La politica incoerente di Donald Trump sulla Cina

Il giornalista del Financial Times , Robert Armstrong, ha coniato il 2 maggio una frase diventata popolare per descrivere la versatilità del presidente Donald Trump in materia di tariffe doganali: TACO, acronimo di "Trump always chickens out", ovvero "Trump si tira sempre indietro", ovvero "Trump finisce sempre per fare marcia indietro." Tre mesi dopo, non è impossibile che la teoria TACO si applichi anche alla politica del capo di Stato americano nei confronti della Cina.
Oscillando tra sanzioni commerciali contro Pechino e dichiarazioni di amicizia per il suo omologo Xi Jinping, Donald Trump continua a zigzagare, ritardando le scadenze che si era prefissato e prendendo decisioni che contraddicono la linea ferma che fino ad ora aveva costituito il consenso a Washington.
Due esempi risalenti a lunedì 11 agosto illustrano questa confusione. Con una mossa senza precedenti, il Presidente degli Stati Uniti ha prima raggiunto un accordo con l'amministratore delegato di Nvidia, la più grande azienda americana di microprocessori e con la maggiore capitalizzazione di mercato al mondo, in base al quale l'azienda sarà autorizzata a esportare chip H2O in Cina; in cambio, verserà al Tesoro statunitense il 15% degli utili così generati. L'accordo si applica anche a un'altra azienda di microprocessori, Advanced Micro Devices.
Questa procedura senza precedenti, la cui costituzionalità è discutibile, non solo istituisce una tassa sulle esportazioni di chip verso la Cina e costituisce un intervento diretto del governo federale nell'attività delle aziende, ma riflette anche un cambio di linea da parte di Washington sulla vendita di semiconduttori alla Cina.
Questo divieto era stato imposto da aprile, quando Donald Trump aveva lanciato la sua offensiva tariffaria globale. Per contrastare tale offensiva, Pechino aveva limitato le esportazioni di prodotti a base di terre rare, in particolare magneti, essenziali per i componenti elettronici in diversi settori e di cui la Cina detiene un monopolio di fatto. Le due principali potenze economiche stanno quindi esercitando una pressione reciproca: la Cina detiene la leva delle terre rare, e gli Stati Uniti quella dei chip di intelligenza artificiale, per i quali Pechino non possiede ancora la tecnologia.
Pechino punta sul lungo termineConsentendo a Nvidia di esportare i suoi chip H2O, Donald Trump sta cedendo terreno alla Cina, alimentando il timore tra i sostenitori della linea dura a Washington che in seguito rinuncerà all'esportazione dei chip più avanzati, mettendo così a repentaglio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
L'altra concessione annunciata lunedì è il rinvio dei negoziati tariffari con la Cina per altri 90 giorni. Tutte queste manovre sono ovviamente volte ad accontentare il presidente cinese, con il quale Donald Trump vorrebbe organizzare un vertice per concludere l'accordo commerciale che sogna.
Il problema è che la politica della Casa Bianca nei confronti della Cina è del tutto illeggibile. I partner americani, in Europa, Asia e altrove, hanno ragione a chiedersi se l'amministrazione Trump abbia effettivamente deciso una strategia, o se il presidente repubblicano stia semplicemente navigando a vista, seguendo i suoi capricci. dei suoi interessi mercantilisti e dei CEO che transitano per lo Studio Ovale. Invece di mettere in difficoltà Xi Jinping, questa incertezza fa il gioco di Pechino, che punta sul lungo termine, e semina confusione tra gli attori europei e asiatici, sia nel campo commerciale che in quello della sicurezza.
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