Essere positivi non è più di moda

Viviamo in un'epoca in cui essere positivi sembra essere diventato quasi sovversivo. Soprattutto nel settore sanitario, è diventato comune vedere la realtà attraverso una lente che amplifica ciò che non va, trascurando quasi completamente ciò che funziona. Nei media, nei dibattiti, nei convegni e persino nei seminari tecnici più specializzati, l'attenzione è sempre la stessa: i problemi, gli errori, i fallimenti, l'esaurimento del sistema. Le soluzioni, quando esistono, vengono relegate a piè di pagina o ignorate con la scusa che "non si applicano alla nostra realtà".
Stiamo assistendo a un'inerzia istituzionale che si è cristallizzata nel dibattito pubblico. Le difficoltà vengono costantemente discusse, ma si intraprendono pochissime azioni. Le buone pratiche, quando emergono, non vengono replicate; gli esempi stranieri vengono prontamente liquidati con argomentazioni ripetitive: "Il Portogallo è diverso", "non c'è volontà politica", "la popolazione non vuole il cambiamento". Queste frasi, così comuni oggi, servono spesso a giustificare l'inazione. E questa normalizzazione della paralisi ha gravi conseguenze. Le critiche costanti, senza alcuna risposta costruttiva, generano demotivazione, cinismo e l'idea che il miglioramento sia impossibile.
Ma non è impossibile. Basta il desiderio e uno sguardo più attento, sia all'esterno che all'interno. L'Estonia è oggi leader mondiale nella digitalizzazione dei servizi sanitari. Con un sistema semplice e trasparente, consente a qualsiasi cittadino di accedere alla propria cartella clinica online, consente ai medici di condividere informazioni in tempo reale e riduce drasticamente la burocrazia. Erano necessari investimenti, certo, ma soprattutto pianificazione, volontà politica e attenzione all'efficienza. In Portogallo, un cambiamento strutturale di questo tipo sembra un miraggio. Non per mancanza di capacità tecnica, ma per mancanza di determinazione.
In Svezia, il sistema sanitario è decentralizzato, il che conferisce ai comuni una reale autonomia nell'adattare i servizi alle esigenze locali. Ciò ha consentito una gestione più efficiente delle risorse e una maggiore prossimità tra utenti e professionisti. In Francia, la salute mentale è considerata una priorità, con team rafforzati, campagne pubbliche e una strategia integrata per la cura del benessere psicologico della popolazione. Questi non sono modelli perfetti – nessuno lo è – ma esperienze concrete che ci dimostrano che le cose possono essere fatte diversamente.
Anche in Portogallo ci sono esempi positivi che dovrebbero essere riconosciuti. Centri sanitari che sono riusciti a riorganizzare i loro servizi, a beneficio dei pazienti. Ospedali che hanno ridotto i tempi di attesa con soluzioni di gestione interna. Comuni che hanno creato reti di supporto comunitario. Ma questi casi raramente finiscono sui giornali. Sono invisibili in uno spazio mediatico dominato da ciò che non va.
Il grande paradosso è questo: sappiamo di più, abbiamo più dati, abbiamo migliori capacità tecniche, ma agiamo di meno. Ci blocchiamo nell'analizzare gli ostacoli, alimentando l'idea che sia meglio non muoversi. La paura dell'errore, la paura delle critiche e il perpetuarsi dell'atteggiamento del "sappiamo già che non funzionerà" sono diventati i maggiori ostacoli al progresso. E il discorso dominante – che sia nei media, nelle cariche politiche o al Congresso – contribuisce, giorno dopo giorno, a questa cultura della resa.
È urgente invertire questa logica. Essere positivi non significa essere ingenui.
Si tratta di avere il coraggio di riconoscere cosa funziona, qui e in altri Paesi, e di chiedersi seriamente: cosa possiamo adattare alla nostra realtà?
Si tratta di rifiutare il discorso dell'impossibile.
Significa affrontare i problemi con senso di responsabilità, ma anche concentrandosi sulle soluzioni.
Si tratta di dare valore a ciò che è già stato fatto in modo efficace e di dare visibilità a chi innova, a chi ci prova, a chi non si arrende.
Al Forum sulla Salute XXI, crediamo che questo cambio di paradigma sia essenziale. Il Paese ha bisogno di una nuova spinta di fiducia e ambizione. Abbiamo bisogno di leader che promuovano soluzioni, non solo una diagnosi costante di ciò che non va. Abbiamo bisogno di cittadini informati, certo, ma anche motivati a partecipare, a proporre e a pretendere di più e di meglio.
L'assistenza sanitaria in Portogallo non può continuare a essere ostaggio del pessimismo nazionale. Il futuro si costruisce con volontà, visione e azione. E forse il primo passo verso il cambiamento è proprio questo: credere di nuovo che sia possibile.
observador