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Armi della quarta guerra mondiale

Armi della quarta guerra mondiale

Negli ultimi giorni, al vertice NATO, le formalità hanno lasciato il posto all'affetto, con il Segretario Generale della NATO Mark Rutte che si è riferito a Donald Trump chiamandolo "Papà". Ma Trump aveva già consolidato le sue qualità di "Papà" ordinando agli aerei da guerra di tornare indietro e salutandoli con "saluti amichevoli". Sarà anche stata finzione, ma è uno di quei momenti storici in cui la realtà basta a creare una buona tragicommedia. Se solo i tanti bambini, padri e madri persi tra le macerie della guerra negli ultimi anni avessero avuto un "Papà" capace di costringere le bombe a tornare indietro.

Forse dovrebbe pruriginare un po' il nostro spirito, la nostra anima, o dovunque crediamo sia custodita la nostra coscienza, vedere i leader mondiali manovrare la guerra come una marionetta morta dove non c'è spazio per così tante morti, rallegrarla con l'uso di illusioni linguistiche, minacce disumane all'esistenza dell'Altro mascherate da slogan televisivi. Questi sono vecchi conflitti, dicono alcuni. Si odiano a morte, dicono altri. Cercano di scoprire chi minaccia l'esistenza dell'Altro più come qualcuno che cerca di scoprire se è nato prima l'uovo o la gallina, senza cercare di capire la cosa più importante: la gallina ha diritto alla vita, anche quando non sappiamo da quale uovo proviene. Potrebbe essere un enigma da insegnare ai bambini, ma non possiamo insegnarlo nemmeno agli adulti.

Il tempo passa e i futuri adulti crescono, testimoni di un mondo in cui l'estremismo politico e religioso vale ancora più della vita umana. Se la nostra coscienza non ci pesa, dovrebbe pesarci ogni volta che giustifichiamo la morte di un innocente con la conquista ubriaca del potere sull'Altro. Ubriachi, sì. Perché la conquista del potere sull'Altro è una vanità che ci ha insegnato ad annebbiare la coscienza fin da piccoli. Letture parallele delle Lettere a Lucilio di Seneca mi ricordano parole che possono essere difficili da digerire: "La virtù, in realtà, non è un dono di natura: essere buoni richiede studio".

La virtù sta venendo meno tutt'intorno a noi. Uomini, donne e bambini di molte nazioni stanno morendo perché alcuni uomini non riescono a controllare la sete di potere che cresce dentro di loro. I futuri leader dovranno combattere contro la testimonianza che abbiamo lasciato loro, una testimonianza di natura espansionistica, che sembra cercare di soffocare le possibilità di esistenza dei loro simili. Seneca ricorda anche l'umanesimo del passato: "Ogni volta che si scopriva un prodotto della natura, il piacere di comunicarlo agli altri non era inferiore al piacere della scoperta. (...) Il più forte non sottometteva ancora il più debole; l'avaro, nascondendo ciò che era inutile a sé stesso, non privava ancora gli altri di ciò che era indispensabile. (...) Le armi giacevano inutilizzate; le mani, libere dal sangue umano, conservavano tutta la loro violenza per combattere le bestie feroci". Oggi, il piacere di infliggere dolore, il piacere di vedere i dardi squarciare il cielo nemico, si sta diffondendo ovunque. Le morti vengono celebrate come se si celebrassero le nascite e noi continuiamo a fare ciò che abbiamo sempre fatto come specie: costruire per annientare, distruggere e ricostruire, lamentarci del passato e poi ripetere tutto da capo.

E con i piedi ben piantati su un terreno che ha perso la sua ragione, diamo ragione a Einstein che, se potesse, continuerebbe a dirci: "Non so con quali armi si combatterà la Terza Guerra Mondiale, ma la Quarta si combatterà con pietre e bastoni". E, non a caso, ci riempiremo le tasche di armi. Forse, presto, potremo concedere a Einstein un'altra verità, questa volta raggiunta postuma.

Lettura consigliata: Seneca, Lucilio Annaeo. Lettere a Lucilio . 7a edizione. FONDAZIONE CALOUSTE GULBENKIAN. Lisbona. 2021.

observador

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