America’s cup, gli sfidanti contro il defender New Zealand: «Poca trasparenza nelle decisioni»

Nel frastuono dei social compare uno “statement” di Athena racing, ovvero la società che fa capo a sir Ben Ainslie che ha l’incarico di costruire la sfida da parte del Royal Yacht Squadron di Cowes, che se la prende contro il Defender Emirates Team New Zealand per “poca trasparenza” nelle decisioni che riguardano il futuro della America’s Cup. Pochi minuti dopo ne arriva uno anche da parte di American Magic, il team americano che fa capo allo storico New York Yacht Club di cui sono soci i finanziatori. Intanto una prima considerazione: sono i due club storici per la vita della America’s Cup, quello americano ha anche un ruolo di supervisione sulla vita della Coppa da quando è stata donata attraverso il Deed of Gift dai primi vincitori. Inoltre, per le liti legali legate alla Coppa e alla interpretazione del documento originale va coinvolta la Corte Suprema americana. E’ già successo negli anni passati.
Insomma, neanche tanto all’improvviso, si alza il livello della lite tra il coriaceo defender e gli sfidanti. Che ci fosse brace sotto la cenere si sapeva: American Magic e Alinghi con il suo fondatore Ernesto Bertarelli, erano da tempo in trattativa con Grant Dalton per una revisione delle modalità di organizzazione della prossima edizione, con un allentamento delle regole di nazionalità per consentire una maggiore circolazione dei talenti, e una condivisione dei benefici che arrivano a chi organizza. Qualcosa del genere era successo a Valencia. Alinghi Red Bull nelle scorse settimane si era già defilato annunciando che non avrebbe presentato la sfida. L’accusa per Dalton è la poca trasparenza e di non aver concesso ai Challenger di partecipare ai processi decisionali. Sullo sfondo c’è il desiderio di creare un circuito stabile, che tuttavia non sarebbe nello spirito dell’evento.
E Luna Rossa Prada Pirelli? Per tradizione non prende posizione esplicita, come non ha avuto ruolo nella scelta di Napoli. D’altra parte la scelta di Napoli “finanzia” il team neozelandese e gli consente di allestire una difesa forte o più forte di quella che avrebbe potuto allestire se “lasciato solo”. L’Italia è stata scelta anche perché in un momento in cui l’evento deve crescere il nostro è il pubblico più grande certamente più presente di quello spagnolo, e questo si traduce in soddisfazione per gli sponsor. Una incognita in più è quella del main sponsor Louis Vuitton: è quasi certo che abbia posto come condizione per la sua partecipazione un numero minimo di sfidanti, forse quattro, del resto un marchio che deve la sua fortuna alla selezione sfidanti, non può fare a meno degli sfidanti.
Cosa può succedere adesso? Il tavolo deve essere riaperto per costruire un Protocollo che serva al futuro dell’evento, che assicuri stabilità e che non faccia pensare al mondo “le solite liti”. Qualcuno dice si arriverà a una sfida a due: Emirates Team New Zealand che si difende dagli assalti di Luna rossa Prada Pirelli. Ma con un pizzico di ironia si può dire che dopo la guerra di posizione, il fuoco di artiglieria finirà a tarallucci e vino: in tanti hanno bisogno dell’ America’s Cup, perché molti espertoni farebbero fatica a trovare un lavoro in un mondo normale.
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