trattamenti come di “rilevante interesse pubblico”, permettendo così di procedere senza il consenso esplicito degli interessati, purché i soggetti coinvolti siano enti pubblici, organizzazioni private no profit o IRCCS impegnati in progetti di ricerca.
Inoltre, l’articolo prevede che il Garante della privacy non debba fornire autorizzazioni preventive, ma possa intervenire solo attivamente per bloccare eventuali trattamenti non conformi. Infine, la norma chiarisce che l’approvazione dei comitati etici è obbligatoria solo per i trattamenti di dati personali identificabili, mentre non è richiesta nel caso di dati anonimizzati, favorendo così una maggiore agilità nella ricerca scientifica, pur sollevando questioni sul bilanciamento tra tutela della privacy e innovazione.
La terza lettura al Senato è attesa nelle prossime settimane.
La Repubblica